IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO
IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO
SPIEGAZIONE DELLE MASSIME MORAL! DI CRISTO
LA LORO CONCORDANZA CON LO SPIRITISMO
E LA LORO APPLICAZIONE ALLE DIVERSE SITUAZIONI
DELLA VITA
DI
ALLAN KARDEC
AUTORE DE IL LIBRO DEGLI SPIRITI
Non esiste fede incrollabile se non quella che puõ guardare la ragione faccia a faccia, in tutte le epoche dell'Umanità.
In verità vi dico che sono arrivati i tempi in cui tutto deve essere riportato al suo vero senso per dissipare le tenebre, abbassare la baldanza degli orgogliosi e glorificare i giusti.
Le grandi voci del Cielo risuonano come squilli di tromba, e si uniscono a esse i cori degli angeli. Uomini, vi invitiamo al divino concerto: che le vostre mani afferrino la lira, che le vostre voci si uniscano e in un inno sacro si diffondano e vibrino all'unisono da un capo all'altro dell'universo.
Uomini, fratelli amati, vi siamo vicini. Amatevi gli uni con gli altri e dite dal profondo del vostro cuore, facendo la volontà del Padre che è nei Cieli: «,Signore! Signore!» e potrete entrare nel regno dei Cieli. [1]
Lo Spirito della Verità
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[1] L'istruzione sopra riportata, trasmessa per via medianica, riassume il vero carattere dello Spiritismo e, allo stesso tempo, lo scopo di quest'opera. È per questa ragione che è stata qui collocata come prefazione.
INTRODUZIONE
Tutti tengono in massimo conto la morale evangelica; ognuno ne proclama la magnificenza e la necessità, ma molti lo fanno confidando su ciò che hanno sentito dire, o in fede a qualche massima biblica divenuta proverbiale; pochi però la conoscono a fondo, e sono ancor meno quelli che la comprendono e sanno dedurne le conseguenze. La ragione di ciò sta in gran parte nella difficoltà che la lettura del Vangelo presenta, inintelligibile per i più. La forma allegorica e il misticismo intenzionale del linguaggio fanno sì che i più lo leggano per mettersi a posto la coscienza nonché per dovere, come pure leggono le preghiere senza comprenderle, ossia in modo infruttuoso. I precetti morali, sparsi qua e là e confusi fra tante altre cose, passano inavvertiti; diventa allora impossibile afferrarli nella loro complessità, farne l'oggetto di una lettura e di una meditazione separate.
Sono stati scritti, è vero, dei trattati di morale evangelica, ma la loro stesura in uno stile letterario moderno ha privato il Vangelo della primitiva semplicità che costituisce il suo fascino e al tempo stesso la sua autenticità. La medesima cosa succede per le massime estrapolate, ridotte a semplici espressioni proverbiali. Esse diventano pertanto dei semplici aforismi che perdono parte del loro valore e del loro interesse, isolati dagli elementi complementari e privati delle circostanze in cui erano stati formulati.
Per ovviare a questi inconvenienti, abbiamo riunito in quest'opera gli articoli che possono costituire, per così dire, un codice di etica universale, senza distinzione di culto. Nelle citazioni abbiamo conservato tutto ciò che è utile allo sviluppo del pensiero, eliminando solo quanto è estraneo all'argomento.
Abbiamo inoltre rispettato scrupolosamente la traduzione originale di Sacy, e la sua divisione in versetti. Ma anziché attenerci a un ordine cronologico, impossibile e senza vantaggio reale in tale trattazione, abbiamo raggruppato e classificato le massime metodicamente, secondo la loro natura, in modo che esse si deducessero, per quanto possibile, le une dalle altre.
Il riferimento alla numerazione dei capitoli e dei versetti permette di ricorrere alla consultazione corrente, se lo si ritiene opportuno.
È solo un accorgimento pratico che, di per sé, avrebbe semplicemente un'utilità secondaria. L'essenziale era mettere queste massime alla portata di tutti con la spiegazione dei passaggi poco chiari e dello sviluppo di tutte le conseguenze da esse derivanti, in considerazione dell'applicazione alle varie situazioni della vita. È ciò che abbiamo cercato di fare con l'aiuto dei buoni Spiriti che ci assistono.
Molti punti del Vangelo, della Bibbia e dei testi sacri in generale non sono intelligibili, molti sembrano addirittura irrazionali in mancanza di una chiave per comprenderne il vero significato. Ora, questa chiave si trova tutta nello Spiritismo, come hanno già potuto comprendere coloro che lo hanno studiato seriamente, e come si constaterà in seguito.
Lo Spiritismo è presente ovunque, sia nell'antichità sia in tutte le altre epoche dell'umanità. Ovunque di esso si trovano tracce: negli scritti, nei credo religiosi e nei monumenti. È per questo che esso apre non solo orizzonti nuovi per il futuro, ma getta anche una luce non meno viva sui misteri del passato.
A complemento di ogni precetto, abbiamo aggiunto alcune istruzioni scelte fra quelle dettate dagli Spiriti nei vari paesi per il tramite di vari medium. Se queste istruzioni fossero uscite da un'unica fonte, avrebbero potuto risentire dell'influenza personale o dell'ambiente, mentre la molteplicità delle origini prova che gli Spiriti offrono il loro insegnamento ovunque e che, sotto questo aspetto, non c'è nessuno che sia privilegiato.[1]
Quest'opera è al servizio di tutti; ognuno può trovarvi il modo di conformarsi alla morale di Cristo. Gli spiritisti vi troveranno inoltre le applicazioni che più li riguardano personalmente.
Grazie alle comunicazioni stabilite ormai in modo permanente fra gli uomini e il mondo invisibile, la legge evangelica, insegnata in tutto il mondo dagli stessi Spiriti, non sarà più lettera morta perché ognuno la comprenderà e sarà costantemente sollecitato a metterla in pratica dai consigli delle guide spirituali.
Le istruzioni degli Spiriti sono veramente le voci del Cielo che vengono a illuminare gli uomini e a spronarli alla pratica del Vangelo.
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Quanto ai medium, ci siamo astenuti dal menzionarli, per lo più dietro loro richiesta, e di conseguenza non abbiamo ritenuto opportuno fare delle eccezioni. D'altra parte il nome dei medium non avrebbe aggiunto alcun valore all'opera degli Spiriti; si sarebbe dunque trattato solo di una questione di amor proprio a cui i medium veramente seri non tengono affatto. Essi comprendono che, essendo il loro ruolo puramente passivo, il valore delle comunicazioni non va assolutamente attribuito al loro merito personale e che sarebbe puerile gloriarsi di un lavoro intelligente al quale contribuiscono solo meccanicamente.
Se la Dottrina Spiritista fosse una concezione puramente umana, avrebbe per garanti solo i lumi di colui che l'avesse concepita. Ora, nessuno su questa Terra può avere la fondata pretesa di possedere, lui solo, la verità assoluta. Se gli Spiriti, che l'hanno rivelata, si fossero manifestati a un solo uomo, niente ne garantirebbe la fonte, perché bisognerebbe credere sulla parola di colui che sostenesse di aver ricevuto il loro insegnamento. Pur ammettendo, da parte sua, la più completa buona fede, tutt'al più potrebbe coinvolgere le persone della cerchia delle sue conoscenze. Potrebbe avere dei seguaci di parte, ma non arriverebbe mai a ottenere il consenso di tutti.
Dio ha voluto che la nuova rivelazione arrivasse agli uomini per vie più rapide e più autentiche. È per questo che ha incaricato gli Spiriti di portarla da un capo all'altro della Terra, manifestandosi ovunque, senza dare a nessuno il privilegio esclusivo di ascoltare la loro parola. Un uomo può essere ingannato, può ingannarsi da se stesso, ma ciò non potrebbe accadere allorché milioni di persone vedono e intendono la stessa cosa: questa è una garanzia per ognuno di noi e per tutti. D'altra parte si può far tacere un uomo, ma non una moltitudine. Si possono bruciare i libri, ma non si possono bruciare gli Spiriti. Ora, anche bruciando tutti i libri, la fonte della dottrina non verrebbe assolutamente estinta per la semplice ragione che non si trova sulla Terra, ma sorge ovunque e tutti possono attingerla.
In mancanza di uomini per diffondere questa dottrina, ci saranno sempre gli Spiriti che raggiungeranno tutti né vi sarà alcuno che non potrà essere raggiunto.
In realtà sono dunque gli Spiriti che diffondono questa dottrina, con l'aiuto di moltissimi medium che essi destano ovunque. Se essi avessero avuto un unico interprete, per privilegiato che fosse, lo Spiritismo sarebbe a malapena conosciuto. Questo stesso interprete, a qualsiasi classe appartenesse, sarebbe lui stesso oggetto di pregiudizio da parte di molti, e non in tutte le parti del mondo sarebbe ben accetto, mentre gli Spiriti, comunicando ovunque, a tutti e a qualsiasi credo ognuno appartenga, sono accettati universalmente.
Lo Spiritismo non ha nazionalità, è al di fuori di qualsiasi culto particolare, non viene imposto da nessuna classe sociale, in quanto chiunque può ricevere istruzioni dai propri parenti e amici d'oltretomba. Ed è così che dev'essere per poter chiamare tutti gli uomini alla fraternità: se non si fosse posto in terreno neutro, avrebbe mantenuto i dissensi anziché dirimerli.
È l'universalità nell'insegnamento degli Spiriti che fa la forza dello Spiritismo; essa è anche la ragione della sua così rapida diffusione. Mentre la voce di un solo uomo, sia pure con l'appoggio della stampa, avrebbe impiegato anni e anni prima di giungere all'orecchio di tutti, ecco che migliaia di voci si fanno sentire simultaneamente in tutti i punti della Terra, per proclamare gli stessi principi comunicandoli tanto ai più sapienti quanto ai più ignoranti affinché nessuno ne sia privato. È un vantaggio di cui nessuna dottrina ha fruito fino a oggi. Dunque se lo Spiritismo è una verità, non teme né il malvolere degli uomini né le rivoluzioni morali né gli sconvolgimenti fisici del globo, perché niente di tutto ciò può sfiorare gli Spiriti.
Ma non è questo il solo vantaggio di una situazione tanto eccezionale. Lo Spiritismo ne ricava una garanzia potentissima contro gli scismi che potrebbero essere dovuti sia all'ambizione di alcuni, sia alle contraddizioni di certi Spiriti. Queste contraddizioni sono sicuramente un ostacolo, ma un ostacolo che porta in sé il rimedio insieme al male.
Si sa che gli Spiriti, a causa delle loro differenti capacità, sono lontani dal possedere singolarmente tutta la verità. Non è dato a tutti penetrare certi misteri. Il loro sapere è proporzionale al loro grado di avanzamento. Gli Spiriti inferiori non ne sanno più degli uomini e, semmai, meno di taluni uomini. Ci sono fra di loro, come fra gli uomini, dei presuntuosi e dei falsi sapienti che credono di sapere ciò che non sanno, dei sistematici che prendono le loro idee per verità. Infine ci sono gli Spiriti dell'ordine più elevato, quelli completamente smaterializzati, i soli che si sono spogliati delle idee e dei pregiudizi terreni. Ma si sa pure che gli Spiriti ingannatori non si fanno scrupolo di nascondersi sotto nomi fittizi per fare accettare le loro utopie. Ne consegue che, riguardo a tutto ciò che si trova al di fuori dell'insegnamento esclusivamente morale, le rivelazioni che ognuno può ottenere hanno un carattere individuale senza garanzia di autenticità, si sa che esse devono venire considerate come opinioni personali del tale o talaltro Spirito e che sarebbe imprudente accettarle e diffonderle alla leggera come verità assolute.
La prima verifica alla quale si deve sottoporre, senza eccezione, tutto ciò che viene dagli Spiriti è indubbiamente quella della ragione. Qualsiasi teoria in manifesta contraddizione con il buon senso, con una logica rigorosa e con i dati obbiettivi già in nostro possesso, da qualsiasi insigne firma sia sottoscritta, non dev'essere accettata di primo acchito. Ma nella maggior parte dei casi una verifica non è sufficiente, a causa dei limiti delle conoscenze di alcuni e per la tendenza di molti a ritenere il proprio giudizio come unico arbitro della verità. In casi simili, come si regolano quelli che non hanno una fiducia assoluta in se stessi? Si attengono all'opinione della maggioranza adottandola come guida. Così ci si deve comportare riguardo all'insegnamento degli Spiriti che, d'altronde, ce ne forniscono essi stessi i mezzi.
La concordanza degli insegnamenti degli Spiriti è dunque la migliore verifica. Ma non basta: bisogna anche che essa si verifichi in determinate condizioni.
La meno valida di tutte le condizioni è quando un medium interroga lui stesso più Spiriti su una questione dubbiosa. È quanto mai evidente che, se il medesimo si trova sotto il dominio di un'ossessione, o se ha a che fare con uno Spirito ingannatore, questo Spirito gli può dire la stessa cosa sotto nomi diversi. E così non c'è garanzia sufficiente, nemmeno se c'è concordanza fra gli insegnamenti ricevuti da medium di uno solo centro, perché possono subire la stessa influenza.
La sola garanzia seria dell'insegnamento degli Spiriti sta nella concordanza .fra rivelazioni fatte spontaneamente tramite numerosi medium estranei gli uni agli altri e in luoghi diversi.
Si comprende che qui non si tratta assolutamente di comunicazioni che riguardano secondi scopi, ma dei principi stessi della dottrina.
L'esperienza dimostra che, quando un nuovo principio non è ancora ben definito, viene insegnato spontaneamente in luoghi diversi, nello stesso tempo e in modo identico, se non nella forma, quanto meno nella sostanza. Dunque, se a uno Spirito piace formulare un sistema eccentrico, basato sulle sue sole idee ed estraneo alla verità, si può essere certi che questo sistema resterà circoscritto e cadrà di fronte all'unanimità delle istruzioni date altrove, come già si è potuto constatare da vari esempi. È questa unanimità che ha fatto decadere tutti i sistemi parziali sorti all'origine dello Spiritismo, quando ognuno spiegava i fenomeni a modo suo e prima ancora che si conoscessero le leggi che reggono i rapporti fra il mondo visibile e quello invisibile.
Tale è la base sulla quale ci fondiamo quando formuliamo un principio della ,dottrina. Non è che le diamo per vere perché sono idee nostre. Noi non ci poniamo assolutamente come arbitri supremi della verità e non diciamo a nessuno: «Credete la tal cosa perché ve la diciamo noi». La nostra stessa opinione, ai nostri occhi, è solo la nostra opinione personale che può essere giusta o errata, perché noi non siamo meno infallibili degli altri. Per noi un principio non è verità unicamente perché ci viene insegnato, ma perché ha ricevuto la sanzione della concordanza fra molteplici comunicazioni. Nella nostra situazione, avendo ricevuto le comunicazioni di circa mille centri spiritisti, disseminati nei diversi punti del globo, siamo in grado di osservare i principi sui quali si fonda questa concordanza. È questa possibilità di osservazione che ci ha guidati fino a oggi ed è sempre questa che ci guiderà nei nuovi campi che lo Spiritismo è chiamato a esplorare. E così, studiando attentamente le comunicazioni che giungono da varie parti, non solo dalla Francia, noi riconosciamo, in virtù della natura tutta particolare delle rivelazioni, che c'è un orientamento a entrare in un nuovo corso e che è venuto il momento di fare un passo avanti. Queste rivelazioni, a volte sottintese, sono sovente passate inavvertite da parte di molti che le hanno ricevute, mentre altri hanno creduto di essere stati i soli ad averle ricevute. Prese isolatamente, sarebbero senza valore per noi: solo la coincidenza fra le varie comunicazioni conferisce loro un peso. Quindi, quando il momento sarà venuto per affidarle apertamente alla grande divulgazione, allora ognuno di noi si ricorderà di aver ricevuto delle istruzioni in questo senso. È questo movimento generale che noi osserviamo, che studiamo con l'assistenza delle nostre guide spirituali e che ci aiuta a giudicare l'opportunità di fare una cosa o di astenerci dal farla.
Questa messa a confronto universale è una garanzia per la futura unità dello Spiritismo e annullerà tutte le teorie contraddittorie. È là che in futuro si cercherà il criterio della verità. Ciò che ha determinato il successo della dottrina formulata ne Il libro degli Spiriti e ne Il libro dei Medium, è stato il fatto che ovunque si è potuto ricevere direttamente dagli Spiriti la conferma di ciò che questi libri contengono. Se da tutte le parti fossero giunti degli Spiriti a contraddirli, questi libri avrebbero da tempo subito la sorte di quelli che trattano teorie puramente fantasiose. Lo stesso supporto della stampa non avrebbe potuto salvarli dal naufragio, mentre essi, ancorché privi di questo supporto, hanno fatto lo stesso un rapido cammino perché hanno avuto l'aiuto degli Spiriti, la cui buona volontà ha inoltre compensato ampiamente il cattivo volere degli uomini. Così sarà di tutte le idee emanate sia dagli Spiriti sia da quegli uomini che non riuscissero a sostenere la prova di questa verifica, la cui potenza nessuno può contestare.
Supponiamo allora che a certi Spiriti piaccia dettare, a qualsiasi titolo, un libro in senso contrario; supponiamo pure che la malevolenza, ostile e intenzionale nel voler gettare discredito sulla dottrina, arrivi a suscitare delle comunicazioni apocrife. Quale influenza potrebbero avere questi scritti, se poi venissero smentiti ovunque dagli Spiriti? È dell'adesione di questi ultimi che bisognerebbe assicurarsi, prima di diffondere un sistema in loro nome. Fra il sistema di uno solo e quello di tutti, la distanza è uguale a quella esistente fra l'unità e l'infinito. Che possono, infine, tutti gli argomenti dei detrattori sull'opinione delle masse, quando milioni di voci amiche, partite dallo spazio e provenienti da tutti gli angoli dell'universo, in seno a ogni famiglia, li sconfiggono risolutamente? L'esperienza, sotto questo punto di vista, non ne ha già dato conferma? Dove sono finite tutte quelle pubblicazioni che, stando a quanto dicevano, avrebbero dovuto, per così dire, annientare lo Spiritismo? Qual è quella che ne ha rallentato il cammino? Fino a oggi non è mai stata considerata la questione sotto questo punto di vista, una delle più gravi, senza tema di smentita. Ognuno ha tenuto conto di sé, senza tener conto degli Spiriti.
Il principio della concordanza è una garanzia in più contro le deviazioni che certe sette potrebbero far subire allo Spiritismo, volendone trarre dei vantaggi adattandolo a loro misura. Chiunque volesse sviarlo dal suo fine provvidenziale fallirebbe per la semplicissima ragione che gli Spiriti, in virtù dell'universalità del loro insegnamento, farebbero cadere qualsiasi modifica che si discostasse dalla verità.
Da tutto ciò deriva una verità capitale: che chiunque, cioè, volesse intralciare o sanzionare l'essenza delle idee prestabilite potrebbe anche causare una perturbazione momentanea e circoscritta localmente, ma non potrebbe mai dominare il tutto, né attualmente e ancor meno in futuro.
Emerge ancor più evidente che le istruzioni date dagli Spiriti, sui punti della dottrina non ancora chiariti, non riuscirebbero a dettar legge finché dovessero restare isolate. Pertanto esse devono, di conseguenza, essere accettate solo con riserva e a titolo informativo.
Da qui il dovere di usare la massima prudenza quando si pubblica e, nel caso in cui le istruzioni venissero reputate degne di pubblicazione, esse dovrebbero essere presentate solo come frutto di opinioni personali, più o meno attendibili, ma aventi, in ogni caso, necessità di conferma. È tale conferma che bisogna attendere prima di presentare un principio come verità assoluta, se non si vuole essere accusati di leggerezza o di credulità avventata.
Gli Spiriti superiori procedono, nelle loro rivelazioni, con estrema saggezza. Essi affrontano le grandi problematiche della dottrina solo gradualmente, nella misura in cui la capacità di intendere risulta atta a comprendere verità di ordine superiore, e man mano che le circostanze si presentano propizie alla diffusione di idee nuove. È per questo che all'inizio gli Spiriti non hanno potuto dire tutto, e non l'hanno a tutt'oggi ancora detto, non cedendo alla pressione di persone troppo impazienti, che vogliono raccogliere i frutti prima che siano maturi. Sarebbe dunque superfluo voler anticipare il tempo assegnato a ogni cosa dalla Provvidenza, in quanto gli Spiriti vera mente seri rifiuterebbero il loro appoggio. Ma gli Spiriti leggeri, poco preoccupati della verità, sono sempre disposti a rispondere a tutto. Per questa ragione, su tutte le questioni premature, si hanno sempre delle risposte contraddittorie.
I principi qui enunciati non provengono affatto da teorie personali, ma sono la logica e obbligata conseguenza delle condizioni nelle quali gli Spiriti si manifestano. È ben evidente che, se uno Spirito dice una cosa da un lato, mentre milioni di Spiriti dicono il contrario dall'altro, presumibilmente la verità non sta dalla parte di chi è il solo, o quasi, a essere di un certo avviso. Ora, pretendere di essere l'unico ad avere ragione contro tutti sarebbe illogico da parte degli Spiriti tanto quanto lo è da parte degli uomini. Gli Spiriti veramente saggi, se non si sentono sufficientemente illuminati su una questione, non la pongono mai in modo assoluto; ma dichiarano di trattarla solodal loro punto di vista, e sono loro stessi che consigliano di attenderne la conferma.
Per quanto grande, bella e giusta possa essere un'idea, è impossibile che essa ottenga, fin dall'inizio, il consenso generale. I conflitti di opinione che ne derivano sono la conseguenza inevitabile dell'animazione che suscita. Questi conflitti sono persino necessari per far emergere meglio la verità, ed è utile che essi abbiano luogo fin dall'inizio affinché le idee false vengano più prontamente tolte di mezzo. Gli Spiritisti che dovessero avere delle remore, devono venire pienamente rassicurati. Tutte le pretese isolate cadranno, per la forza stessa delle cose, di fronte al grande e possente criterio del controllo universale.
Non sarà dall'opinione di un uomo che si avrà l'unione, ma dalla voce unanime degli Spiriti. Non sarà un uomo, men che meno noi o qualunque altro, che fonderà l'ortodossia spiritista; neppure sarà uno Spirito a imporsi su tutti: è l'universalità degli Spiriti che comunicano su tutta la Terra per volere di Dio. In ciò consiste il carattere essenziale della Dottrina Spiritista; lì sta la sua forza, la sua autorevolezza. Dio ha voluto che la sua legge poggiasse su una base inamovibile. È per questo che non l'ha riposta nella fragile mente di uno solo.
Di fronte a questo potente areopago, che non conosce né consorterie né gelose rivalità né settarismi né confini politici, andranno a infrangersi tutte le opposizioni, tutte le ambizioni, qualsiasi pretesa di supremazia individuale. Perché noi stessi ci distruggeremmo se volessimo sostituire le nostre idee con questi decreti sovrani. È solo questo areopago che dirimerà tutte le questioni discordi, che farà tacere i dissensi e darà torto o ragione secondo giustizia. Di fronte a questo imponente accordo di tutte le voci del Cielo, che cosa possono le opinioni di un uomo o di uno Spirito? Meno di una goccia d'acqua nell'oceano, meno della voce di un fanciullo soffocata dalla tempesta.
L'opinione universale, ecco il giudice supremo, ecco chi decide in ultima istanza. Essa è formata da tutte le opinioni individuali: se una di esse è vera, ha solo un peso relativo sulla bilancia; se è falsa non può prevalere su tutte le altre. In questo immenso complesso, le individualità si cancellano. Ecco un altro motivo di insuccesso per l'orgoglio del genere umano.
Questo insieme armonioso già si delinea. Ora, questo secolo non passerà prima di risplendere in tutto il suo fulgore, così da dare stabilità a tutte le incertezze. Infatti, quando il campo sarà sufficientemente arato, voci possenti avranno ricevuto la missione di farsi intendere per riunire gli uomini sotto una stessa bandiera. In attesa, coloro i quali oscilleranno fra i due opposti sistemi potranno vedere in quale direzione si orienterà l'opinione generale: è l'indicazione sicura del senso in cui si pronuncia la maggioranza degli Spiriti sui diversi punti su cui s'incontrano. È un segno non meno certo che indica quale dei due sistemi è quello giusto.
3. Cenni storici
I Samaritani furono quasi sempre in guerra con i re di Giuda. Un'avversione profonda, risalente alla separazione, si perpetuò costantemente fra i due popoli che evitavano qualsiasi relazione reciproca. I Samaritani, per rendere la scissione ancora più profonda e non doversi recare a Gerusalemme per le celebrazioni delle feste religiose, costruirono un loro tempio e adottarono delle riforme: ammettevano solo il Pentateuco contenente le leggi di Mosè, rifiutando tutti gli altri libri annessi in seguito. I loro libri sacri erano scritti con i più antichi caratteri ebraici. Agli occhi degli Ebrei ortodossi, essi erano degli eretici e pertanto disprezzati, colpiti da anatemi e perseguitati. L'antagonismo fra le due fazioni si fondava dunque unicamente su divergenze di opinioni religiose, benché le loro credenze avessero la stessa origine. Erano i Protestanti di quei tempi.
Ancor oggi si trovano dei Samaritani in qualche contrada del Levante, particolarmente a Naplosa e a Giaffa. Essi osservano la legge di Mosè con maggiore rigore degli altri Ebrei e contraggono matrimonio solo fra di loro.
Più tardi gli Ebrei diedero questo nome ai primi cristiani in riferimento a Gesù di Nazareth.
È stato anche il nome di una setta eretica dei primi secoli dell'era cristiana la quale, come gli Ebioniti che ne adottarono alcuni principi, univa le pratiche mosaiche ai dogmi cristiani. Questa setta scompare nel quarto secolo.
Durante il dominio romano, le imposte furono la cosa che gli Ebrei accettarono con maggiore difficoltà e che causò il maggiore malcontento. Ne seguirono numerose rivolte, poiché gli Ebrei ne fecero una questione religiosa considerandole contrarie alla legge. Si formò anche un potente partito alla testa del quale c'era un certo Giuda, detto il Galonita, che aveva stabilito il principio del rifiuto delle imposte. I Giudei avevano dunque in orrore le imposte e, di conseguenza, tutti quelli che erano incaricati a riscuoterle. Da ciò derivò una forte avversione per i pubblicani, a qualsiasi rango essi appartenessero. Fra di loro potevano anche trovarsi individui stimabilissimi, ma, a causa del loro incarico, erano guardati con disprezzo. E anche quelli che li frequentavano venivano accomunati nella stessa riprovazione. Gli Ebrei di rango avrebbero temuto di compromettersi stabilendo con loro stretti rapporti personali.
Fra queste sette la più importante era quella dei Farisei, che ebbero come capo Hillel, dottore ebreo nato a Babilonia, fondatore di una celebre scuola, in cui si insegnava che la fede era data solo dalle Scritture. La sua origine si fa risalire al periodo che va dal 200 al 180 a.C. I Farisei furono perseguitati in diverse epoche, particolarmente sotto Hircano, sommo pontefice e re degli Ebrei, sotto Aristobalo e sotto Alessandro, re di Siria. Tuttavia, avendo quest'ultimo restituito loro beni e onori, essi riaffermarono la loro potenza, che conservarono fino alla caduta di Gerusalemme, avvenuta nell'anno 70 dell'era cristiana, epoca in cui il loro nome scomparve a seguito dell'esodo degli Ebrei.
I Farisei prendevano parte attiva alle controversie religiose. Servili osservanti delle pratiche esteriori del culto e del cerimoniale, pieni di ardente zelo di proselitismo, nemici degli innovatori, essi facevano mostra di una grande severità di principi. Ma, sotto le apparenze di una devozione scrupolosa, nascondevano costumi dissoluti, molto orgoglio e soprattutto un eccessivo amore per il potere. La religione era per loro un mezzo per imporsi piuttosto che l'oggetto di una fede sincera. Essi mostravano solo la facciata e l'ostentazione della virtù e riuscivano a esercitare una grande influenza sul popolo, ai cui occhi apparivano dei santi. Per questo erano molto potenti a Gerusalemme.
Essi credevano, o per lo meno facevano professione di credere, alla Provvidenza, all'immortalità dell'anima, alle pene eterne e alla resurrezione dei morti (vedere cap. IV, n. 4 di questa opera). Gesù, che apprezzava soprattutto la semplicità e le qualità del cuore, che della legge preferiva lo spirito che vivifica alla lettera che uccide, si impegnò, durante tutta la Sua missione, a smascherare la loro ipocrisia e, di conseguenza, se ne fece dei nemici accaniti. È per questo che essi si allearono ai principi dei sacerdoti per sobillare il popolo contro di Lui e farlo condannare.
Dopo la caduta di Gerusalemme e l'esodo degli Ebrei, le sinagoghe, nelle città in cui si trovavano, servirono da templi per la celebrazione del culto.
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[2] La Morte di Gesù, opera attribuita a un fratello esseno, è un libro completamente apocrifo, scritto allo scopo di avallare una certa opinione, e contiene la prova della sua origine moderna.
Stando al fatto che Gesù ha dovuto conoscere la setta degli Esseni, sarebbe errato dedurre che vi abbia attinto la sua dottrina e che, se fosse vissuto in un altro contesto storico, avrebbe professato altri principi. Le grandi idee non emergono mai tutt'a un tratto. Quelle che si basano sulla verità hanno sempre dei precursori che ne aprono parzialmente il cammino. Poi, quando giunge il tempo, Dio invia un uomo con la missione di riassumere, coordinare e completare questi elementi sparsi e di formarne un corpo unico. Perciò l'idea, non arrivando bruscamente, trova al suo apparire degli spiriti completamente disposti ad accettarla. Così è stato dell'idea cristiana, presentita parecchi secoli prima di Cristo e degli Esseni, e di cui Socrate e Platone sono stati i principali precursori.
Socrate, come Cristo, non ha scritto nulla o, per lo meno, non ha lasciato niente di scritto. Come Cristo, è morto di morte violenta, vittima del fanatismo per aver attaccato le credenze correnti e posto la virtù reale al di sopra dell'ipocrisia e del simulacro della forma, in una parola, per aver combattuto i pregiudizi religiosi. Come Gesù fu accusato dai Farisei di corrompere il popolo con i suoi insegnamenti, così anche Socrate fu accusato dai Farisei del suo tempo — giacché ogni epoca ha avuto i suoi Farisei — di corrompere la gioventù proclamando il dogma dell'unità di Dio, dell'immortalità dell'anima e della vita futura. Inoltre noi conosciamo la dottrina di Gesù solo attraverso gli scritti dei Suoi discepoli, così come conosciamo quella di Socrate attraverso gli scritti del suo discepolo Platone. Noi riteniamo utile riassumere qui i punti salienti per mostrare le concordanze con i principi del cristianesimo.
A coloro i quali considerassero questo parallelo una profanazione e pretendessero che non ci possa essere equivalente fra la dottrina di un pagano e quella di Cristo, noi risponderemo che la dottrina di Socrate non è pagana, poiché ebbe lo scopo di combattere il paganesimo; che la dottrina di Gesù, più completa e più pura di quella di Socrate, non ha niente da perdere dal confronto; che la grandezza della missione divina di Cristo non ne viene sminuita; che, d'altra parte, non si può soffocare la Storia. L'uomo è arrivato a un tale livello che la luce traspare da se stessa da sotto il moggio, ed è maturo per guardarla in faccia. Peggio per coloro che non vogliono aprire gli occhi. È venuto il tempo di considerare le cose a Vasto raggio e dall'alto, non più dal punto di vista meschino e ristretto degli interessi settari e di casta.
Queste citazioni dimostreranno inoltre che, se Socrate e Platone hanno presentito le idee cristiane, nella loro dottrina si trovano pure i principi fondamentali dello Spiritismo.
Compendio della dottrina di Socrate e di Platone
Questo enunciato spiega nel modo più chiaro possibile la distinzione e l'indipendenza del principio intelligente e del principio materiale. Esiste inoltre la dottrina della preesistenza dell'anima, della vaga intuizione che essa conserva di un altro mondo al quale aspira, della sua sopravvivenza al corpo, della sua uscita dal mondo spirituale per incarnarsi, e del rientro in questo stesso mondo dopo la morte. È infine, in germe, la dottrina della caduta degli Angeli.
Pertanto l'uomo che considera le cose dal basso, terra terra, dal
punto di vista materiale, si fa delle illusioni. Per apprezzarle equamente, bisogna vederle dall'alto, cioè da un punto di vista spirituale. Il vero saggio deve dunque in qualche modo isolare l'anima dal corpo, per vedere con gli occhi dello spirito. Ed è ciò che insegna lo Spiritismo (vedere cap. II, n. 5 di questa opera).
È per questo che i veri filosofi si preparano a morire, e la morte non sembra loro per niente temibile. (Allan Kardec, Il Cielo e l'Inferno, 1a parte, cap. II; 2a parte, cap. I)
Qui sta il principio delle facoltà dell'anima offuscate dalle interferenze degli organi fisici, e dell'espandersi di queste facoltà dopo la morte. Ma qui si tratta solo delle anime elette; non è lo stesso per le anime impure.
Non solamente il principio della reincarnazione è qui chiaramente espresso. Ma anche lo stato delle anime, che sono ancora sotto il dominio della materia, è descritto esattamente così come lo Spiritismo lo mostra nelle evocazioni. Questo principio dice inoltre che la reincarnazione è una conseguenza dell'impurità dell'anima, mentre l'anima purificata ne è libera. Lo Spiritismo non dice diversamente. Aggiunge solo che l'anima, che errando ha preso buone soluzioni e che ha conoscenze acquisite, rinascendo porta con sé meno difetti, più virtù e più idee intuitive di quante non ne avesse avute nella precedente esistenza. E così ogni esistenza rappresenta un progresso morale e intellettuale. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte: "Esempi")
È la dottrina degli Angeli Custodi, o Spiriti protettori, e delle reincarnazioni successive dopo intervalli più o meno lunghi in cui errano.
La parola daimon, da cui deriva demone, non veniva considerata in senso negativo come succede oggi; non ci si riferiva assolutamente a esseri cattivi, bensì a tutti gli Spiriti in generale, fra i quali si distinguevano gli Spiriti superiori chiamati gli dei, e gli Spiriti meno elevati, o demoni propriamente detti, che comunicavano direttamente con gli uomini. Lo Spiritismo dice inoltre che gli Spiriti popolano lo spazio; che Dio comunica con gli uomini solamente attraverso Spiriti puri incaricati di trasmettere la Sua volontà; che gli Spiriti comunicano con gli uomini durante la veglia e il sonno. Sostituite la parola demone con la parola Spirito e avrete la Dottrina Spiritista; sostituitela con la parola angelo e avrete la Dottrina Cristiana.
Il Cristianesimo e lo Spiritismo insegnano la stessa cosa.
Socrate e Platone, come si vede, comprendevano perfettamente i differenti gradi di smaterializzazione dell'anima. Essi insistono sulla differenza di situazioni, derivante dal più o meno elevato livello di purezza dell'anima stessa. Ciò che essi dicevano per intuizione, lo Spiritismo lo dimostra con i numerosi esempi che ci mette sotto gli occhi. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte)
In altri termini, sarebbe come sostenere che il materialismo, che proclama il niente dopo la morte, ossia l'annullamento di qualsiasi ulteriore responsabilità morale, è di conseguenza un incitamento al male; che il cattivo ha tutto da guadagnarci dal male; che solo l'uomo, che si è spogliato dei suoi vizi e si è arricchito di virtù, può tranquillamente attendere il risveglio nell'altra vita. Lo Spiritismo ci mostra, con gli esempi che ci mette giornalmente sotto gli occhi, com'è penoso per il malvagio il passaggio da una vita all'altra e l'ingresso nella vita futura. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte, cap. I)
Qui si ritrova un altro punto capitale, confermato oggi dall'esperienza, secondo il quale l'anima non purificata conserva le idee, le tendenze, il carattere e le passioni che aveva sulla Terra. La massima: meglio ricevere che commettere un'ingiustizia, non è forse perfettamente cristiana? È lo stesso pensiero che Gesù esprime con questa figura retorica: «Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra» (vedere cap. XII, nn. 7 e 8 di questa opera).
Secondo Socrate, gli uomini vissuti sulla Terra si ritrovano dopo la morte e si riconoscono. Lo Spiritismo ce li mostra che continuano ad avere i rapporti che ebbero, di modo che la morte non è né un'interruzione né la cessazione della vita, ma una trasformazione.
Se Socrate e Platone avessero conosciuto gli insegnamenti che Gesù diede cinquecento anni dopo, e che gli Spiriti danno oggi, non avrebbero parlato diversamente. In ciò non vi è nulla che possa sorprendere, se si considera che le grandi verità sono eterne e che gli Spiriti progrediti hanno dovuto conoscerle prima di venire sulla Terra, dove le hanno diffuse; che Socrate, Platone e i grandi filosofi dei loro tempi hanno potuto far parte, più tardi, del novero di coloro che hanno assecondato Gesù nella Sua divina missione; che sono stati scelti esattamente per essere più di altri in grado di comprenderne i divini insegnamenti; e che infine possono attualmente far parte della pleiade degli Spiriti incaricati di venire a insegnare agli uomini le stesse verità.
Non è questo forse il principio della carità, che ci insegna a non rendere mai male per male e a perdonare i nostri nemici?
Questa massima: «È dai frutti che si riconosce l'albero» si trova ripetuta più volte nel Vangelo.
L'amore che deve unire gli uomini con un legame fraterno è in accordo con questa teoria di Platone sull'amore universale come legge della natura. Socrate, avendo detto che l'amore non è né un dio né un mortale, ma un grande demone», ossia un grande Spirito che presiede l'amore universale, fu per questo imputato di empietà.
È più o meno la dottrina cristiana della grazia. Ma se la virtù è un dono di Dio, è un favore, allora ci si può chiedere perché non venga concessa a tutti. D'altro canto, se è un dono, chi la possiede non ne ha alcun merito. Lo Spiritismo è più esplicito. Dice che colui che la possiede l'ha acquisita con fatica nelle esistenze che si sono precedentemente succedute, spogliandolo man mano delle sue imperfezioni. La grazia è la forza con cui Dio favorisce tutti gli uomini di buona volontà, affinché si spoglino del male e facciano il bene.
Il Vangelo dice «Perchéguardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?» (Vedere cap. X, nn. 9 e 10 di quest'opera).
Lo Spiritismo offre la chiave dei rapporti esistenti fra anima e corpo e dimostra che c'è una reazione costante dell'una sull'altro. Apre così una nuova via alla scienza e, mostrandole la vera causa di certe affezioni, le fornisce i mezzi per combatterle. Quando la scienza terrà conto dell'influenza della componente spirituale nell'economia organica, essa scienza registrerà un minor numero di insuccessi.
Queste parole di Socrate toccano la grave questione della predominanza del male sulla Terra, questione insolubile senza la conoscenza della pluralità dei mondi e del destino della Terra, dove abita soltanto una piccola parte dell'umanità. Solo lo Spiritismo ne dà la soluzione, che è stata sviluppata qui di seguito, nei capitoli II, III e V.
Questa massima è rivolta a coloro che criticano ciò di cui sovente non conoscono una parola. Platone completa questo pensiero di Socrate dicendo: «Cerchiamo innanzi tutto, se possibile, di renderli più onesti nelle parole. Altrimenti non preoccupiamoci di loro e cerchiamo solamente la verità. Facciamo in modo di istruirci, ma non pronunciamo ingiurie,. È così che devono agire gli Spiritisti riguardo a coloro che li contraddicono, siano essi in buona o cattiva fede. Se Platone fosse in vita oggi, troverebbe le cose più o meno come ai suoi tempi e potrebbe usare lo stesso linguaggio. Anche Socrate troverebbe delle persone pronte a schernire chi crede negli Spiriti e a trattarlo come un pazzo, cosa che farebbero anche con il suo discepolo Platone.
È per aver professato questi principi che Socrate venne prima beffeggiato, poi accusato di empietà e condannato infine a bere la cicuta. Infatti le nuove grandi verità, andando a urtare interessi e pregiudizi, non possono imporsi senza lotta e senza fare dei martiri.
Capitolo I - NON SONO VENUTO PER ABOLIRE LA LEGGE
La legge di Dio è formulata nei seguenti dieci comandamenti:
I — Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me. Non farti scultura né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire.
II — Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano.
III — Ricordati del giorno del riposo per santificarlo.
IV — Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
V — Non uccidere.
VI — Non commettere adulterio.
VII — Non rubare.
VIII — Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
IX — Non desiderare la moglie del tuo prossimo.
X — Non desiderare la casa del tuo prossimo né il suo servo né la sua serva né il suo bue né il suo asino né cosa alcuna del tuo prossimo. (Esodo 20)
Questa legge è di tutti i tempi e di tutti i paesi, e ha, proprio per questo, carattere divino. Tutte le altre sono le leggi stabilite da Mosè, obbligato a tenere in soggezione un popolo per sua natura turbolento e indisciplinato, di cui doveva combattere abusi radicati e pregiudizi mutuati durante la schiavitù in Egitto. Per dare autorevolezza alla sua legge, ha dovuto conferirle un'origine divina, come hanno fatto tutti i legislatori di popoli primitivi. L'autorità dell'uomo doveva poggiare sull'autorità di Dio. Infatti soltanto l'idea di un Dio terribile poteva impressionare degli uomini ignoranti, presso i quali il senso morale e il sentimento di una giustizia, a loro estranei, erano ancora poco sviluppati, perché da poco acquisiti. È evidente che uno che aveva posto nei suoi comandamenti: ,Non uccidere» e «Non fare del male al tuo prossimo» non poteva contraddirsi facendo dello sterminio un dovere. Le leggi mosaiche, propriamente dette, avevano dunque un carattere essenzialmente transitorio.
Cristo
Con le parole: «Finché non siano passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto», Gesù ha voluto dire che era necessario che la legge di Dio avesse il suo compimento, ovvero che venisse osservata su tutta la Terra, in tutta la sua purezza, con tutto il suo sviluppo e tutte le sue conseguenze. Infatti, a che cosa sarebbe servito emanarla se essa fosse dovuta rimanere privilegio di alcuni uomini o addirittura di un solo popolo? Essendo tutti gli uomini figli di Dio, essi sono, senza distinzione, oggetto della stessa sollecitudine.
Lo Spiritismo
Giunto è il tempo in cui gli insegnamenti del Cristo devono ricevere la loro realizzazione; in cui il velo posto di proposito su alcune parti di questi insegnamenti deve essere sollevato; in cui la scienza, cessando di essere esclusivamente materialista, deve tenere conto dell'elemento spirituale, e in cui la religione deve cessare di misconoscere le leggi organiche e immutabili della materia. Queste due forze, appoggiandosi l'una all'altra e marciando di concerto, si presteranno mutuo appoggio. Allora la religione, non ricevendo più smentite dalla scienza, acquisterà una potenza incrollabile, perché sarà in accordo con la ragione e non le si potrà più contrapporre l'inesorabile logica dei fatti.
Scienza e religione non hanno fino a oggi potuto intendersi perché, considerando ognuna le cose dal proprio esclusivo punto di vista, si respingevano reciprocamente. Ci voleva qualcosa per colmare il vuoto che le separava, un trait d'union che le avvicinasse. Questo tratto d'unione sta nella conoscenza delle leggi che reggono il mondo spirituale e i suoi rapporti con il mondo fisico, leggi immutabili come quelle che regolano il movimento degli astri e l'esistenza degli esseri. Questi rapporti, una volta constatati con l'esperienza, accendono una nuova luce: la fede si è rivolta alla ragione, la ragione non ha trovato nulla di illogico nella fede, e il materialismo è stato vinto.
Ma in ciò, come in tutte le cose, c'è chi resta indietro, finché non viene trascinato da un movimento d'opinione generale che lo esclude se vuole opporre resistenza anziché abbandonarvisi. Si tratta di una rivoluzione morale che si sta attuando in questo momento e agita gli spiriti. Dopo essere stata elaborata per più di diciotto secoli, essa arriva al suo compimento e sta segnando una nuova era nell'Umanità. Le conseguenze di questa rivoluzione sono facili da prevedere: essa dovrà apportare, nei rapporti sociali, inevitabili modificazioni, alle quali nessuno ha il potere di opporsi, perché esse sono nei disegni di Dio e sorgono dalla legge del progresso, che è una legge di Dio.
ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI - L'Era Nuova
I comandamenti di Dio, dati da Mosè, portano il germe della più ampia morale cristiana. I commentari della Bibbia ne circoscrivevano il senso perché, applicata in tutta la sua purezza, a quei tempi non sarebbe stata compresa. Ma i dieci comandamenti di Dio sono rimasti nondimeno come il frontespizio luminoso, come il faro che doveva far luce a tutta l'umanità nel cammino che essa doveva intraprendere.
La morale insegnata da Mosè era consona al livello di avanzamento nel quale si trovavano i popoli che egli era stato chiamato a rigenerare. E questi popoli, quasi primitivi in quanto a perfezionamento della loro anima, non avrebbero capito né che si poteva adorare Dio diversamente che con olocausti né che si doveva perdonare a un nemico. La loro intelligenza, notevole sotto il punto di vista pratico e anche sotto quello delle arti e delle scienze, era ancora molto arretrata in fatto di moralità ed essi non si sarebbero convertiti dietro sollecitazione di una religione completamente spirituale. Avevano bisogno di una rappresentazione quasi materiale, come quella offerta loro dalla religione ebraica. Così gli olocausti parlavano ai loro sensi, mentre l'idea di Dio parlava al loro spirito.
Cristo è stato l'iniziatore della morale più pura, più sublime: della morale evangelica cristiana che deve rinnovare il mondo, avvicinare gli uomini e renderli fratelli; che deve fare scaturire da tutti i cuori umani la carità e l'amore per il prossimo e creare fra tutti gli uomini una solidarietà comune. Una morale che deve trasformare la Terra e farne un luogo per Spiriti superiori a quelli che oggi la abitano. È la legge del progresso alla quale la natura è sottoposta che si compie. E lo Spiritismo è la leva di cui Dio si serve per fare progredire l'umanità.
Giunto è il tempo in cui le idee morali devono svilupparsi per compiere quei progressi che sono nei disegni di Dio. Esse devono percorrere la stessa rotta che le idee di libertà hanno percorso, e che ne erano l'avamposto. Ma non bisogna credere che questo sviluppo si compirà senza lotte. No, per arrivare alla maturità, c'è bisogno di scosse e discussioni, al fine di attirare l'attenzione delle masse. Una volta risvegliata l'attenzione, bellezza e santità della morale colpiranno gli Spiriti ed essi saranno legati a una scienza che darà loro la chiave della vita futura e aprirà loro le porte della felicità eterna. È Mosè che ha aperto la via; Gesù ha continuato l'opera; lo Spiritismo la porterà a termine.
(Uno Spirito Israelita, Mulhouse, 1861)
Lo Spiritismo è di ordine divino, perché poggia sulle leggi stesse della natura, e state pur certi che tutto ciò che è di ordine divino ha uno scopo grande e utile. Il vostro mondo si stava perdendo. La scienza, sviluppata a spese dell'ordine morale per portarvi ai beni materiali, tornava a profitto dello Spirito delle tenebre. Voi lo sapete, Cristiani, il cuore e l'amore devono camminare unitamente alla scienza. Ahimè! Il Regno di Cristo, dopo più di diciotto secoli, e malgrado il sangue di tanti martiri, non è ancora venuto. Cristiani, ritornate al Maestro che vuole salvarvi. Tutto è facile per chi crede e ama: l'amore colma di una gioia ineffabile. Sì, figli miei, il mondo è scosso. I buoni Spiriti ve lo dicono a sufficienza. Piegatevi al soffio del vento, foriero delle tempeste, per non esserne del tutto travolti. Ossia preparatevi, non siate simili alle vergini folli, che furono prese alla sprovvista dall'arrivo dei loro sposi.
La rivoluzione che si avvicina è più morale che materiale. I grandi Spiriti, messaggeri divini, vi ispirano la fede affinché voi tutti, operai illuminati e ardenti, facciate sentire la vostra umile voce. Perché voi siete il granello di sabbia, ma senza granelli di sabbia non ci sarebbero le montagne. Così, dunque, le parole "noi siamo piccoli" non hanno più senso per voi. A ognuno la propria missione. La formica non costruisce forse l'edificio della sua repubblica? E animaletti impercettibili non creano forse dei continenti? La nuova crociata è cominciata. Apostoli non di una guerra ma di una pace universale, moderni santi Bernardo, guardate avanti e avanti marciate. La legge dei mondi è la legge del progresso.
(Fénelon, Poitiers, 1861)
(Éraste, discepolo di san Paolo, Parigi, 1863)
Capitolo II - IL MIO REGNO NON È DI QUESTO MONDO
1. Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei? (..) Gesù rispose: 4-1 mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui».Allora Pilato gli disse: Ma dunque, sei tu re?» Gesù rispose: «Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». (Giovanni 18:33, 36-37)
La vita futura
Questo principio può dunque essere considerato come il cardine dell'insegnamento di Cristo. Per questo è stato messo fra i primi all'inizio di quest'opera: perché dev'essere visto come il punto di riferimento per tutti gli uomini; il solo che possa giustificare le anomalie della vita terrena e accordarsi con la giustizia divina.
Nonostante ciò Gesù, conformando il Suo insegnamento allo stato degli uomini della Sua epoca, non ha creduto opportuno di far loro luce completa, cosa che li avrebbe abbagliati senza illuminarli, perché non avrebbero compreso. Egli si è limitato a porre in qualche modo la vita futura come principio, come una legge della natura alla quale non ci si può sottrarre. Ogni cristiano crede dunque necessariamente alla vita futura, ma l'idea che molti se ne fanno è vaga, incompleta e pertanto errata in molti punti. Per molti non è che una credenza senza certezze assolute. Da qui il dubbio e l'incredulità.
Lo Spiritismo è venuto a chiarire questi punti, completando l'insegnamento del Cristo, ora che gli uomini sono maturi per comprendere la verità. Con lo Spiritismo la vita futura non è più semplicemente un articolo della fede, un'ipotesi. È una realtà tangibile dimostrata dai fatti, perché ci sono testimoni oculari che vengono a descriverla in tutte le sue fasi e peripezie. Cosicché non solo il dubbio non è più possibile, ma anche la mente più semplice può configurarsi questa realtà nel suo vero aspetto, così come ci si fa un'idea di un paese sconosciuto leggendone una descrizione dettagliata. Ora, questa descrizione della vita futura è talmente circostanziata, le condizioni di esistenza felice o infelice di coloro che vi si trovano sono così razionali, che si finisce col concordare che non può essere altrimenti, e che proprio qui è la vera giustizia di Dio.
La sovranità di Gesù
II punto di vista
Se l'uomo ha anche un semplice dubbio sulla vita futura, accade che concentri tutti i suoi pensieri sulla vita terrena e che, incerto dell'avvenire, dia tutto al presente. Non intravedendo beni più preziosi di quelli terreni, è come il bambino che non vede niente al di là dei suoi giocattoli e, per procurarseli, niente gli è di ostacolo, e la minima perdita di essi è un dispiacere cocente. La minima disillusione, una speranza delusa, un'aspirazione frustrata, un'ingiustizia di cui sia vittima, l'orgoglio o la vanità ferita sono altrettanti tormenti, che fanno della sua vita una continua angoscia, procurandosi così volontariamente una vera tortura in ogni istante.
Tenendo come punto di vista la vita terrena, al centro della quale egli si colloca, tutto intorno a lui assume proporzioni enormi. Il male che lo colpisca, come il bene che tocchi ad altri, tutto assume ai suoi occhi una grandissima importanza. Proprio come a chi sta in una città tutto sembra grande: gli uomini ai vertici della gerarchia sociale, così come i monumenti. Ma a chi sale su una montagna uomini e cose parranno molto piccoli.
Così succede a chi considera la vita terrena dal punto di vista della vita futura: l'umanità, come le stelle del firmamento, si perde nell'immensità. Si accorge allora che grandi e piccoli sono confusi come le formiche su una zolla di Terra; che i proletari e i potenti hanno la stessa statura, e compiange le effimere creature che si danno tanta pena per conquistare una postazione che li innalza così poco e che devono conservare per così poco tempo. È così che l'importanza assegnata ai beni terreni è sempre inversamente proporzionale alla fede nella vita futura.
Dunque, Dio non condanna assolutamente i piaceri terreni, ma l'abuso di questi piaceri, in quanto essi pregiudicano gli interessi dell'anima. È contro questo abuso che si premuniscono quanti si attengono a queste parole di Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo».
Chi si identifica con la vita futura è simile all'uomo ricco che perde una piccola somma senza turbarsi; chi concentra i suoi pensieri sulla vita terrena è simile a un povero che perde tutto ciò che possiede e si dispera.
ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI
Oh! Gesù, Tu l'hai detto, il Tuo Regno non è di questo mondo, perché bisogna soffrire per arrivare al Cielo, e gli alti gradini del trono non ci avvicinano a esso. Sono i sentieri più penosi della vita che conducono là. Cercatene dunque la strada fra i rovi e le spine e non tra i fiori.
Gli uomini rincorrono i beni terreni come se li dovessero conservare per sempre. Ma qui non ci sono più illusioni. Essi si accorgono presto che hanno preso solo ombre e che hanno trascurato gli unici beni solidi e durevoli, gli unici che servano per la permanenza in Cielo, i soli che possano aprirne l'ingresso.
Abbiate pietà di coloro che non hanno guadagnato il Regno dei Cieli. Aiutateli con le vostre preghiere, perché la preghiera avvicina l'uomo all'Altissimo, è il tratto d'unione fra Cielo e Terra. Non dimenticatelo.
(Una Regina di Francia, Le Havre, 1863)
Capitolo III - CI SONO MOLTE DIMORE NELLA CASA DEL PADRE MIO
Differenti condizioni dell'anima nell'errare
Indipendentemente dalla diversità dei mondi, queste parole possono anche intendersi come lo stato felice o infelice dello Spirito nell'errare. A seconda di quanto lo Spirito è più o meno purificato e libero da vincoli materiali, l'ambiente, l'aspetto delle cose, le sensazioni che prova e le percezioni che esso ha variano all'infinito. Mentre alcuni non riescono ad allontanarsi dalla sfera in cui sono vissuti, altri si elevano e percorrono lo spazio e i mondi. Mentre certi Spiriti colpevoli errano nelle tenebre, quelli felici godono di una luce risplendente e del sublime spettacolo dell'infinito. Infine, mentre il malvagio, tormentato dai rimorsi e dal rimpianto, sovente solo, senza consolazione, separato dai suoi affetti, geme sotto la morsa delle sofferenze morali, il giusto, ricongiunto a coloro che ama, gode della dolcezza di un'indicibile felicità. Dunque là ci sono molte dimore, comunque né circoscritte né localizzate.
Differenti categorie di mondi abitati
Destinazione della Terra. Cause delle miserie umane
Ora, come in una città non tutta la popolazione è negli ospizi o in prigione, così non tutta l'umanità è sulla Terra. Come si esce dall'ospizio quando si è guariti, e dalla prigione quando si è scontata la pena, così l'uomo lascia la Terra per dei mondi più felici appena è guarito dalle sue infermità morali.
Istruzioni Degli Spiriti - Mondi superiori e mondi inferiore
Presa la Terra come termine di paragone, ci si può fare un'idea dello stato di un mondo inferiore supponendo che gli uomini che lo abitano siano al livello delle razze selvagge o delle nazioni barbare, come ancora se ne trovano sulla Terra, e che sono residui dello stato primitivo. Fra i mondi più arretrati, gli esseri che li abitano sono in qualche modo rozzi. Il loro aspetto è umano, ma senza bellezza; gli istinti non sono temperati da nessun sentimento di dolcezza o di benevolenza, né dalla nozione di giusto o di ingiusto; la forza bruta è la sola legge. Senza industrie, senza invenzioni, essi impiegano la loro vita nella ricerca del puro sostentamento. Ciononostante Dio non abbandona nessuna delle sue creature: in fondo al buio dell'intelligenza giace, latente, più o meno sviluppata, la vaga intuizione di un Essere supremo. Questo istinto è ciò che rende gli uni superiori agli altri e prepara lo sbocciare di una vita più completa, perché essi non sono assolutamente degli esseri corrotti, ma dei bambini che crescono.
Fra questi gradi inferiori e quelli più elevati, ci sono innumerevoli livelli, e fra gli Spiriti puri, smaterializzati e risplendenti di gloria, è arduo riconoscere quelli che hanno animato questi esseri primitivi, esattamente come in un uomo adulto è arduo riconoscerne l'embrione.
Quel poco di resistenza, che la materia presenta per gli Spiriti già molto avanzati, rende lo sviluppo dei corpi rapido e l'infanzia breve o quasi nulla. La vita, esente da preoccupazioni e angosce, è relativamente molto più lunga di quella sulla Terra. In linea di massima, la longevità è proporzionata al grado di avanzamento dei mondi. La morte non ha niente degli orrori della decomposizione e, lungi dall'essere motivo di terrore, essa è considerata come una felice trasformazione, perché là il dubbio sull'avvenire non esiste. Durante la vita l'anima, non essendo assolutamente racchiusa in una materia compatta, splende e gioisce di una lucidità che la pone in uno stato di quasi permanente emancipazione e permette la libera trasmissione del pensiero.
Mondi di espiazioni e di prove
Gli Spiriti in espiazione vi si trovano, per così dire, da stranieri. Essi hanno già vissuto in altri mondi, dai quali sono stati esiliati a causa del loro ostinarsi nel male e perché erano causa di turbamento per gli Spiriti buoni. Sono stati relegati, per un certo tempo, fra Spiriti più arretrati con la missione di farli progredire, portando essi con sé un'intelligenza sviluppata e i germi delle conoscenze acquisite. Questa è la ragione per cui Spiriti in stato di punizione si trovano fra i popoli più intelligenti. Ci sono anche quelli per i quali le miserie della vita sono le più amare, perché c'è in loro una maggiore sensibilità. E sono più provati dagli attriti di quanto non lo siano i popoli primitivi, il cui senso morale è più rozzo.
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
Mondi di rigenerazione
Là, comunque, non esiste ancora la perfetta felicità, ma l'aurora della felicità. L'uomo è ancora carne e, per ciò stesso, soggetto a quelle vicissitudini da cui sono esenti solo gli esseri smaterializzati. Ci sono ancora delle prove da subire, ma non c'è la cocente angoscia dell'espiazione. A confronto della Terra, questi mondi sono particolarmente felici. E molti di voi sarebbero contenti di fermarvisi, perché è la calma dopo la tempesta, la convalescenza dopo una crudele malattia. Ma l'uomo, meno preso dalle cose materiali, intravede meglio l’avvenire di quanto non lo facciate voi; comprende che sono altre le gioie che il Signore promette a quelli che se ne rendono degni, quando la morte avrà di nuovo falciato i loro corpi per dare loro la vera vita. È allora che l'anima, affrancata, fluttuerà su tutti gli orizzonti. Non avrà più sensi materiali e grossolani, ma i sensi di un perispirito puro e celeste, che aspira alle emanazioni di Dio stesso nei profumi dell'amore e della carità che da Lui emanano.
Contemplate dunque questa volta celeste, nell'ora del riposo e della preghiera, e fra le infinite sfere che brillano sul vostro capo, domandatevi quali vi condurranno a Dio, e pregatelo affinché un mondo rigeneratore vi apra le sue braccia dopo l'espiazione sulla Terra.
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
Progresso dei mondi
Mentre gli esseri viventi progrediscono moralmente, i mondi che essi abitano progrediscono materialmente. A chi fosse dato di seguire un mondo, nelle sue varie fasi, dall'attimo in cui si sono agglomerati i primi atomi occorsi per costituirlo, lo vedrebbe percorrere una scala incessantemente in ascesa, ma a livelli insensibili per ogni generazione, e offrire ai suoi abitanti una permanenza più piacevole man mano che essi procedono sulla via del progresso. Così, parallelamente al progresso dell'uomo, avanza quello degli animali, dei vegetali e dei luoghi dove si vive, poiché niente è stabile in natura.
Com'è grande questa idea e quanto degna della maestà del Creatore! E quanto invece è piccola e indegna della Sua potenza quella che concentra la sua sollecitudine e le sue preoccupazioni su quell'impercettibile granello di sabbia che è la Terra e riduce l'umanità a pochi uomini che la abitano!
Seguendo questa legge, la Terra si è trovata materialmente e moralmente in uno stato inferiore a quello di oggi e, sotto questo duplice aspetto, raggiungerà un grado ancora più avanzato. Essa è arrivata a uno dei suoi periodi di trasformazione, quello in cui il mondo di espiazione sta trasformandosi in un mondo di rigenerazione. Allora gli uomini saranno felici, perché la legge di Dio vi regnerà.
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
Capitolo IV NESSUNO PUÒ VEDERE IL REGNO DI DIO SE NON NASCE DI NUOVO
Nessuno Può Vedere Il Regno di Dio se Non Nasce Di Nuovo
Resurrezione e reincarnazione
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Le conoscenze degli Antichi sulle scienze fisiche erano approssimative. Essi credevano che la Terra fosse uscita dalle acque e per questo consideravano l'acqua come l'elemento generatore in assoluto. Infatti nella Genesi si dice: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque» — «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque» — «Dio chiamò la distesa "cielo"» — «Dio fece pure le stelle e le mise nella distesa dei cieli» — «Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia Pasciuto» — «Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo».
In seguito a questa credenza l'acqua era diventata il simbolo della natura materiale, come lo Spirito era diventato quello della natura intelligente. Queste parole: «Se uno non è nato d'acqua e di Spirito», oppure «nell'acqua e nello Spirito» significano dunque: «Se l'uomo non rinasce con il suo corpo e la sua anima». È in questo senso che le parole sono state comprese all'inizio.
Questa interpretazione è d'altra parte suffragata da queste altre parole: «Quello che è nato dalla carne è carne; e quello che è nato dallo Spirito è Spirito». Gesù fa qui una precisa distinzione fra lo Spirito e il corpo. «Quello che è nato dalla carne è carne» indica chiaramente che solo il corpo procede dal corpo, e che lo Spirito è indipendente dal corpo.
Che cosa significano le parole " Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora"? Dal momento che Giovanni Battista viveva ancora a quel tempo? Gesù lo spiega dicendo: «Se lo volete accettare, egli è l'Elia doveva venire». Ora, non essendo Giovanni altri che Elia, Gesù fa allusione ai tempi in cui Giovanni viveva sotto il nome di Elia. «Fino a ora il Regno dei Cieli è preso a forza» è un'altra allusione alla violenza della legge mosaica, che ordinava lo sterminio degli infedeli per guadagnare la Terra Promessa, il Paradiso degli Ebrei, mentre, secondo la nuova legge, il Cielo si guadagna con la carità e la dolcezza.
Pertanto aggiunge: «Chi ha orecchi per udire oda». Queste parole, così frequentemente ripetute da Gesù, dicono chiaramente che non tutti erano in grado di comprendere certe verità.
In senso spirituale queste parole sarebbero un nonsenso, perché comporterebbero un'interruzione nella vita dell'anima. Nel senso di rigenerazione morale, sarebbero la negazione delle pene eterne, in quanto stabilirebbero come principio che tutti quelli che sono morti rivivranno.
Quando l'uomo muore perde ogni forza; il mortale spira, e dov'è egli? Se l'uomo muore, può egli tornare in vita? Aspetterei fiducioso tutti i giorni della mia sofferenza, finché cambiasse la mia condizione? (Id., traduzione protestante di Osterwald).
Quando l'uomo è morto, vive sempre; finendo i giorni della mia esistenza terrena, attenderò, perché io ritornerò un'altra volta (Id., versione della Chiesa greca).
«In questa guerra in cui io mi trovo tutti i giorni della mia vita, attendo che giunga il mio cambiamento». Giobbe vuole evidentemente parlare della lotta che sostiene contro le miserie della vita. Attende il suo cambiamento, ossia si rassegna. Nella versione greca, attenderò sembra piuttosto riferirsi alla nuova esistenza: «Finendo i giorni della mia esistenza terrena, attenderò, perché io ritornerò». Giobbe sembra collocarsi, dopo la morte, in un intervallo che separa un'esistenza dall'altra, e dire che là attenderà il suo ritorno.
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Senza il principio della preesistenza dell'anima e della pluralità delle esistenze, la maggior parte delle massime del Vangelo sono inintelligibili. È perché non si è considerato questo principio che sono sorte interpretazioni tanto contraddittorie. Questo principio è la chiave che può restituirci il loro vero senso.
I legami familiari rafforzati dalla reincarnazione e infranti dall'unicità dell'esistenza
Gli Spiriti formano nello spazio dei gruppi, o famiglie, uniti dall'affetto, dalla simpatia e dall'affinità delle inclinazioni. Questi Spiriti, felici di essere insieme, si cercano, e l'incarnazione li separa solo momentaneamente perché, dopo il loro rientro nello stato erratico, si ritrovano come degli amici al ritorno da un viaggio. Sovente si seguono persino nell'incarnazione, dove si trovano riuniti in una famiglia o in uno stesso ambiente e lavorano insieme per il loro reciproco avanzamento. Se gli uni sono incarnati e gli altri no, essi sono nondimeno uniti dal pensiero. Quelli che sono liberi vegliano su quelli che sono incarnati, prigionieri della carne, mentre i più avanzati cercano di far progredire i ritardatari. Dopo alcune esistenze, essi hanno fatto un passo avanti sul cammino della perfezione. Sempre meno attaccati alla materia, il loro affetto diviene più vivo, e proprio per questo più puro, non più turbato né dall'egoismo né dalle nubi della passione. Essi possono dunque percorrere così un numero illimitato di esistenze fisiche senza che nulla leda il loro reciproco affetto.
È chiaro che qui si tratta di un affetto reale da anima ad anima, il solo che sopravvivrà alla dissoluzione del corpo, perché gli esseri che in questo mondo si uniscono solo con i sensi non hanno alcun motivo di cercarsi nel mondo degli Spiriti. Di duraturo ci sono solo gli affetti spirituali. Gli affetti carnali si spengono insieme alla causa che li ha fatti nascere; ora, questa causa non esiste più nel mondo degli Spiriti, mentre l'anima esiste sempre. Quanto alle persone unite solo dall'interesse, esse non rappresentano veramente niente le une per le altre: la morte le separa in Terra e in Cielo.
Con la reincarnazione e il conseguente progresso, tutti coloro che si sono amati si ritrovano sulla Terra e nello spazio e gravitano insieme per giungere a Dio. Se alcuni sbagliano durante il percorso, ritardano il loro avanzamento e la loro beatitudine. Ma non tutte le speranze sono perdute: aiutati, incoraggiati e sostenuti da coloro che li amano, usciranno un giorno dal pantano in cui si trovano invischiati. Con la reincarnazione, infine, c'è solidarietà perpetua fra gli incarnati e i disincarnati, da qui il rafforzarsi dei legami affettivi.
Istruzioni Degli Spiriti
Limiti dell'incarnazione
L'incarnazione non ha assolutamente, in senso proprio, dei limiti tracciati nettamente, se la si considera in base all'involucro costituito dal corpo dello Spirito, poiché la materialità di questo involucro diminuisce man mano che lo Spirito si purifica. In certi mondi, più avanzati di quanto non sia la Terra, esso è già meno denso, meno pesante, meno rozzo e, di conseguenza, soggetto a minori vicissitudini. Trovandosi a un grado più elevato, esso è diafano e quasi fluido; si smaterializza gradualmente e finisce col confondersi con il perispirito. A seconda del mondo sul quale lo Spirito è chiamato a vivere, esso prenderà l'involucro consono alla natura di questo mondo.
Lo stesso perispirito subisce, in progressione, successive trasformazioni. Si eterizza via via fino alla purificazione completa costituita dal puro Spirito. Se agli Spiriti molto progrediti vengono destinati, come stazioni, dei mondi speciali, essi non vi rimangono attaccati come nei mondi inferiori: lo stato di libertà in cui si trovano, permette loro di trasferirsi là dove la missione è stata loro assegnata.
Se si considera l'incarnazione dal punto di vista materiale, così come ha luogo sulla Terra, si può dire che essa è limitata ai mondi inferiori. Di conseguenza, dipende dallo Spirito affrancarsene più o meno prontamente lavorando per la propria purificazione.
Bisogna pure considerare che nello stato erratico, ossia nell'intervallo fra un'esistenza fisica e l'altra, la situazione dello Spirito è in rapporto alla natura del mondo ai quale è legato il suo grado di avanzamento. E così, nell'errare, è più o meno felice, libero e illuminato, a seconda che sia più o meno smaterializzato.
(San Luigi, Parigi, 1859)
Necessità dell'incarnazione
Il passaggio degli Spiriti attraverso la vita fisica è necessario per coloro che possono adempiere, per mezzo di azioni concrete, i disegni loro affidati da Dio. È necessario per loro stessi perché l'attività che sono obbligati a sviluppare aiuta a sviluppare la loro intelligenza. Essendo Dio sovranamente giusto, deve essere equanime con tutti i Suoi figli. È per questo che offre a tutti lo stesso punto di partenza, le stesse attitudini, gli stessi obblighi da assolvere e la stessa libertà di agire. Ogni privilegio sarebbe una preferenza, e ogni preferenza sarebbe un'ingiustizia. Ma per tutti gli Spiriti l'incarnazione non è che uno stato transitorio. È un compito che Dio impone al loro ingresso nella vita, come primo saggio dell'uso che essi faranno del libero arbitrio. Chi assolve questo compito con zelo supera più rapidamente e con minor fatica i primi gradini dell'iniziazione e gioisce prima del frutto del suo lavoro. Chi al contrario fa un cattivo uso della libertà, che Dio gli concede, ritarda il proprio avanzamento. Così, a causa della sua ostinazione, può prolungare indefinitamente la necessità di reincarnarsi, ed è allora che l'incarnazione diventa un castigo.
(San Luigi, Parigi, 1859)
Così è per l'uomo sulla Terra. Per lo Spirito del primitivo che è pressoché all'esordio della vita spirituale, l'incarnazione è un mezzo per sviluppare la sua intelligenza. Ma per l'uomo illuminato, nel quale il senso morale è largamente sviluppato, e che è obbligato a ripetere le tappe di una vita materiale piena di angosce, mentre potrebbe già essere arrivato allo scopo, è un castigo, in quanto è costretto a prolungare la permanenza nei mondi inferiori e infelici. Chi, al contrario, si dedica attivamente al proprio progresso morale può non solo abbreviare la durata dell'incarnazione materiale, ma superare in una volta sola i livelli intermedi che lo separano dai mondi superiori.
Gli Spiriti potrebbero incarnarsi una volta sola nello stesso globo e compiere poi le loro altre esistenze in sfere differenti? Questa opinione sarebbe ammissibile soltanto se gli uomini fossero, sulla Terra, tutti esattamente allo stesso livello intellettuale e morale. Le differenze esistenti fra loro, dal primitivo all'uomo avanzato, mostrano i livelli che sono chiamati a superare. L'incarnazione, d'altra parte, deve avere uno scopo utile. Ora, che ne sarebbe dell'incarnazione effimera dei bambini che muoiono in tenera età? Avrebbero sofferto senza profitto per loro e per gli altri? Dio, le cui leggi sono tutte sovranamente sagge, non fa niente di inutile. Per mezzo della reincarnazione sullo stesso globo, ha voluto che gli stessi Spiriti si trovassero di nuovo in contatto e avessero l'occasione di riparare i loro torti reciprochi. Per via delle loro relazioni anteriori, Dio ha voluto, inoltre, fondare i legami familiari su una base spirituale e appoggiare su una legge di natura i principi di solidarietà, fraternità e uguaglianza.
Capitolo V - BEATI GLI AFFLITTI
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. (Luca 6:24-25)
Giustezza delle afflizioni
Tuttavia, dal momento che si ammette Dio, non Lo si può concepire senza l'infinito della perfezione. Deve essere l'Onnipotente, tutto giustizia, tutto bontà, senza ciò non sarebbe Dio. Se Dio è sovranamente buono e giusto, non può agire per capriccio o con parzialità. Le vicissitudini della vita hanno dunque una causa. E, poiché Dio è giusto, questa causa deve essere giusta. Ecco ciò che ognuno deve ben approfondire. Dio ha messo gli uomini sulla via di questa causa attraverso gli insegnamenti di Gesù, e oggi, giudicandoli sufficientemente maturi per comprenderla, la rivela loro interamente attraverso lo Spiritismo, ovvero attraverso la voce degli Spiriti.
Cause attuali delle afflizioni
Risalendo alla fonte dei mali terreni, si riconoscerà che molti sono la conseguenza naturale del carattere e della condotta di coloro che li patiscono. Quanti uomini cadono a causa dei loro stessi errori! Quanti sono vittime della loro stessa imprevidenza, del loro orgoglio e della loro ambizione! Quanti si sono rovinati per mancanza di ordine, di perseveranza, per cattiva condotta o per non aver limitato i loro desideri!
Quante sono le unioni infelici frutto di calcolo o vanità, dove il cuore non c'entra per niente! Quanti dissensi, contrasti funesti si sarebbero potuti evitare con un poco più di moderazione e meno suscettibilità! Quante malattie e infermità sono la conseguenza dell'intemperanza e di eccessi di tutti i generi.
Quanti genitori infelici a causa dei figli, perché non ne hanno combattuto le cattive inclinazioni sin dall'inizio! Per pigrizia o indifferenza hanno lasciato sviluppare in loro il germe dell'orgoglio, dell'egoismo e della sciocca vanità che inaridisce il cuore. Poi, più tardi, raccogliendo quello che hanno seminato, si stupiscono e si affliggono per la loro mancanza di rispetto e per la loro ingratitudine.
Tutti quelli che sono stati colpiti nel profondo dalle vicissitudini e dalle disillusioni della vita interroghino obiettivamente la loro coscienza; risalgano via via fino all'origine dei mali che li affliggono, e vedranno che, nella maggior parte dei casi, non possono far altro che dire: se avessi fatto, se non avessi fatto la tal cosa, non mi troverei in questa situazione.
Con chi prendersela dunque per tutte queste afflizioni se non con se stessi? L'uomo è perciò quasi sempre l'artefice delle sue stesse disgrazie. Ma, anziché riconoscerlo, trova più semplice, meno umiliante per la sua vanità, accusare la sorte, la Provvidenza, la sfortuna, la sua cattiva stella, mentre la sua cattiva stella sta nella sua negligenza.
I mali di questa natura costituiscono sicuramente un notevole peso nelle vicissitudini della vita. L'uomo le eviterà quando si applicherà al suo miglioramento morale così come a quello intellettuale.
Ma l'esperienza arriva qualche volta in ritardo: quando la vita è stata sprecata e turbata, le forze esaurite e il male è ormai senza rimedio. Allora l'uomo si trova a dire: «Se all'inizio della vita avessi saputo quello che so ora, quanti sbagli avrei evitato! Se potessi ricominciare, farei ben diversamente, ma non c'è più tempo!» Come il lavoratore pigro dice: «Hoperso la mia giornata», così anche lui dice: «Hoperso la mia vita». Ma come per il lavoratore, anche per lui il sole sorge il giorno seguente, e una nuova giornata incomincia permettendogli di recuperare il tempo perduto. Anche per lui, dopo la notte dell'oltretomba, brillerà il sole di una nuova vita nella quale potrà mettere a profitto l'esperienza del passato e le sue buone risoluzioni per l'avvenire.
Cause anteriori delle afflizioni
Quelli che nascono in simili condizioni certamente non hanno fatto proprio niente in questa vita per meritare una così triste sorte, senza soluzione e senza rimedio. Essi non l'hanno potuta evitare, trovandosi così nell'impossibilità di mutare le cose da se stessi e alla mercé della pubblica commiserazione. Perché dunque degli esseri così disgraziati, mentre accanto, sotto lo stesso tetto, nella stessa famiglia, ce ne sono di così favoriti sotto ogni punto di vista?
Che dire infine di quei bambini che muoiono in tenera età e che della vita hanno conosciuto solo le sofferenze? Problemi che nessuna filosofia è riuscita ancora a risolvere, anomalie che nessuna religione ha potuto giustificare e che sarebbero la negazione della bontà, della giustizia e della provvidenza di Dio, nell'ipotesi che l'anima fosse creata contemporaneamente al corpo, e che la sua sorte fosse irrevocabilmente fissata dopo una permanenza di qualche istante sulla Terra. Che cosa hanno fatto queste anime, appena uscite dalle mani del Creatore, per patire tanta miseria in questo mondo e meritare in futuro una ricompensa o una punizione qualsiasi, quando non hanno potuto fare né del bene né del male?
Ciononostante, in virtù dell'assioma secondo il quale ogni effetto ha la sua causa, queste miserie sono effetti che devono avere una causa; e dal momento che si ammette un Dio giusto, questa causa deve essere giusta. Ora, poiché la causa precede sempre l'effetto e poiché tale causa non si trova nella vita presente, essa dev'essere anteriore a questa vita, ossia appartenere a un'esistenza precedente. D'altra parte Dio non può punire per il bene che è stato fatto né per il male che non si è fatto. Se siamo puniti è perché abbiamo fatto del male; se non abbiamo fatto del male in questa vita, l'abbiamo fatto in un'altra. È un'alternativa alla quale è impossibile sfuggire e la cui logica ci dice da quale parte sta la giustizia di Dio.
L'uomo non viene dunque sempre punito, o completamente punito, nella sua esistenza presente, ma non può mai sottrarsi alle conseguenze delle sue colpe. La prosperità del malvagio è solo momentanea, e se la sua espiazione non avviene oggi, avverrà domani, mentre colui che soffre espia per il passato. La sfortuna che a prima vista sembra immeritata, ha dunque la sua ragion d'essere, e chi soffre può sempre dire: «Perdonami, Signore, perché ho peccato».
Così si spiegano, attraverso la pluralità delle esistenze e la destinazione della Terra come luogo di espiazione, le incongruenze di questo mondo riguardo alla ripartizione della fortuna e della sfortuna fra i buoni e i cattivi. Queste sono incongruenze che esistono solo in apparenza se si tiene unicamente conto della vita presente. Ma se ci si eleva, con il pensiero, in modo da abbracciare una serie di esistenze, si vedrà che ognuno ha ciò che si merita, senza alcun pregiudizio per quanto gli spetta nel mondo degli Spiriti, e che la giustizia di Dio non viene mai meno.
L'uomo non deve mai dimenticare che si trova in un mondo inferiore, in cui è obbligato solo dalle sue imperfezioni. A ogni vicissitudine, deve dire a se stesso che se appartenesse a un mondo più progredito tutto ciò non gli succederebbe e che dipende da lui non ritornarci, lavorando al suo miglioramento.
La sofferenza che non provoca proteste può senza dubbio essere un'espiazione, ma sta a indicare che è stata scelta volontariamente piuttosto che imposta, ed è la prova di una forte determinazione, cosa che è indice di progresso.
Oblio del passato
Lo Spirito sovente si reincarna nello stesso ambiente in cui aveva già vissuto e si trova in relazione con le stesse persone, al fine di riparare al male che aveva loro fatto. Se egli riconoscesse in loro quelle che ha odiato, il suo odio forse si risveglierebbe e, comunque, si sentirebbe umiliato di fronte a coloro che aveva offeso.
Dio ci ha dato, per migliorarci, esattamente ciò che ci è necessario e può esserci sufficiente: la voce della coscienza e le nostre tendenze istintive. E ci toglie ciò che può nuocerci.
L'uomo porta con sé, nascendo, ciò che ha acquisito. Nasce come si è fatto. Ogni esistenza è per lui un nuovo punto di partenza. Poco gli importa sapere ciò che è stato: viene punito per il male che ha fatto, e le sue attuali cattive tendenze indicano ciò che in lui resta da correggere. È su questo che deve concentrare tutta la sua attenzione, perché di ciò che ha già corretto non resta più traccia. Le buone risoluzioni che egli ha preso sono la voce della coscienza, che l'ha avvertito circa il bene e il male, e gli ha dato la forza per resistere alle cattive tentazioni.
D'altra parte questo oblio ha luogo solamente durante la vita fisica. Rientrato nella vita spirituale, lo Spirito ritrova il ricordo del passato. Si tratta dunque solo di un'interruzione momentanea — come quella che nella vita terrena si verifica durante il sonno — che non impedisceil giorno dopo di ricordare ciò che si è fatto la sera prima e il giorno precedente.
Non è esattamente solo dopo la morte che lo Spirito recupera il ricordo del suo passato. Si può dire che non lo perda mai, perché l'esperienza dimostra che nell'incarnazione, durante il sonno e quando fruisce di una certa libertà, lo Spirito ha coscienza delle sue azioni precedenti. Allora sa perché soffre e sa che soffre giustamente. Il ricordo si cancella solo durante la vita esteriore di relazione. Ma, in mancanza di un ricordo preciso, che potrebbe essere per lui di sofferenza e nuocere ai suoi rapporti sociali, egli ricava nuove forze da questi istanti di emancipazione dell'anima, se sa metterli a profitto.
Motivi di rassegnazione
Queste parole possono anche venire tradotte così: dovete considerarvi fortunati se soffrite, perché le vostre sofferenze su questo mondo sono il debito dei vostri errori passati, e questi dolori, sopportati pazientemente sulla Terra, vi risparmieranno secoli di sofferenze nella vita futura. Dovete dunque essere felici che Dio riduca il vostro debito e vi permetta di onorarlo ora, cosa che vi assicura la tranquillità per l'avvenire.
L'uomo che soffre è simile a un debitore che debba un'ingente somma, e al quale il creditore dica: “Se mi paghi oggi anche solo la centesima parte di ciò che mi devi, ti abbuono tutto il resto e sarai libero. Se non lo fai ti perseguiterò finché non avrai pagato fino all'ultimo centesimo». Non sarà forse contento il debitore di sopportare qualsiasi sacrificio pur di liberarsi pagando solamente la centesima parte del dovuto? Anziché lamentarsi del suo creditore, non gli dirà forse grazie?
Tale è il senso delle parole «Beati quelli che sono afflitti perché saranno consolati». Essi sono felici perché dopo aver saldato il debito saranno liberi. Ma se, pur saldando un debito da una parte, ci si indebiterà dall'altra, non si arriverà mai a essere liberi. Ora, ogni nuova colpa aumenta il debito, perché non ce n'è una sola, qualunque essa sia, che non comporti necessariamente la sua forzata e inevitabile punizione. Se non è oggi, sarà domani; se non sarà in questa vita, sarà in un'altra. Fra le colpe, bisogna mettere al primo posto la mancanza di sottomissione alla volontà di Dio. Dunque, se nelle afflizioni ci si lamenta, se non le si accetta con rassegnazione e come cosa meritata, se si accusa Dio di essere ingiusto, si contrae un nuovo debito che vanifica il vantaggio che si sarebbe potuto trarre dalla sofferenza. Ecco perché bisognerà ricominciare, esattamente come se, a un creditore che vi tormenta, voi pagaste il conto e allo stesso tempo contraeste altri debiti.
Al suo ingresso nel mondo degli Spiriti, l'uomo ancora è come l'operaio che si presenta il giorno della paga. Agli uni il padrone dirà: «Ecco il compenso della tua giornata lavorativa». Agli altri, ai privilegiati della Terra, a quelli che sono vissuti nell'ozio, che avranno riposto la loro felicità nelle soddisfazioni dell'amore per se stessi e delle gioie mondane, dirà: «A voi non spetta niente, perché avete già ricevuto il vostro salario sulla Terra. Andate e ricominciate il vostro compito».
Il suicidio e la follia
La diffusione delle idee materialistiche è dunque il veleno che insinua in moltissimi il pensiero del suicidio, e coloro che se ne fanno apostoli si assumono una terribile responsabilità. Con lo Spiritismo, non essendo più permesso alcun dubbio, l'aspetto della vita cambia. Il credente sa che la vita si prolunga indefinitamente oltre la tomba, ma in ben altre condizioni. Da qui la pazienza e la rassegnazione che distolgono in modo del tutto naturale dal pensiero del suicidio; da qui, in una parola, il coraggio morale.
ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI
Saper soffrire
18. Quando Gesù Cristo diceva: «Beati gli afflitti, perché è di loro il Regno dei Cieli», non alludeva a coloro che soffrono in generale, perché tutti quelli che si trovano su questa Terra soffrono, che si trovino su un trono o nella paglia. Ma purtroppo pochi soffrono nel modo giusto; pochi comprendono che sono le prove ben sopportate le sole che possano condurli al Regno di Dio. La sfiducia è una colpa; Dio rifiuta le consolazioni quando si manca di coraggio. La preghiera è un sostegno per l'anima, ma non basta: deve poggiare su una fede viva nella bontà di Dio. È stato sovente detto che Dio non manda un pesante fardello su spalle deboli, ma che il fardello è proporzionale alle forze, come la ricompensa sarà proporzionale alla rassegnazione e al coraggio. La ricompensa sarà tanto più grande quanto più l'afflizione sarà stata dolorosa. Però questa ricompensa bisogna meritarla, ed è per questo che la vita è piena di tribolazioni.
Il soldato che non venga mandato al fronte non è contento, perché il ritiro nell'accampamento non gli consente di avanzare. Siate dunque come il soldato e non auguratevi un riposo nel quale il vostro corpo si infiacchisca e la vostra anima si intorpidisca. Siate contenti quando Dio vi manda a combattere. Questo combattimento non è il fuoco del campo di battaglia, ma l'amarezza della vita, dove ci vuole a volte più coraggio che in una battaglia sanguinosa, perché chi può rimanere saldo di fronte al nemico, potrebbe invece piegarsi sotto la stretta di una pena morale. L'uomo non riceve assolutamente ricompensa per questo coraggio, ma Dio gli riserva corone e una sorte gloriosa. Quando vi coglie un motivo di pena o di contrarietà, cercate di superarlo, e quando sarete giunti a dominare gli impulsi dell'insofferenza, della collera o della disperazione, dite a voi stessi con giusta soddisfazione: «Sono stato io il più forte».
Beati gli afflitti può dunque essere inteso così: Beati quelli che hanno l'opportunità di dimostrare la loro fede, la loro fermezza, la loro perseveranza e la loro sottomissione alla volontà di Dio, perché avranno centuplicata la gioia che è loro mancata sulla Terra e perché dopo la fatica verrà il riposo.
(Lacordaire, Le Havre, 1863)
Il male e il rimedio
19. La vostra Terra è dunque un luogo di felicità, un paradiso di delizie? La voce del profeta non risuona più nelle vostre orecchie? Non ha forse Egli gridato che ci sarebbero stati pianti e digrignar di denti per coloro che nasceranno in questa valle di lacrime? Voi che verrete a viverci, aspettatevi dunque lacrime cocenti e pene amare. E più i vostri dolori saranno acuti e profondi, più rivolgetevi al Cielo e benedite il Signore di avervi voluto sottoporre alle prove!... Oh, uomini! Voi riconoscerete dunque la potenza del vostro Maestro solo quando avrà guarito le piaghe del vostro corpo e coronato i vostri giorni di beatitudine e di gioia! Voi riconoscerete dunque il Suo amore solo quando avrà ornato il vostro corpo di tutte le glorie, restituendogli il suo splendore e la sua purezza! Imitate colui che vi è stato dato come esempio. Arrivato all'ultimo gradino dell'abiezione e della miseria, si è sdraiato nel fango e ha detto a Dio: “Signore, ho conosciuto tutte le gioie dell'opulenza, e Voi mi avete ridotto nella più profonda miseria. Grazie, grazie, mio Dio, di avermi voluto mettere alla prova come vostro servitore!» Fino a quando i vostri sguardi si fermeranno all'orizzonte segnato dalla morte? Quando la vostra anima vorrà finalmente proiettarsi oltre i limiti della tomba? Anche se doveste piangere e soffrire tutta una vita, che cos'è questo in confronto alla gloria eterna riservata a colui che avrà sopportato la prova con fede, amore e rassegnazione? Cercate dunque le consolazioni ai vostri mali nel futuro che Dio vi prepara e la causa dei vostri mali nel passato. E voi che più soffrite, consideratevi come i beati della Terra.
Nella condizione di disincarnati, quando vi libravate nello spazio, voi stessi avete scelto le vostre prove, poiché vi siete creduti abbastanza forti per sopportarle. Perché adesso vi lamentate? Voi che avete chiesto fortuna e gloria, è stato per lottare contro la tentazione e vincerla. Voi che avete domandato di lottare con lo spirito e il corpo contro il male morale e fisico, è stato perché sapevate che quanto più la prova fosse stata dura, maggiormente la vittoria sarebbe stata gloriosa. Voi sapevate anche che, se ne foste usciti trionfatori, la vostra carne, pur se fosse stata gettata in una fogna, alla sua morte avrebbe lasciato emanare un'anima splendente di chiarore e ritornata pura in virtù del battesimo dell'espiazione e della sofferenza.
Quale rimedio dunque offrire a coloro che sono colti da crudeli ossessioni e da mali cocenti? Una cosa sola è infallibile: è la fede, è lo sguardo rivolto al Cielo. Se, al momento delle vostre più crudeli sofferenze, la vostra voce canta il Signore, l'angelo al vostro capezzale vi indicherà il segno della salvezza e il luogo che voi dovrete occupare un giorno... La fede è il rimedio sicuro della sofferenza. Essa mostra sempre gli orizzonti dell'infinito di fronte al quale svaniscono i pochi giorni bui del presente. Dunque non domandate più quale rimedio bisogna impiegare per guarire la tale ulcera o la tale piaga, la tale tentazione o la tale prova. Ricordatevi che chi crede ha nella fede la forza del rimedio e chi dubita per un solo secondo della sua efficacia viene immediatamente punito, poiché prova all'istante le pungenti angosce dell'afflizione.
Il Signore ha segnato con il suo suggello tutti coloro che credono in Lui. Cristo ha detto che è con la fede che si muovono le montagne, e io vi dico che chi soffre e avrà la fede come sostegno, verrà posto sotto la Sua egida e non soffrirà più. I momenti del massimo dolore saranno per lui le prime note di gioia dell'eternità. La sua anima si staccherà talmente dal suo corpo che, mentre questo si tormenterà nelle sue convulsioni, essa approderà nelle regioni celesti cantando con gli angeli gli inni della riconoscenza e della gloria del Signore.
Felici coloro che soffrono e che piangono! Si esaltino le loro anime nella gioia, perché saranno esaudite da Dio.
(Sant'Agostino, Parigi, 1863)
La felicità non è di questo mondo
20. Io non sono felice! La felicità non è fatta per me! Grida in genere l'uomo in qualsiasi posizione sociale si trovi. Ciò, figli miei, dimostra più di qualsiasi ragionamento la verità di questa massima dell'Ecclesiaste "la felicità non è di questo mondo". Infatti, né la fortuna né il potere e nemmeno la fiorente giovinezza sono condizioni essenziali per la felicità. Dirò di più: non lo sono neppure tutt'e tre riunite queste condizioni tanto invidiate, giacché, anche nelle classi più privilegiate, si sentono continuamente persone di tutte le età lamentarsi amaramente della loro condizione di vita.
Di fronte a ciò, è inconcepibile che le classi laboriose e militanti invidino con tanta cupidigia la posizione di coloro che la fortuna sembra aver favorito. In questo mondo ognuno, qualsiasi cosa faccia, ha la sua parte di fatica e di miseria, la sua parte di sofferenza e di delusioni. Per cui è facile giungere alla conclusione che la Terra è un luogo di prove e di espiazione.
Perciò coloro che predicano che la Terra è l'unico luogo di permanenza dell'uomo, e che solo qui, e in un'unica esistenza, gli è permesso di raggiungere il più alto grado di felicità che la sua natura comporti, costoro si ingannano e ingannano quanti danno loro ascolto, considerato che è dimostrato, da un'esperienza più che secolare, che questo globo non possiede, se non eccezionalmente, le condizioni necessarie per la completa felicità dell'individuo.
In senso generale, si può affermare che la felicità, in cerca della quale le generazioni via via si affannano senza poterla mai raggiungere, è un'utopia. Perché se su questa Terra l'uomo saggio è una rarità, l'uomo completamente felice lo è altrettanto.
Ciò in cui consiste la felicità sulla Terra è una cosa talmente effimera per chi non è guidato dalla saggezza, che per un anno, un mese, una settimana di completa soddisfazione, tutto il resto del tempo scorrerà in una sequela di amarezze e disillusioni. E notate, figli miei, che io parlo degli uomini felici della Terra, di coloro che sono invidiati dai più.
Di conseguenza, se la permanenza su questa Terra è destinata alle prove e all'espiazione, bisogna ben ammettere che esistono altrove dei soggiorni più favoriti, dove lo Spirito dell'uomo, ancora imprigionato nella materia, fruisce pienamente di tutte le gioie legate alla vita umana. È per questo che Dio ha seminato nel vostro sistema planetario i bei pianeti superiori verso i quali i vostri sforzi e le vostre tendenze vi faranno gravitare un giorno, quando sarete sufficientemente purificati e perfezionati.
Ciò nondimeno non deducete dalle mie parole che la Terra sai destinata eternamente alla penitenza. Assolutamente no! Dai progressi ottenuti voi potrete facilmente dedurre i progressi futuri e dai vantaggi sociali conquistati, nuovi e più fecondi miglioramenti. Tale è l'immenso compito che deve compiere la nuova dottrina che gli Spiriti vi hanno rivelato.
Pertanto, figli miei, che una santa emulazione vi animi e che ognuno di voi si spogli decisamente del vecchio uomo. Votatevi tutti alla diffusione dello Spiritismo che ha già incominciato la vostra stessa rigenerazione. È un dovere fare partecipi i vostri fratelli dello splendore della sacra luce. All'opera, dunque, figli miei carissimi! Che in questa riunione solenne tutti i vostri cuori aspirino allo scopo grandioso di preparare per le future generazioni un mondo in cui la felicità non sarà solo una vana parola.
(Fraçois-Nicolas-Madeleine, cardinale Morlot, Parigi, 1863)
Perdita di persone amate. Morti premature
21. Quando la morte cala la sua falce sulla vostra famiglia, portando via senza pietà i giovani prima degli anziani, voi dite spesso: Dio non è giusto perché sacrifica chi è forte e con tutto l'avvenire di fronte a sé, per conservare quelli che hanno già vissuto a lungo pieni di disillusioni; perché porta via quelli che sono utili e lascia quelli che non servono più; perché spezza il cuore di una madre privandola dell'innocente creatura che era tutta la sua gioia.
Uomini, è questo il momento in cui dovete elevarvi al di sopra dei criteri terreni della vita per comprendere che il bene si trova sovente là dove credete ci sia il male, che la saggia preveggenza è là dove credete si trovi la cieca fatalità del destino. Perché misurare la giustizia divina con il metro della vostra? Potete pensare che il Signore dei mondi voglia, per un semplice capriccio, infliggervi delle pene crudeli? Niente viene fatto senza uno scopo intelligente e, qualunque cosa accada, essa ha la sua ragion d'essere. Se voi analizzaste meglio tutti i dolori che vi colpiscono, vi trovereste sempre la ragione divina, una ragione rigeneratrice, e i vostri miserabili interessi sarebbero una considerazione secondaria che voi releghereste molto in basso.
Credetemi, la morte è preferibile, per un'incarnazione di vent'anni, a quelle vergognose sregolatezze che creano desolazione in famiglie onorate, spezzano il cuore di una madre e fanno anzitempo incanutire i capelli dei genitori. La morte prematura è sovente un grande favore che Dio accorda a chi se ne va, il quale si trova così salvaguardato dalle miserie della vita o dalle seduzioni che avrebbero potuto trascinarlo alla rovina. Chi muore nel fiore degli anni non è una vittima della fatalità, poiché Dio ha giudicato essere utile per lui non rimanere ancora sulla Terra.
Voi direte che è una terribile sventura che una vita, così piena di speranze, venga spezzata tanto presto! Di quali speranze volete parlare? Di quelle terrene, dove chi se ne va avrebbe potuto brillare, farsi la sua strada e la sua fortuna? Sempre questa ristretta visione che non riesce a elevarsi al di sopra della materia! Conoscete forse quale sarebbe stata la sorte di questa vita piena di speranze, secondo voi? Chi vi dice che non gli siano state risparmiate delle amarezze? Stimate così poco le speranze della vita futura da preferire quelle dell'effimera vita che trascinate sulla Terra? Pensate dunque che valga di più avere un posto importante fra gli uomini che fra gli Spiriti felici?
Rallegratevi, invece di lamentarvi, quando a Dio piace riprendersi uno dei Suoi figli da questa valle di lacrime. Non c'è dell'egoismo nell'augurarsi che rimanga qui a soffrire con voi? Ah! questo dolore è concepibile in chi non ha fede, in chi vede nella morte una separazione eterna. Ma voi, Spiritisti, voi sapete che l'anima vive meglio liberata del suo involucro fisico. Madri, voi sapete che i vostri benamati figli sono vicini a voi; sì, essi vi sono molto vicini; i loro corpi fluidici vi circondano, i loro pensieri vi proteggono, il vostro ricordo li riempie di gioia; mentre il vostro dolore irragionevole li affligge, poiché ciò denota una mancanza di fede e una ribellione contro la volontà di Dio.
Voi, che comprendete la vita spirituale, ascoltate i palpiti del vostro cuore chiamando i vostri cari e, se pregate Dio per benedirlo, sentirete in voi quelle consolazioni possenti che asciugano le lacrime, quelle aspirazioni portentose che vi mostreranno l'avvenire promesso dal sovrano Maestro.
(Sanson, ex membro della Società Spiritista di Parigi, 1863)
Se fosse stato un uomo dabbene, sarebbe morto
22. Voi dite sovente, parlando di un uomo cattivo, il quale riesca a sottrarsi a un pericolo: «Se fosse stato un uomo dabbene, sarebbe morto. Ebbene, dicendo ciò siete nel vero, perché effettivamente succede molto di frequente che Dio assegni a uno Spirito ancora giovane, sulla via del progresso, una prova più lunga che a uno Spirito buono, il quale, come ricompensa dei suoi meriti, riceverà il favore secondo cui la sua prova durerà il meno possibile. Perciò quando vi servite di questo assioma, non dubitate: state pronunciando un'ingiuria.
Se muore un uomo dabbene, vicino al quale viva un malvagio, vi affrettate a dire: «Sarebbe stato meglio che fosse capitato a lui». Siete grandemente in errore, perché chi parte ha finito il suo compito, e chi rimane forse non l'ha ancora neppure incominciato. Perché dunque volete che il cattivo non abbia il tempo di portarlo a termine e che l'altro rimanga ancorato alla zolla terrestre? Che ne direste di un prigioniero che avesse finito di espiare la sua colpa e che lo si trattenesse in prigione, mentre si dà la libertà a uno che non ne ha diritto? Sappiate dunque che la vera libertà sta nell'affrancamento dai legami del corpo e che finché siete sulla Terra vi trovate in cattività.
Abituatevi a non biasimare ciò che non riuscite a comprendere e convincetevi che Dio è giusto in tutto. Sovente ciò che vi sembra un male è un bene. Ma le vostre facoltà sono così limitate che l'insieme del grande tutto sfugge ai vostri sensi ottusi. Sforzatevi di uscire con il pensiero dalla vostra ristretta sfera, e, man mano che vi eleverete, la vita materiale perderà importanza ai vostri occhi, in quanto vi apparirà come un incidente, nella durata infinita della vostra esistenza spirituale, la sola vera esistenza.
(Fénelon, Sens, 1861)
I tormenti volontari
La vera sventura
24. Tutti parlano di sventura, tutti l'hanno provata e credono di conoscerne tutti i molteplici aspetti. Io vengo a dirvi che quasi tutti si sbagliano e che la vera sventura non è per niente quella che gli uomini, ossia gli sfortunati, suppongono. Essi la vedono nella miseria, nel focolare spento, nel creditore impietoso, nella culla senza l'angioletto che sorrideva, nelle lacrime, nel feretro che si segue a capo scoperto e il cuore infranto, nell'angoscia del tradimento, nella miseria dell'orgoglio che vorrebbe ammantarsi di porpora, ma che nasconde appena la sua nudità sotto i cenci della vanità. Tutto ciò e tante altre cose vengono chiamate sventura nel linguaggio umano. Sì, è sventura per coloro che vedono solo il presente. Ma la vera disgrazia è più nelle conseguenze di una cosa che nella cosa stessa.
Ditemi voi se l'avvenimento sul momento felicissimo, ma che abbia poi conseguenze funeste, non è in realtà più infelice di quello che in un primo tempo causa una viva contrarietà, ma finisce poi col produrre del bene. Ditemi voi se l'uragano che si abbatte sui vostri alberi, ma che bonifica l'aria dissipando i miasmi insalubri che avrebbero causato la morte, non è piuttosto una fortuna che una sventura.
Per giudicare una cosa bisogna dunque valutarne le conseguenze. Così, per apprezzare ciò che è realmente fortuna o sfortuna per l'uomo, bisogna trasferirsi oltre questa vita, perché è là che le conseguenze si fanno sentire. Ora, tutto ciò che si chiama sfortuna secondo una vista corta, finisce con la vita e trova il suo compenso nella vita futura.
Vi rivelerò ora la sventura sotto un nuovo aspetto, sotto l'aspetto bello e fiorito che voi accettate e desiderate con tutte le forze della vostra anima ingannata. La sventura è l'allegria, il piacere, lo scalpore, la vana agitazione. È la folle soddisfazione della vanità, che fa tacere la coscienza, che inibisce l'azione del pensiero, che stordisce l'uomo, che crea confusione riguardo al suo futuro. La sventura è l'oppio della dimenticanza che voi invocate a gran voce.
Sperate, o voi che piangete! Tremate, o voi che ridete perché il vostro corpo è soddisfatto! Non si inganna Dio. Non si schiva il destino. E le prove, creditrici più impietose di un gruppo di rivoltosi scatenati dalla miseria, spiano il vostro riposo ingannatore per farvi piombare improvvisamente nell'agonia della vera sventura, quella che sorprende l'anima infiacchita dall'indifferenza e dall'egoismo.
Che lo Spiritismo vi illumini dunque e riporti alla loro vera luce verità ed errori, così stranamente svisati dalla vostra cecità! Allora voi agirete come dei bravi soldati che, lungi dal fuggire il pericolo, preferiscono la lotta dei combattimenti rischiosi alla pace che non può dare loro né gloria né avanzamento. Che importa al soldato perdere nella mischia le sue armi, l'equipaggiamento e la divisa, se ne esce vincitore e con gloria? Che importa a colui che ha fede nell'avvenire lasciare sul campo di battaglia della vita la sua fortuna e il suo mantello di carne, se la sua anima entra radiosa nel Regno Celeste?
(Delphine de Girardin, Parigi, 1861)
La malinconia
Credetemi, resistete energicamente a queste suggestioni che fiaccano la vostra volontà. L'aspirazione a una vita migliore è innata nello Spirito di tutti gli uomini, ma non cercatela in questo mondo. Adesso che Dio vi manda i suoi Spiriti per istruirvi circa la felicità che vi riserva, aspettate pazientemente l'angelo della liberazione, che vi aiuterà a spezzare i legami che tengono il vostro Spirito in cattività. Pensate che durante il vostro periodo di prova sulla Terra voi dovete compiere una missione — di cui non avete consapevolezza — sia dedicandovi alla vostra famiglia, sia compiendo i vari doveri che Dio vi ha assegnato. E se, nel corso di queste prove e assolvendo i vostri impegni, voi avvertite affanni, inquietudini e dolori abbattersi su di voi, siate forti e coraggiosi nel sopportarli. Affrontateli con determinazione. Sono di breve durata e vi condurranno da quegli amici di cui piangete la morte, che saranno felici del vostro arrivo fra di loro. Essi vi tenderanno le braccia per condurvi in un luogo dove non hanno assolutamente accesso gli affanni della Terra.
(François de Genève, Bordeaux)
Prove volontarie. Il vero cilicio
Questa domanda ne richiama naturalmente un'altra. Poiché Gesù ha detto: «Beati gli afflitti», c'è forse del merito nel cercare le afflizioni aggravando le proprie prove con sofferenze volontarie? A ciò io risponderò molto chiaramente: «Sì, c'è un grande merito quando le sofferenze e le privazioni hanno come scopo il bene del prossimo, poiché si tratta di carità attraverso il sacrificio. No, quando hanno come scopo solo se stessi, perché allora si tratta di egoismo attraverso il fanatismo».
C'è qui una grande distinzione da fare. Da parte vostra, personalmente, accontentatevi delle prove che Dio vi manda e non appesantite il carico a volte già ponderoso di per se stesso. Accettatele senza lamentarvi e con fede: ciò è tutto quello che Egli vi domanda. Non indebolite il vostro fisico con privazioni inutili e macerazioni senza scopo, perché voi avete bisogno di tutte le, vostre forze per compiere la vostra missione di lavoro sulla Terra. Torturare volontariamente e martirizzare il proprio corpo è contravvenire alla legge di Dio, che vi dà i mezzi per sostentarlo e fortificarlo. Indebolirlo senza necessità è un vero suicidio. Usate, ma non abusate: questa è la legge. L'abuso delle cose migliori comporta, come inevitabile conseguenza, una punizione.
Altro è per le sofferenze che vi imponete per essere di aiuto al prossimo. Sopportando il freddo e la farne per riscaldare o nutrire chi ne ha bisogno, se il vostro fisico ne soffre, ecco il sacrificio benedetto da Dio. Voi che lasciate i vostri salotti profumati per andare nei maleodoranti abbaini a portare consolazione; voi che infettate le vostre delicate mani curando le piaghe; voi che vi private del sonno per vegliare al capezzale di un malato che non è che vostro fratello in Dio; voi infine che approfittate della vostra salute compiendo opere buone, ecco il vostro cilicio, un vero cilicio di benedizioni, perché le gioie del mondo non hanno affatto inaridito il vostro cuore. Voi non vi siete addormentati nelle braccia delle logoranti voluttà della buona sorte, ma vi siete fatti angeli consolatori dei poveri diseredati.
Ma voi che vi allontanate dal mondo per evitare le sue seduzioni e per vivere nell'isolamento, di quale utilità siete sulla Terra? Dov'è il vostro coraggio per le prove, dal momento che fuggite la lotta e disertate il combattimento? Se volete un cilicio, applicatelo alla vostra anima e non al vostro corpo; mortificate il vostro Spirito e non la vostra carne; fustigate il vostro orgoglio; accettate le umiliazioni senza lamentarvi; calpestate il vostro amor proprio; irrigiditevi contro il dolore infetto dall'ingiuria e dalla calunnia, ben più acuto del dolore fisico. Ecco il vero cilicio, delle cui ferite si terrà conto, perché attesteranno il vostro coraggio e la vostra sottomissione alla volontà di Dio.
(Un angelo custode, Parigi, 1863)
Dobbiamo porre fine alle prove del nostro prossimo?
27. Si deve porre, ine alle prove del prossimo, quando si può, oppure bisogna, per rispetto ai disegni di Dio, lasciare che esse seguano il loro corso?
Abbiamo detto, e più volte ripetuto, che voi siete su questa Terra di espiazione per compiere le vostre prove, e che tutto ciò che vi succede è una conseguenza delle vostre esistenze precedenti, sono cioè gli interessi del debito che voi dovete pagare. Ma questo pensiero provoca in certe persone delle riflessioni che è necessario interrompere, perché potrebbero avere delle conseguenze funeste.
Alcuni pensano che, dal momento che si è sulla Terra per espiare, bisogna che le prove facciano il loro corso. Ci sono persino alcuni che arrivano a credere che non solo non si deve fare niente per attenuarle, ma che al contrario bisogna adoperarsi per renderle più proficue, facendole diventare più gravi. È un grosso errore. Sì, le vostre prove devono seguire il corso tracciato da Dio, ma voi lo conoscete questo corso? Sapete fino a che punto devono giungere, e se il vostro Padre misericordioso non ha detto alla sofferenza del tale o talaltro dei vostri fratelli: «Tu non andrai oltre»? Sapete se la 'sua Provvidenza non vi ha scelti, non come strumento di supplizio per aggravare le sofferenze del colpevole, ma proprio come balsamo di consolazione che deve cicatrizzare le piaghe aperte dalla la sua giustizia?
Non dite dunque, quando vedete un vostro fratello colpito: «Èla giustizia di Dio, deve seguire il suo corso», ma al contrario dite: ,Vediamo quali mezzi il nostro Padre misericordioso ha messo in mio potere per alleviare la sofferenza del mio fratello. «Vediamo se il mio conforto morale, il mio appoggio materiale, i miei consigli non potranno aiutarlo a superare questa prova con più forza, pazienza e rassegnazione. Vediamo anche se Dio non ha messo nelle mie mani il mezzo per far cessare queste sofferenze; se non ha dato anche a me come prova, forse come espiazione, quella di fermare il male e di sostituirlo con la pace».
Aiutatevi dunque sempre nelle vostre rispettive prove e non consideratevi mai degli strumenti di tortura. Questo pensiero deve ripugnare a ogni uomo di buon animo e soprattutto a ogni Spiritista; perché lo Spiritista, più di ogni altro, deve comprendere la_ grandezza infinita della bontà di Dio. Lo Spiritista deve pensare che tutta la sua vita dev'essere un atto d'amore e di dedizione; che, qualsiasi cosa egli faccia per contrastare le decisioni del Signore, la Sua giustizia seguirà comunque il suo corso. Egli può quindi, senza tema, fare tutti gli sforzi che vuole per attenuare l'amarezza dell'espiazione, ma è solo Dio che può farla cessare o prolungarla secondo quanto giudichi opportuno.
Non sarebbe forse un ben grande orgoglio da parte dell'uomo, se egli credesse di essere in diritto, per così dire, di girare il coltello nella piaga? Di aumentare la dose di veleno nel petto di colui che soffre, con il pretesto che quella è la sua espiazione? Oh! consideratevi sempre e soltanto come uno strumento scelto per farla cessare.
Riassumendo: voi siete tutti sulla Terra per espiare; ma tutti, senza eccezione, dovete sforzarvi per alleviare l'espiazione dei vostri fratelli, secondo la legge d'amore e di carità.
(Bernardin, Spirito protettore, Bordeaux, 1863)
È lecito accorciare la vita di un paziente che soffre senza speranza di guarigione?
Chi dunque vi dà il diritto di precedere il disegno di Dio? Non potrebbe Dio condurre un uomo sull'orlo della fossa per poi riportarlo indietro, farlo ritornare in sé e condurlo ad altri pensieri? In qualsiasi condizione si trovi un moribondo, nessuno può stabilire che la sua ultima ora sia arrivata. La scienza non ha mai commesso errori nelle sue previsioni?
So benissimo che ci sono dei casi che si possono, con ragione, considerare disperati; ma, se è vero che non c'è nessuna speranza fondata di un ritorno definitivo alla vita e alla salute, è altrettanto vero che ci sono innumerevoli esempi in cui, nel momento di rendere l'estremo respiro, il malato si rianima e recupera le sue facoltà per qualche istante! Ebbene, questo momento di grazia che gli viene accordato può essere per lui della massima importanza, perché voi ignorate quali riflessioni può aver fatto il suo Spirito nelle convulsioni dell'agonia, e quali tormenti può risparmiargli un lampo di pentimento.
Il materialista, che considera solo il corpo e non tiene in nessun conto l'anima, non può comprendere queste cose. Ma lo Spiritista, che sa che cosa succede oltre la tomba, sa quanto può valere l'ultimo pensiero. Attenuate le sofferenze quanto più vi è possibile, ma guardatevi dall'abbreviare la vita, fosse anche di un minuto, perché questo minuto può risparmiare tante lacrime in futuro.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Sacrificio della propria vita
29. Chi è disgustato della vita, ma non vuole togliersela, si rende colpevole se cerca la morte sul campo di battaglia, pensando di rendersi utile con la sua morte?Che l'uomo si dia la morte o che se la faccia dare, lo scopo è sempre quello di abbreviare la vita e, di conseguenza, è un suicida nelle intenzioni se non nei fatti. Il pensiero che la sua morte servirà a qualcosa è illusorio; è solo un pretesto per mascherare la sua azione e renderla scusabile ai suoi stessi occhi. Se egli avesse seriamente il desiderio di servire il suo paese, cercherebbe di difenderlo vivendo e non morendo, perché una volta morto non servirebbe più a niente. La vera abnegazione consiste nel non temere la morte quando si tratta di essere utili, nello sfidare il pericolo, nell'essere disponibili, senza recriminazioni, al sacrificio della propria vita, se ciò è necessario. Ma l'intenzione premeditata di cercare la morte esponendosi al pericolo, sia pure per rendere un servigio, vanifica il merito dell'azione.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Dal momento che l'intenzione di cercare la morte non c'è, non è un suicidio, bensì dedizione e abnegazione, sia pure con la certezza di perire. Ma chi può avere questa certezza? Chi dice che la Provvidenza non gli riservi un mezzo insperato di salvezza nel momento più critico? Non può essa persino salvare chi si trovi sulla bocca di un cannone? Sovente essa vuol portare la prova della rassegnazione fino all'estremo limite, e solo allora una circostanza inattesa devia il colpo fatale.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Approfitta della sofferenza per gli altri
31. Coloro che accettano le sofferenze con rassegnazione, per sottomissione alla volontà di Dio e in vista della loro felicità futura, non lavorano che per se stessi. Possono rendere le loro sofferenze vantaggiose per gli altri?
Queste sofferenze possono essere vantaggiose per gli altri materialmente e moralmente. Materialmente se, con il lavoro, le privazioni e i sacrifici che essi s'impongono, contribuiscono al benessere materiale del loro prossimo. Moralmente, per l'esempio che essi danno della loro sottomissione alla volontà di Dio. Questo esempio della potenza della fede spiritista può sollecitare negli infelici la rassegnazione, salvarli dalla disperazione e dalle sue funeste conseguenze per l'avvenire.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Capitolo VI - IL CRISTO CONSOLATORE
Il giogo leggero
Tuttavia Gesù pone una condizione alla sua assistenza e alla felicità che promette agli afflitti. Questa condizione si trova nella legge che Egli insegna. Il suo giogo è l'osservanza di questa legge. Ma questo giogo è leggero e questa legge è dolce, poiché impone, come dovere, l'amore e la carità.
Il Consolatore promesso
Lo Spiritismo giunge nel momento designato a compiere la promessa di Cristo. Lo Spirito della Verità presiede alla sua fondazione, richiama gli uomini all'osservanza della legge, insegna tutto facendo comprendere ciò che Cristo ha detto in forma di parabola. Cristo ha detto: «Chi ha orecchi per intendere, intenda». Lo Spiritismo viene per aprire gli occhi e gli orecchi, perché parla senza simboli e senza allegorie. Solleva il velo lasciato di proposito su certi misteri. Viene infine a portare una suprema consolazione ai diseredati della Terra e a tutti quelli che soffrono, indicando una causa giusta e un fine utile a tutti i dolori.
Cristo ha detto: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati», ma come possono gli afflitti sentirsi felici se non sanno perché soffrono?
Lo Spiritismo ce ne mostra le cause, le quali risalgono alle esistenze precedenti e sono insite nella destinazione della Terra, dove l'uomo espia il suo passato. Ce ne mostra il fine, in quanto le sofferenze sono salutari come le crisi, che conducono alla guarigione e sono la purificazione che assicura la felicità nelle esistenze future. L'uomo comprende che ha meritato di soffrire e trova giusta la sofferenza. Sa che questa sofferenza aiuta il suo avanzamento e l'accetta senza lamentarsi, come l'operaio accetta il lavoro che gli frutta un salario. Lo Spiritismo dà all'uomo una fede incrollabile nel futuro, e il dubbio angosciante non ha più presa nel suo animo facendogli vedere le cose dall'alto. L'importanza delle vicissitudini terrene si perde nel vasto e splendido orizzonte che egli abbraccia, e la prospettiva della felicità che lo attende gli dà la pazienza, la rassegnazione e il coraggio per proseguire fino alla fine del cammino.
Così lo Spiritismo realizza ciò che Gesù ha detto del Consolatore promesso: la conoscenza delle cose, che fa sì che l'uomo sappia da dove viene, dove va e perché è sulla Terra; richiamo questo ai veri principi della legge di Dio e consolazione attraverso la fede e la speranza.
ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI
Avvento dello Spirito della Verità
Ma gli uomini ingrati si sono allontanati dalla via retta e larga che conduce al regno del Padre mio e si sono persi negli impervi sentieri dell'empietà. Il Padre mio non vuole annientare l'umanità. Vuole che, aiutandovi gli uni con gli altri, vivi e morti — ossia morti nella carne, perché la morte non esiste — vi soccorriate a vicenda. Vuole che sia non più la voce dei profeti e degli apostoli, ma la voce di coloro che sono defunti a farsi ascoltare, per gridarvi: pregate e credete! Perché la morte è la resurrezione, e la vita è la prova che è stata scelta e durante la quale le vostre virtù, esercitandosi, cresceranno e si svilupperanno come il cedro.
Uomini deboli, che comprendete le tenebre della vostra intelligenza, non allontanate la fiaccola che la clemenza divina pone nelle vostre mani, per far luce sulla vostra strada, e ricondurvi, figli perduti, nel rifugio del Padre vostro.
Ho troppa compassione delle vostre miserie, della vostra immensa debolezza, per non tendere la mia mano soccorritrice agli infelici dispersi che, pur vedendo il cielo, cadono nell'abisso dell'errore. Credete, amate, meditate le cose che vi vengono rivelate; non mescolate la gramigna con il grano buono, le utopie con le verità.
Spiritisti! Amatevi, ecco il primo insegnamento; istruitevi, ecco il secondo. Tutte le verità si trovano nel Cristianesimo; gli errori, radicati, sono di origine umana; ed ecco che dall'oltretomba, che voi credete sia il nulla, giungono voci che vi gridano: «Fratelli! Nulla perisce. Gesù Cristo è il vincitore del male, siate voi i vincitori dell'empietà».
(Lo Spirito della Verità, Parigi, 1860)
Operai, tracciate il vostro solco, ricominciate ogni giorno il duro lavoro del giorno prima. La fatica delle vostre mani procura il pane terreno ai vostri corpi, ma le vostre anime non vengono dimenticate. E io, il divino giardiniere, le coltivo nel silenzio dei vostri pensieri. Quando l'ora del vostro riposo suonerà, quando la trama vi sfuggirà di mano e i vostri occhi si chiuderanno alla luce, voi sentirete sorgere e germogliare in voi la mia preziosa semente. Niente viene perso nel Regno del Padre nostro, e il vostro sudore, le vostre miserie costituiscono il tesoro che deve rendervi ricchi nelle sfere superiori, dove la luce sostituisce le tenebre e dove il più miserabile di tutti voi sarà forse il più risplendente.
In verità vi dico Che quelli che portano il loro fardello e assistono i loro fratelli sono i miei benamati. Istruitevi nella preziosa dottrina che dissipa l'errore della rivolta e vi insegna lo scopo sublime. della prova umana. Come il vento porta via la polvere, così il soffio degli Spiriti dissipa la vostra gelosia nei confronti dei ricchi del mondo, che sono sovente molto miserabili, perché le loro prove sono più pericolose delle vostre. Io sono con voi, e il mio apostolo vi istruisce. Abbeveratevi alla fonte viva dell'amore e preparatevi, prigionieri della vita, a lanciarvi un giorno, liberi e felici, nelle braccia di Colui che vi ha creati deboli per rendervi perfettibili e che vuole che modelliate voi stessi la tenera creta, affinché siate voi gli artefici della vostra immortalità.
(Lo Spirito della Verità, Parigi, 1861)
(Lo Spirito della Verità, Bordeaux, 1861)
(Lo Spirito della Verità, Le Havre, 1863)
Capitolo VII - BEATI I POVERI DI SPIRITO
Che cosa bisogna intendere per poveri di spirito
Gli uomini di scienza e di intelletto, secondo i parametri terreni, hanno generalmente una così alta considerazione di se stessi e della loro superiorità, che ritengono le cose divine non degne della loro attenzione. Il loro sguardo, concentrato sulla persona, non può elevarsi fino a Dio. Questa propensione a credersi al di sopra di tutto li porta troppo spesso a negare ciò che, essendo al di sopra di loro, potrebbe sminuirli, e a negare persino la Divinità. Oppure, se arrivano ad ammettere la Divinità, le contestano uno dei suoi attributi più belli: la sua azione provvidenziale sulle cose del mondo, persuasi che essi soltanto siano sufficienti per ben governarlo. Prendendo la loro intelligenza come metro dell'intelligenza universale e, giudicandosi all'altezza di comprendere tutto, essi non credono sia possibile ciò che non comprendono. Una volta pronunciato, il loro giudizio è per loro senza appello.
Se rifiutano di ammettere il mondo invisibile e una potenza al di sopra dell'uomo, non è detto che ciò sia però al di sopra della loro portata. Il fatto è che il loro orgoglio si ribella all'idea di qualcosa al di sopra del quale non possono porsi e che li farebbe scendere dal loro piedistallo. È per questo che essi hanno solo sorrisi di sufficienza per tutto ciò che non è del mondo visibile e tangibile. Si attribuiscono troppa superiorità e sapienza per credere a cose che vanno bene, secondo loro, per i semplici, ritenendo quelli che le prendono sul serio dei poveri di spirito.
Tuttavia, checché ne dicano, dovranno pur entrare, come gli altri, in questo mondo invisibile che scherniscono. È là che i loro occhi si apriranno, è là che prenderanno atto del loro errore. Ma Dio, che è giusto, non può ricevere allo stesso titolo chi ha disconosciuto la Sua potenza e chi si è umilmente sottomesso alle Sue leggi né trattare tutti allo stesso modo.
Affermando che il Regno dei Cieli è dei semplici, Gesù intende dire che nessuno vi è ammesso senza la semplicità del cuore e l'umiltà dello spirito; intende dire che l'ignorante, il quale possiede queste qualità, sarà preferito al sapiente, il quale crede più in se stesso che in Dio. In tutte le circostanze, Egli pone l'umiltà fra le virtù che avvicinano a Dio e l'orgoglio fra i vizi che da Dio allontanano. E ciò per una ragione molto evidente: perché l'umiltà è un atto di sottomissione a Dio, mentre l'orgoglio è una ribellione contro di Lui. È meglio dunque, per la felicità futura dell'uomo, essere povero di spirito, nel senso mondano del termine, e ricco di qualità morali.
Chiunque si esalti, sarà umiliato
È lo stesso concetto fondamentale che si trova in altre massime: «Chiunque vorrà essere grande tra di voi sarà vostro servitore», e in questa: «Chi si abbassa sarà innalzato».
Lo Spiritismo viene a confermare la teoria con l'esempio, mostrandoci, nel mondo degli Spiriti, grandi coloro che sono stati piccoli sulla Terra, e sovente molto piccoli quelli che sono stati in questo mondo i più grandi e i più potenti. Il fatto è che i primi hanno portato con sé, morendo, ciò che fa la vera grandezza in Cielo e non si perde mai: la virtù. Mentre gli altri hanno dovuto lasciare ciò che costituiva per loro la grandezza sulla Terra e che non hanno potuto portare con sé: la fortuna, i titoli, il successo, i privilegi di nascita. Non avendo altro, arrivano nell'Aldilà spogli di tutto, come dei naufraghi che hanno perduto ogni cosa, persino gli abiti. Essi conservano solo l'orgoglio che rende la loro nuova condizione ancora più umiliante, perché vedono al di sopra di sé, e risplendenti di gloria, quelli che hanno calpestato sulla Terra.
Lo Spiritismo ci mostra un'altra applicazione di questo principio nelle incarnazioni successive, dove coloro che si sono trovati nella condizione più elevata in un'esistenza vengono relegati all'ultimo livello nell'esistenza successiva, se sono stati dominati dall'orgoglio e dall'ambizione. Pertanto non cercate il primo posto sulla Terra né di mettervi al di sopra degli altri, se non volete vedervi costretti a scendere. Cercate, al contrario, il posto più umile e più modesto, perché Dio saprà ben darvene uno più elevato in Cielo, se lo meritate.
Misteri nascosti ai sapienti e ai saggi
La potenza di Dio risplende nelle cose più piccole come nelle più grandi. Egli non mette la fiaccola sotto il moggio, affinché la sua luce si diffonda ovunque. Ciechi dunque sono coloro che non la vedono. Dio non vuole aprir loro gli occhi per forza, visto che a loro piace tenerli chiusi. Verrà il loro turno, ma bisogna che prima provino l'angoscia delle tenebre e riconoscano Dio, e non il caso, nella mano che con duri colpi spezza il loro orgoglio. Dio, per vincere l'empietà, impiega i mezzi che più convengono a ognuno di noi. Non spetta al miscredente prescriverGli quello che deve fare, e dirGli: «Se volete convincermi, mi dovete prendere nel tale o talaltro modo, in un certo momento piuttosto che in un altro, perché questo è il momento per me più conveniente».
Non si meraviglino dunque i miscredenti se Dio e gli Spiriti, che sono gli agenti della Sua volontà, non si sottomettono alle loro esigenze. Si domandino invece che cosa direbbero se l'ultimo dei loro sottoposti volesse imporsi a loro. Dio impone le condizioni e non le subisce. Ascolta con bontà quelli che si rivolgono a Lui umilmente e non coloro che credono di essere superiori a Lui.
Istruzioni Degli Spiriti
L'orgoglio e l'umiltà
Ai poveri Spiriti, che un tempo abitarono sulla Terra, Dio affida la missione di venire a illuminarvi. Benedetto sia per la grazia che ci accorda di aiutarvi a migliorare. Che lo Spirito Santo mi Illumini e mi aiuti a rendere la mia parola comprensibile e mi faccia la grazia di metterla alla portata di tutti! Voi, incarnati tutti, che siete in pena e cercate la luce. che la volontà di Dio mi sia di aiuto per farla risplendere ai vostri occhi!
L'umiltà è una virtù fra voi molto dimenticata. I grandi esempi che vi sono stati dati sono ben poco seguiti e, tuttavia, senza l'umiltà potete voi forse essere caritatevoli verso il vostro prossimo? Certamente no, perché questo sentimento mette tutti gli uomini sullo stesso piano, dice loro che sono tutti fratelli, che devono aiutarsi l'un l'altro, e li conduce al bene. Senza umiltà, vi credete adorni di virtù che non avete, come se indossaste un abito per nascondere le deformità del vostro corpo. Ricordatevi di Colui che ci ha salvato; ricordatevi dell'umiltà che l'ha fatto così grande e l'ha posto al di sopra di tutti i profeti.
L'orgoglio è il terribile avversario dell'umiltà. Se Cristo prometteva il Regno dei Cieli ai più poveri, è perché i grandi della Terra immaginano che i titoli e le ricchezze siano ricompense date per i loro meriti e che la loro essenza è più pura di quella del povero. Credono che quanto hanno è loro dovuto ed è per questo che, quando Dio toglie loro qualcosa, Lo accusano di ingiustizia. Pura cecità! Per caso Dio fa delle distinzioni riguardo al corpo? L'involucro del povero non è uguale a quello del ricco? Il Creatore ha fatto forse due specie di uomini? Tutto ciò che Dio fa è grande e saggio. Non attribuitegli mai le idee che sorgono nel vostro cervello di uomini orgogliosi.
Oh, ricco! Mentre tu dormi nelle tue stanze dorate al riparo dal freddo, sai quante migliaia di tuoi fratelli, che valgono quanto te, giacciono sulla paglia? L'infelice che patisce la fame non è uguale a te? A queste parole, lo so bene, il tuo orgoglio si ribella. Tu arrivi a fargli l'elemosina, ma mai a stringergli la mano fraternamente, mai! Come — dirai — io, discendente da nobile stirpe, grande della Terra, sarei uguale a questo miserabile vestito di cenci! Vana utopia di sedicenti filosofi! Se siamo uguali, perché Dio avrebbe permesso che costui fosse così in basso e io tanto in alto?” È vero che le vostre vesti non si assomigliano affatto. Ma se voi ne foste entrambi spogliati, quale sarebbe la differenza? La nobiltà del sangue, dirai tu. Ma la chimica non ha mai trovato nessuna differenza fra il sangue di un grande signore e quello di un plebeo, fra quello del padrone e quello del suo servitore. Chi ti dice che tu pure non sia stato miserabile e infelice come lui? Che anche tu non abbia chiesto l'elemosina? Che non la chiederai un giorno proprio allo stesso individuo che oggi disprezzi? Le ricchezze sono forse eterne? Non finiscono forse con il corpo, involucro transitorio del tuo Spirito? Oh, ritorna a essere umile! Getta finalmente uno sguardo sulla realtà delle cose di questo mondo, su ciò che costituisce la tua grandezza e la miseria nell'altro. Ricordati che la morte non risparmierà te più di un altro; che i tuoi titoli non la eviteranno; che la morte può colpirti domani, oggi, nel giro di un'ora; e se tu insisti nel tuo orgoglio, oh, allora ti compiango, perché sei degno solo di pietà!
Orgogliosi! Che cosa eravate prima di essere nobili e potenti? Forse eravate più in basso dell'ultimo dei vostri servi. Chinate dunque la vostra fronte altera, che Dio può piegare nel momento in cui voi l'alzate di più. Tutti gli uomini sono uguali sulla bilancia divina; solo le virtù li distinguono agli occhi di Dio. Tutti gli Spiriti sono della stessa essenza, e tutti i corpi sono composti della stessa materia. I vostri titoli e il vostro nome non la cambiano minimamente, rimangono nella tomba e non sono essi che danno la felicità promessa agli eletti. La carità e l'umiltà sono i soli titoli di nobiltà.
Povera creatura, tu sei una madre! I tuoi bambini soffrono. Hanno freddo. Hanno fame. Tu vai, sotto il peso della tua croce, a umiliarti per procurare loro un pezzo di pane. Oh, io m'inchino davanti a te! Come sei nobilmente santa e grande ai miei occhi! Spera e prega: la felicità non è ancora di questo mondo. Ai poveri oppressi e fiduciosi in Dio, Egli dà il Regno dei Cieli.
E tu, ragazza, povera piccola votata al lavoro e alle privazioni, perché questi tristi pensieri? Perché piangi? Che il tuo sguardo si alzi devoto e sereno verso Dio, che dà il mangime agli uccellini. Abbi fiducia in Lui, ed Egli non ti abbandonerà. Il frastuono delle feste e dei piaceri del mondo fa battere il tuo cuore. Vorresti anche tu adornare il capo di fiori e confonderti con i felici della Terra. Dici a te stessa che anche tu, come quelle signore che vedi passare sorridenti e spensierate, potresti essere ricca! Oh, taci, ragazza! Se tu sapessi quante lacrime e dolori, che non si conoscono, sono nascosti sotto questi abiti ricamati, quanti singhiozzi vengono soffocati dal suono di questa orchestra gioiosa, preferiresti il tuo umile rifugio e la tua povertà. Conservati pura agli occhi del Signore, se non vuoi che il tuo angelo custode ritorni da Lui, il volto nascosto sotto le bianche ali, e ti lasci ai tuoi rimorsi, senza guida e senza sostegno, in questo mondo, dove ti troverai perduta in attesa di essere punita nell'altro.
E voi tutti, che soffrite per le ingiustizie degli uomini, siate indulgenti con gli errori dei vostri fratelli, dicendo a voi stessi che neppure voi siete senza peccato: è una questione di carità, ma anche di umiltà. Se soffrite per delle calunnie, abbassate la fronte sotto queste prove. Che vi importa delle calunnie del mondo? Se la vostra condotta è pura, Dio non può non ricompensarvi. Sopportate con coraggio le umiliazioni degli uomini: bisogna essere umili e riconoscere che solo Dio è grande e potente.
Oh, mio Dio! Sarà necessario che Cristo ritorni un'altra volta su questa Terra per insegnare agli uomini le Tue leggi, che essi hanno dimenticato? Dovrà ancora Egli scacciare i mercanti dal tempio, i quali infangano la Sua casa che è solo luogo di preghiera? Oh uomini, chissà, se Dio vi accordasse questa grazia, può darsi che voi la rinneghereste come un tempo. Lo chiamereste blasfemo, perché piegherebbe l'orgoglio dei moderni Farisei, e forse Gli fareste rifare il cammino del Golgota.
Quando Mosè andò sul Monte Sinai per ricevere i comandamenti di Dio, il popolo di Israele, lasciato a se stesso, abbandonò il vero Dio. Uomini e donne offrirono il loro oro e i loro gioielli per farsi un idolo che adorarono. Uomini civilizzati, voi fate come loro. Cristo vi ha lasciato la Sua dottrina, vi ha dato l'esempio di tutte le virtù, e voi avete trascurato esempio e precetti. Portando ognuno di voi le proprie passioni, vi siete fatti un dio a vostro piacimento: secondo alcuni terribile e sanguinano, secondo altri incurante degli interessi del mondo. Il dio che vi siete fatti è di nuovo il vitello d'oro che ognuno adatta ai propri gusti e alle proprie idee.
Ritornate in voi, fratelli miei, miei amici! Che la voce degli Spiriti tocchi il vostro cuore! Siate generosi e caritatevoli senza ostentazione, ossia fate il bene con umiltà! Che ognuno demolisca, a poco a poco, gli altari innalzati al proprio orgoglio. In una parola, siate dei veri cristiani e guadagnerete il regno della verità. Non dubitate della bontà di Dio, dato che vi dà tante prove. Siamo venuti a preparare il cammino per il compiersi delle profezie. Quando il Signore vi offrirà una manifestazione più evidente della Sua clemenza, che l'inviato celeste trovi in voi solo una grande famiglia; che i vostri cuori siano dolci, umili e degni di intendere la parola divina, che egli verrà a portare; che l'eletto trovi sul suo cammino solo le palme adagiate per il vostro ritorno al bene, alla carità, alla fraternità. E allora il vostro mondo diventerà il paradiso terrestre. Ma se voi rimanete insensibili alla voce degli Spiriti inviati per purificarvi, ricalcate la vostra società civile, ricca di scienza e così povera di buoni sentimenti. Ahimè! Non ci rimarrebbe che piangere e gemere sulla vostra sorte. Ma no, non sarà così. Ritornate a Dio, vostro Padre, e allora noi tutti, che ci siamo adoperati per il compiersi della Sua volontà, intoneremo il cantico di ringraziamento al Signore per la Sua inesauribile bontà e per glorificarlo nei secoli dei secoli. Così sia.
(Lacordaire, Constantine, 1863)
Il malessere diventa generale. Allora con chi prendersela se non con voi stessi che cercate continuamente di schiacciarvi l'un l'altro? Non potete essere felici senza mutua benevolenza, e come può esserci la benevolenza se c'è l'orgoglio? L'orgoglio, ecco l'origine di tutti i vostri mali. Impegnatevi dunque a distruggerlo, se non volete perpetuarne le funeste conseguenze. Un solo mezzo vi viene offerto per questo, ma questo mezzo è infallibile e consiste nel prendere come regola costante della vostra condotta la legge di Cristo, legge che voi avete rigettata o di cui avete falsato l'interpretazione.
Perché tenete in così alta stima ciò che brilla e affascina i vostri occhi, invece di ciò che tocca il cuore? Perché il vizio che si sviluppa nell'opulenza è oggetto della vostra adulazione, mentre avete solo uno sguardo di sufficienza per il vero ma oscuro merito? Basta che un ricco dissoluto, perso nel corpo e nell'anima, bussi, perché tutte le porte gli vengano aperte, tutte le attenzioni siano per lui, mentre l'uomo dabbene, che vive del suo lavoro, viene degnato solo di un saluto accondiscendente. Quando la considerazione che si accorda alle persone viene misurata secondo il peso dell'oro che possiede o per il nome che porta, quale interesse potrebbe mai esserci a correggere i propri difetti?
Sarebbe ben differente se il vizio dorato venisse fustigato dall'opinione pubblica come il vizio del miserabile. Ma l'orgoglio è indulgente verso tutto ciò che lo seduce. Tempi di cupidigia e di denaro, direte voi. Senza dubbio, ma perché avete lasciato che i bisogni materiali sconfinassero nel campo del buon senso e della ragione? Perché ognuno vuole stare al di sopra del proprio fratello? Oggi, la società ne subisce così le conseguenze.
Non dimenticate: tale stato di cose è sempre indice di decadenza morale. Quando l'orgoglio raggiunge il limite estremo, è segno di una caduta imminente, perché Dio colpisce sempre i superbi. Se a volte li lascia emergere, è per dare loro il tempo di riflettere e di correggersi, sotto i colpi che, di tanto in tanto, Egli dà al loro orgoglio per avvertirli. Ma, anziché umiliarsi, essi si ribellano. Allora, quando la misura è colma, Dio li sbaraglia completamente, e la loro caduta è tanto più terribile quanto più essi sono saliti in alto.
Povera razza umana, il cui egoismo ha corrotto tutti i cammini umani, riprendi coraggio nonostante tutto. Nella Sua misericordia infinita, Dio ti invia un potente rimedio per i tuoi mali, un soccorso insperato per il tuo sconforto. Apri gli occhi alla luce: ecco le anime di coloro che non sono più e che vengono a richiamarti ai tuoi veri doveri. Esse ti diranno, con l'autorevolezza dell'esperienza, quanto la vanità e la grandezza della vostra passeggera esistenza siano poca cosa a confronto dell'eternità. Ti diranno che il più grande è colui che è stato il più umile fra i più piccoli di questo mondo, che colui che ha amato di più i suoi fratelli sarà anche il più amato in Cielo; che i potenti della Terra, se hanno abusato della loro autorità, saranno costretti a ubbidire ai loro subalterni; che infine la carità e l'umiltà, queste due sorelle che si danno la mano, sono i titoli più efficaci per ottenere la grazia davanti all'Eterno.
(Adolphe, vescovo di Algeri, Marmande, 1862)
Missione dell'uomo intelligente sulla Terra
L'intelligenza è ricca di meriti per l'avvenire, a condizione che se ne faccia buon uso. Se tutti gli uomini che ne sono dotati se ne servissero secondo le intenzioni del Signore, il compito degli Spiriti nel far avanzare l'umanità sarebbe facilitato. Sfortunatamente molti ne fanno uno strumento d'orgoglio e di perdizione a proprio vantaggio. L'uomo abusa della sua intelligenza, come di tutte le altre facoltà, e ciò sebbene non gli manchino le lezioni, per avvertirlo che una mano possente può togliergli quello che gli ha dato.
(Ferdinand, Spirito protettore, Bordeaux, 1862)
Capitolo VIII - BEATI I PURI DI CUORE
Lasciate che i bambini vengano da me
Questo accostamento potrebbe non sembrare giusto, se si considera che lo Spirito del bambino potrebbe essere molto antico e portare, rinascendo nel corpo, le imperfezioni di cui non si è spogliato nelle sue esistenze precedenti. Solo uno Spirito arrivato alla perfezione potrebbe venirci dato come esempio di vera perfezione. Però l'esempio del bambino è corretto dal punto di vista della vita attuale, perché il bambino, non avendo ancora potuto manifestare nessuna tendenza perversa, ci offre l'immagine dell'innocenza e del candore. Pertanto Gesù non dice che il Regno di Dio è per loro, ma per quelli che gli assomigliano.
Pertanto bisogna che l'attività del principio intelligente sia proporzionata alla fragilità del corpo che non potrebbe resistere a un'attività troppo sviluppata dello Spirito, così come si riscontra in soggetti troppo precoci. È per questo che, fin da quando ha inizio l'incarnazione, lo Spirito, entrando nelle fasi di turbamento, perde poco per volta coscienza di sé. Si trova, per un certo periodo, in una specie di sonno, durante il quale tutte le sue facoltà sono allo stato latente. Questo stato transitorio è necessario per dare allo Spirito un nuovo punto di partenza e fargli dimenticare, nella sua nuova esistenza terrena, le cose che potrebbero intralciare il suo avanzamento. Il suo passato agisce comunque su di lui, rinasce alla vita però più grande, più forte moralmente e intellettualmente, sostenuto e assecondato dall'intuizione che conserva dell'esperienza acquisita.
Dal momento della sua nascita, le sue idee prendono gradualmente slancio man mano che si sviluppano gli organi. Per cui si può dire che, nei primi anni, lo Spirito è veramente bambino, perché le idee che stanno alla base del suo carattere sono ancora assopite. Mentre i suoi istinti sono assopiti lo Spirito è più flessibile e proprio per questo più aperto alle impressioni che possono modificare la sua natura e farlo progredire, cosa che rende più facile il compito assegnato ai genitori.
Lo Spirito dunque indossa per un certo tempo la veste dell'innocenza, e Gesù è nel vero quando, malgrado l'anteriorità dell'anima, prende il bambino come emblema della purezza e della semplicità.
Peccare col pensiero. L'adulterio
La vera purezza non è solo negli atti, sta anche nel pensiero, perché chi ha il cuore puro non pensa minimamente al male. È ciò che ha voluto dire Gesù condannando il peccato anche nel pensiero, perché è un segno di impurità.
Qui bisogna fare un'importante distinzione. Man mano che l'anima, compromessa nella cattiva via, avanza nella vita spirituale, si illumina e si spoglia a poco a poco delle sue imperfezioni, secondo la maggiore o minore buona volontà che usa, in virtù del suo libero arbitrio. Qualsiasi cattivo pensiero è dunque il risultato dell'imperfezione dell'anima. Ma, a seconda del desiderio di cui essa ha progettato di purificarsi, questo stesso cattivo pensiero diventa per l'anima un'occasione di avanzamento, se lo rifiuta energicamente. È l'indizio di una macchia che l'anima si sforza di cancellare. Non cedendo, se si presenterà l'occasione di soddisfare un cattivo desiderio, dopo avervi resistito, si sentirà più forte e felice della sua vittoria.
Invece l'anima che non ha preso delle buone risoluzioni cerca l'occasione,e quand'anche non dovesse compiere una cattiva azione, non sarebbe perché non ha voluto, ma perché le è mancata l'occasione. In questo caso l'anima è dunque colpevole come se l'avesse commessa.
Concludendo: nella persona che neppure concepisce il pensiero del male, il progresso è compiuto; nella persona in cui questi pensieri si formano, ma che essa respinge, il progresso si sta compiendo; infine nella persona che ha questi pensieri e li asseconda, il male è ancora presente con tutte le sue forze. Nell'una il lavoro è fatto, nelle altre è da fare. Dio, che è giusto, tiene conto di tutte queste sfumature nel considerare la responsabilità degli atti e dei pensieri dell'uomo.
La vera purezza. Mani impure
Chiamata a sé la folla, disse loro: «Ascoltate e intendete: non quello che entra nella bocca contamina l'uomo; ma è quello che esce dalla bocca, che contamina l'uomo!» Allora i suoi discepoli si avvicinarono e gli dissero: «Sai che i farisei, quando hanno udito questo discorso, ne sono rimasti scandalizzati?» Egli rispose loro: «Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; ora se un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso». Pietro allora gli disse: «Spiegaci la parabola». E Gesù disse: «Anche voi siete ancora incapaci di comprendere? Non capite che tutto quello che entra nella bocca va nel ventre ed è poi espulso nella latrina? Ma ciò che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello che contamina l'uomo. Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazione, furti, false testimonianze, diffamazioni. Queste sono le cose che contaminano l'uomo; ma il mangiare con le mani non lavate non contamina l'uomo». (Matteo 15:1-20)
Così è stato della dottrina morale di Cristo, che ha finito con l'essere messa al secondo posto, cosa che fece sì che molti cristiani, sull'esempio degli anziani Giudei, credessero che la loro salvezza fosse più assicurata dalle pratiche esteriori che da quelle morali. È a queste cose, aggiunte dagli uomini alla legge di Dio, che Gesù fa allusione quando dice: «Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata».
Lo scopo della religione è condurre l'uomo a Dio. Ora, l'uomo arriva a Dio solo quando è perfetto, quindi tutte le religioni che non rendono l'uomo migliore non raggiungono questo scopo. Quella alla quale si crede di potersi appoggiare per fare il male è o falsa o falsata nei suoi principi. Tale è il risultato di tutte le religioni in cui la forma prevarica la sostanza. Il credere all'efficacia dei segni esteriori è nullo se non impedisce di commettere assassini, adulteri, spoliazioni, di dire calunnie e di fare comunque dei torti al prossimo. Ciò crea dei superstiziosi, degli ipocriti o dei fanatici, ma non ne fa degli uomini dabbene.
Non basta pertanto l'apparenza della purezza, si deve prima di tutto avere quella del cuore.
Scandali. Se la vostra mano è motivo di scandalo, tagliatela
Guai al mondo a causa degli scandali! perché è necessario che avvengano degli scandali; ma guai all'uomo per cui lo scandalo avviene! Se la tua mano o il tuo piede ti fanno cadere in peccato, tagliali e gettali via da te; meglio è per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. Se il tuo occhio ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; meglio è per te entrare nella vita con un occhio solo, che aver due occhi ed essere gettato nella geenna del fuoco.
Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli. Poiché il Figlio dell'uomo è venuto a salvare ciò che era perduto. (Matteo 18:6-11)
Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. (Matteo 5:29-30).
Nel senso evangelico, l'accezione della parola scandalo, così frequentemente impiegata, è molto più generica. È per questo che in certi casi non si comprende in che senso venga usata. Non è solamente nel senso di ciò che urta la coscienza altrui, è tutto ciò che risulta dai vizi e dai difetti degli uomini, da tutte le reazioni malvagie da individuo a individuo con o senza ripercussioni. Lo scandalo, in buona sostanza, è il risultato della cattiva morale.
Istruzioni Degli Spiriti
Lasciate che i bambini vengano da me
Gesù voleva che gli uomini andassero a Lui con la fiducia di questi piccoli esseri dai passi incerti, il cui richiamo conquistava il cuore delle donne, che sono tutte madri. Egli sottometteva così le anime alla Sua tenera e misteriosa autorità. Egli fu la fiaccola che rischiara le tenebre, la tromba del mattino che scuote dal sonno, l'iniziatore dello Spiritismo che a sua volta deve richiamare a sé non i fanciulli, ma gli uomini di buona volontà. L'azione adulta è avviata; non si tratta più di credere istintivamente e di ubbidire meccanicamente, bisogna che l'uomo segua la legge intelligente che gli rivela la sua universalità.
Miei figli cari, ecco il tempo in cui gli errori, una volta spiegati, saranno delle verità. Noi vi insegneremo il senso esatto delle parabole e vi mostreremo la correlazione possente che unisce ciò che è stato e ciò che è. In verità vi dico: la manifestazione spiritista sale all'orizzonte, ed ecco il suo inviato che risplenderà come il sole sui monti.
(Giovanni Evangelista, Parigi, 1863)
Se voi avete l'amore, voi avrete tutto ciò che si può desiderare sulla Terra, possiederete la perla per eccellenza che né gli avvenimenti né la malvagità di quelli che vi odiano e vi perseguitano, vi possono rapire. Se voi avete l'amore, avrete messo i vostri tesori là dove né i vermi né la ruggine possono raggiungerli e vedrete cancellarsi insensibilmente dal vostro animo tutto ciò che può macchiarne la purezza. Sentirete il peso della materia alleggerirsi di giorno in giorno e, come l'uccello che plana nell'aria e non si ricorda più della Terra, voi salirete incessantemente, salirete sempre, finché la vostra anima inebriata possa imbeversi del suo elemento di vita nelle braccia del Signore.
(Uno Spirito protettore, Bordeaux, 1861)
Beati quelli che hanno gli occhi chiusi
Ma poiché io sono qui, in un'assemblea in cui si tratta prima di tutto di studio, vi dirò che quelli che sono privati della vista dovrebbero considerarsi come i favoriti dell'espiazione. Ricordatevi che Cristo ha detto che avreste dovuto strapparvi un occhio se esso fosse stato malvagio, e che sarebbe stato meglio gettarlo nel fuoco piuttosto che fosse la causa della vostra dannazione. Ahimè! Quanti ve ne sono sulla Terra che malediranno un giorno, nelle tenebre, di aver visto la luce! Oh, sì! Felici coloro che, nell'espiazione, sono colpiti alla vista! Il loro occhio non sarà minimamente motivo di scandalo e di caduta; possono vivere interamente la vita delle anime, possono vedere di più di voi che avete la vista... Quando Dio mi permette di andare ad aprire la palpebra di uno di questi poveri sofferenti e restituirgli la luce, io mi dico: «Cara anima, perché non conosci tutte le delizie dello Spirito che vive di contemplazione e d'amore? Tu non domanderesti di vedere delle immagini meno pure e meno soavi di quelle che ti è stato dato di intravedere nella cecità».
Oh, sì! Beato il cieco che vuol vivere con Dio! Più felice di voi che siete qui, egli sente la felicità, la tocca, vede le anime e può lanciarsi con loro nelle sfere spiritiste che i predestinati della vostra Terra ancora non vedono per niente. L'occhio aperto è sempre pronto a far peccare l'anima, l'occhio chiuso invece è sempre pronto a farla salire a Dio. Credetemi davvero, miei buoni e cari amici, la cecità degli occhi è sovente la vera luce del cuore, mentre la vista è sovente l'angelo tenebroso che conduce alla morte.
E ora qualche parola per te, mia povera sofferente: spera e fatti coraggio! Se io ti dicessi: «Figlia mia, i tuoi occhi si apriranno», come saresti felice! E chi può sapere se questa gioia non ti perderà? Abbi fiducia nel buon Dio che ha creato la felicità e ha permesso la tristezza! Io farò per te tutto quello che mi sarà permesso; ma tu, a tua volta, prega e soprattutto rifletti su tutto quello che ti ho appena detto».
Prima che me ne vada, voi tutti che siete qui, ricevete la mia benedizione.
(Vianney, curato d'Ars, Parigi, 1863)
Capitolo IX - BEATI I MANSUETI E QUELLI CHE SI ADOPERANO PER LA PACE
Ingiurie e violenze
È evidente che qui, come in tutte le circostanze, l'intenzione aggrava o attenua la colpa. Ma che cosa fa sì che una semplice parola possa essere tanto grave da meritare una così grande riprovazione? Il fatto è che tutte le parole offensive sono espressione di un sentimento contrario alla legge d'amore e di carità che deve regolare i rapporti degli uomini e mantenere fra loro la concordia e l'unione. È un danno che si fa alla benevolenza e alla fraternità reciproche mantenendo l'odio e l'animosità. Infine dopo l'umiltà verso Dio, la carità verso il prossimo è la prima legge di ogni cristiano.
Attendendo i beni del Cielo, l'uomo ha bisogno di quelli della Terra per vivere. Egli gli raccomanda solo di non dare importanza a questi ultimi più che ai primi.
Con queste parole Egli vuole dire che, fino a oggi, i beni della Terra sono stati accaparrati dai violenti a danno di coloro che sono mansueti e pacifici; che a questi manca sovente il necessario, mentre gli altri hanno il superfluo. Egli promette che sarà resa loro giustizia in Terra come in Cielo, perché sono chiamati i figli di Dio. Quando la legge d'amore e di carità sarà la legge dell'umanità, non ci sarà più egoismo; e il debole e il mite non saranno più sfruttati né schiacciati dai forti e dai violenti. Tale sarà lo stato della Terra quando, secondo la legge del progresso e la promessa di Gesù, essa sarà diventata un mondo felice con esclusione dei malvagi.
Istruzioni Degli Spiriti
L'affabilità e la dolcezza
A questa categoria appartengono anche uomini dal fare benevolo che, tiranni domestici in privato, fanno soffrire la loro famiglia e fanno pesare sui subalterni il loro orgoglio e il loro dispotismo. Sembra che vogliano rivalersi dei freni che sono stati loro imposti altrove e che, non osando comportarsi con autorità con gli estranei, che li metterebbero subito a posto, vogliano almeno sentirsi temuti da quelli che non possono rivoltarglisi. La loro vanità gioisce nel poter dire: «Qui comando io e sono obbedito», senza pensare che potrebbero aggiungere, a maggior ragione: «E sono detestato».
Non basta che del latte e del miele scorrano dalle labbra se il cuore non è per niente puro. È solo ipocrisia. Colui la cui affabilità e dolcezza non sono finte, non si smentisce mai. È la stessa persona in pubblico e in privato. D'altra parte si sa bene che, se si ingannano gli uomini con le apparenze, non si inganna Dio.
(Lazare, Parigi, 1861)
La pazienza
Siate pazienti, anche la pazienza è una carità, e voi dovete praticare la legge della carità insegnata da Cristo, inviato di Dio. La carità, quella che consiste nell'elemosina data ai poveri, è la più facile delle carità. Ma ce n'è una ben più difficile e conseguentemente ben più meritoria, ed è quella di perdonare coloro che Dio ha messo sul nostro cammino per essere gli strumenti delle nostre sofferenze e per mettere la nostra pazienza alla prova.
La vita è difficile, lo so, è fatta di mille piccole cose che sono punture di spillo che finiscono col ferire. Ma si devono osservare i doveri che ci vengono imposti, e bisogna tener conto delle consolazioni e del compenso che avremo come contropartita. Allora noi vedremo che le benedizioni sono più numerose dei dolori. Quando si guarda in alto, il fardello sembra meno pesante di quanto non lo sia quando si china la fronte verso terra.
Coraggio, amici, Cristo è il vostro modello. Ha sofferto più di uno qualsiasi di voi e non aveva niente da rimproverarsi, mentre voi, voi dovete espiare il vostro passato e fortificarvi per l'avvenire. Siate dunque pazienti, siate cristiani, questa parola comprende tutto.
(Uno Spirito Amico, Le Havre, 1862)
L'obbedienza e la rassegnazione
Ogni epoca viene così segnata dalla virtù che deve salvarla o dal vizio che può perderla. La virtù della vostra generazione è l'attività intellettuale, il suo vizio è l'indifferenza morale. Io dico solamente attività, in quanto il genio si eleva improvvisamente e scopre da sé gli orizzonti che i più vedranno solo dopo, mentre l'attività è l'unione degli sforzi di tutti per raggiungere uno scopo meno vistoso, ma che dimostra l'alto livello intellettuale di un'epoca. Assecondate l'impulso che noi stiamo dando ai vostri Spiriti, obbedite alla grande legge del progresso che è la parola d'ordine della vostra generazione. Infelice lo Spirito pigro, che blocca il suo intelletto! Infelice! Perché noi, che siamo le guide dell'umanità in marcia, noi lo fustigheremo e faremo leva sulla sua volontà ribelle, nel doppio sforzo del freno e dello sprone. Qualsiasi resistenza orgogliosa dovrà cedere prima o poi. Ma beati quelli che sono mansueti, poiché presteranno ascolto con dolcezza agli insegnamenti.
(Lazare, Parigi, 1863)
La collera
Cercate l'origine di questi accessi di demenza passeggera, che vi assimilano al bruto facendovi perdere il controllo. Cercate, e troverete quasi sempre che alla base c'è l'orgoglio umiliato. Non è forse l'orgoglio colpito da una contraddizione che vi fa rifiutare le osservazioni giuste, che vi fa respingere con collera i più saggi consigli? L'impazienza stessa, causata da contrarietà sovente puerili, trae origine dall'importanza data alla propria persona, di fronte alla quale si crede che ognuno debba inchinarsi.
Nella sua frenesia, l'uomo collerico accusa tutto e tutti, dalla natura da lui ritenuta malvagia fino agli oggetti che manda in frantumi perché non gli obbediscono. Ah! Se in quei momenti potesse vedersi a sangue freddo, avrebbe paura di se stesso o si troverebbe ridicolo! Da ciò si può immaginare l'impressione che deve fare sugli altri. Solo per rispetto verso se stesso, dovrebbe sforzarsi di vincere una tendenza che lo fa oggetto di pietà.
Se pensasse che la collera non porta nessun rimedio, che altera la sua salute, che compromette persino la sua vita, si renderebbe conto che la prima vittima è proprio lui. Ma, soprattutto, un'altra considerazione dovrebbe indurlo a moderarsi: il pensiero che egli rende infelici tutti quelli che gli stanno attorno. Se ha del cuore, non prova rimorso nel far soffrire quelli che di più ama? E quale rimpianto mortale se, in un accesso di collera, commettesse un'azione che dovesse rimproverarsi per tutta la vita!
Insomma, la collera non esclude certe qualità di cuore, ma impedisce di compiere il bene, può far commettere molto male, e questo dovrebbe bastare per impegnarsi a dominarla. Lo Spiritista è inoltre sollecitato a dominarsi da un altro motivo: la collera è contraria alla carità e all'umiltà cristiana.
(Uno Spirito Protettore, Bordeaux, 1863)
È fuor di dubbio che ci sono temperamenti che si abbandonano più di altri ad atti violenti, come ci sono muscoli più duttili che meglio si prestano ai tours de force. Ma non crediate che consista in ciò la causa principale della collera e convincetevi che uno Spirito mite, anche se si trovasse in un corpo bilioso, sarà sempre mite, e che uno Spirito violento, in un corpo debole, non per questo sarà più dolce. Ma la violenza si manifesterà diversamente: non avendo un organismo adatto ad assecondare i suoi impulsi, la collera rimarrà concentrata, mentre nel caso contrario si espanderà.
Non è il corpo a dare la collera a chi non ce l'ha, così come non è il corpo a dargli tutti gli altri vizi. Tutte le virtù e tutti i vizi sono inerenti allo Spirito. Senza ciò dove starebbe il merito e la responsabilità? L'uomo menomato non può raddrizzarsi perché lo Spirito nulla può per questo, ma può modificare ciò che è dello Spirito, quando c'è una ferma volontà. L'esperienza non prova forse, Spiritisti, fin dove può giungere la potenza della volontà, attraverso le trasformazioni veramente miracolose che voi sapete operare? Dite dunque a voi stessi che l'uomo resta vizioso solo perché vuole restarvi. Ma colui che lo vuole può sempre correggersi, altrimenti la legge del progresso non esisterebbe per l'uomo.
(Hahnemann, Parigi, 1863)
Capitolo X - BEATI I MISERICORDIOSI
Perdonate perché Dio vi perdoni
Infelice chi dice: «Io non perdonerò mai, perché se un colpevole non è condannato dagli uomini, lo sarà certamente da Dio». Con quale diritto costui reclamerà il perdono delle proprie colpe se lui stesso non perdona quelle degli altri? Gesù non insegna forse che la misericordia non deve avere dei limiti quando dice di perdonare il proprio fratello non sette volte, ma settanta volte sette?
Ma ci sono due modi ben diversi di perdonare: uno grande, nobile, veramente generoso, senza secondi fini, che si pone con delicatezza di fronte all'amor proprio e alla suscettibilità dell'avversario, quand'anche questi avesse tutti i torti. L'altro è quello dell'offeso, o presunto tale, che impone all'avversario condizioni umilianti e fa sentire il peso di un perdono che irrita anziché ricomporre la questione. Se tende la mano non lo fa per benevolenza, ma con ostentazione, per poter dire a tutti: «Guardate come sono generoso!»
In tali circostanze, è impossibile che la riconciliazione sia sincera, né dall'una né dall'altra parte. No, questa non è generosità, è un modo per soddisfare l'orgoglio. In tutte le contese, chi si mostra più conciliante, chi dimostra più disinteresse, carità e vera grandezza d'animo si accattiverà sempre la simpatia delle persone imparziali.
Cercate un accordo con l'avversario
Il sacrificio più gradito a Dio
Gesù rende concreto questo precetto, perché i Giudei offrivano sacrifici in natura, e doveva quindi conformare le Sue parole ai loro costumi. Il cristiano di oggi non offre doni materiali. Egli ha spiritualizzato il sacrificio, ma il precetto ne riceve maggiore forza. Egli offre la sua anima a Dio e questa anima dev'essere purificata. Entrando nel tempio del Signore, si deve lasciare fuori qualsiasi sentimento di odio e di animosità, ogni cattivo pensiero contro il proprio fratello. Allora solamente la preghiera sarà portata dagli angeli ai piedi dell'Eterno. Ecco che cosa insegna Gesù con queste parole: «Lascia lì la tua offerta davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta».
La pagliuzza e la trave nell'occhio
Non giudicate se non volete essere giudicati. Chi è senza peccato scagli la prima pietra
Il biasimo gettato sulla condotta altrui può avere due motivazioni: reprimere il male o screditare la persona di cui si critica l'operato. Quest'ultimo motivo non ha mai delle attenuanti, perché è maldicenza e cattiveria. Il primo invece può essere lodevole e diventa persino un dovere in certi casi, perché può risultare come un bene, e senza di ciò il male non verrebbe mai represso nella società. D'altra parte l'uomo non deve forse favorire il progresso dei propri simili? Non bisognerebbe dunque prendere alla lettera questo principio: «Non giudicate, affinché non siate giudicati», perché la lettera uccide, e lo spirito vivifica.
Gesù non poteva impedire di biasimare ciò che è male, perché Egli stesso ce ne ha dato l'esempio e l'ha fatto in termini energici. Egli ha voluto dire che l'autorità del biasimo è in ragione dell'autorità morale di colui che pronuncia il biasimo. Rendersi colpevoli di ciò che si condanna negli altri, è abdicare a questa autorità. È, inoltre, privarsi del diritto di repressione. La coscienza intima, del resto, rifiuta qualsiasi rispetto e sottomissione volontaria a chi, essendo investito di un qualsiasi potere, viola le leggi e i principi che è incaricato di applicare. Agli occhi di Dio l'unica autorità legittima è quella che si fonda sull'esempio che essa dà del bene. La qual cosa emergeanche dalle parole di Gesù.
Istruzioni Degli Spiriti
Il perdono delle offese
Ascoltate dunque questo responso di Gesù e, come Pietro, applicatelo a voi stessi: perdonate, siate indulgenti, caritatevoli, generosi, prodighi anche del vostro amore. Date, perché il Signore vi renderà merito; perdonate, perché il Signore vi perdonerà; abbassatevi, perché il Signore vi risolleverà; umiliatevi, perché il Signore vi farà sedere alla Sua destra.
Andate, miei benamati, riflettete e commentate queste parole, che vi rivolgo da parte di Colui che, dall'alto degli splendori celesti, guarda sempre verso di voi e continua con amore il compito ingrato che ha iniziato più di diciotto secoli fa. Perdonate dunque i vostri fratelli, così come voi avete bisogno di essere perdonati. Se le loro azioni sono state pregiudizievoli per voi, è un motivo in più per essere indulgenti, perché il merito del perdono è proporzionale alla gravità del male ricevuto. Né ci sarebbe alcun merito se passaste sopra ai torti ricevuti dai vostri fratelli, se essi non vi hanno fatto che ferite leggere.
Spiritisti, non dimenticate mai che, sia con le parole sia con le azioni, il perdono delle ingiurie non deve essere una parola vana. Se vi dichiarate spiritisti, siatelo dunque. Dimenticate il male che può esservi stato fatto e pensate a una cosa sola: il bene che voi potete rendere. Chi si è inoltrato in questo cammino non deve mai allontanarsene, neppure con il pensiero, perché voi siete responsabili dei vostri pensieri, che Dio conosce. Fate dunque in modo che essi siano privi di qualsiasi sentimento di rancore. Dio sa che cosa c'è in fondo al cuore di ognuno. Beato dunque chi può ogni sera addormentarsi dicendo: non ho niente contro il mio prossimo.
(Siméon, Bordeaux, 1862)
Ma ci sono due modi molto diversi di perdonare: c'è il perdono delle parole e il perdono del cuore. Molti dicono del loro avversario: «Lo perdono», mentre intimamente provano un segreto piacere per il male che gli sta succedendo, dicendo fra sé che è ciò che si merita. Ci sono quelli che dicono: «Perdono». E aggiungono: «Ma non mi riconcilierò mai, non lo rivedrò mai più in vita mia». È questo il perdono secondo il Vangelo? No, il vero perdono, il perdono cristiano, è quello che stende un velo sul passato ed è il solo di cui sarà tenuto conto, perché Dio non si accontenta dell'apparenza. Egli sonda nel profondo dei cuori e nei più segreti pensieri: non lo si raggira con parole e vani simulacri. L'oblio completo e assoluto delle offese è proprio dei grandi animi. Il rancore è sempre segno di bassezza e di inferiorità. Non dimenticate che il vero perdono si riconosce più dai fatti che dalle parole.
(Paolo Apostolo, Lione, 1861)
L'indulgenza
L'indulgenza non vede minimamente i difetti degli altri o, se li vede, si guarda dal parlarne, dal divulgarli. Li nasconde invece, in modo da essere la sola a conoscerli, e se la maldicenza li scopre, ha sempre una scusa pronta per attenuarli, ma una scusa plausibile, seria, niente a che vedere con chi, avendo l'aria di diminuire l'errore, lo fa emergere con perfida destrezza.
L'indulgenza non si occupa mai delle malvagie azioni altrui, a meno che non sia per rendere un servigio, avendo cura di attenuarle per quanto possibile. Non fa osservazioni che turbano, non ha mai pronti dei rimproveri, ma solamente dei consigli, per lo più velati. Quando voi lanciate delle critiche, quali conseguenze si possono trarre dalle vostre parole? Forse che voi, voi che biasimate, non avete mai fatto ciò che rimproverate agli altri? Valete voi forse più del colpevole? Oh uomini! Quando giudicherete i vostri cuori, i vostri pensieri, i vostri atti, senza occuparvi di quello che fanno i vostri fratelli? Quando aprirete i vostri occhi severi solo su voi stessi?
Siate dunque severi verso voi stessi e indulgenti verso gli altri. Pensate a Colui che giudica in ultima istanza, che vede i segreti pensieri di ogni cuore e che, di conseguenza, scusa sovente gli errori che voi biasimate, o condanna ciò che voi scusate, perché conosce il movente di tutte le azioni. E voi che gridate «anatema!» avrete magari commesso degli errori più gravi.
Siate indulgenti, amici miei, perché l'indulgenza unisce, calma, corregge, mentre il rigore scoraggia, allontana e irrita.
(Joseph, Spirito Protettore, Bordeaux, 1863)
Sostenete i forti, incoraggiateli a essere perseveranti. Fortificate i deboli mostrando loro la bontà di Dio che tiene conto del minimo pentimento. Mostrate a tutti l'angelo del pentimento che stende la sua bianca ala sugli errori umani, nascondendoli così agli occhi di chi non può vedere ciò che è impuro. Comprendete tutti la misericordia infinita del Padre vostro e non dimenticate mai di dirgli con il vostro pensiero, ma soprattutto con le vostre azioni: «Perdonateci le nostre offese, come noi le perdoniamo a chi ci ha offesi». Comprendete bene il valore di queste sublimi parole. Mirabili non sono solo le parole, ma mirabile è anche ciò che esse racchiudono.
Che cosa domandate al Signore chiedendogli il perdono? Solamente l'oblio delle vostre offese? Oblio che vi lascerebbe nel nulla. Infatti se il Signore si accontentasse di dimenticare i vostri sbagli, non vi punirebbe, ma neppure vi ricompenserebbe. La ricompensa non può essere il premio del bene che non si è fatto e ancor meno del male che si è fatto, anche se questo male è stato dimenticato. Domandandogli perdono delle vostre trasgressioni, voi gli domandate il favore della Sua grazia per non ricadervi; la forza necessaria per entrare in un nuovo cammino, cammino di sottomissione e d'amore nel quale voi potete unire la riparazione al pentimento.
Quando voi perdonate ai vostri fratelli, non accontentatevi di stendere il velo dell'oblio sulle loro colpe. Questo velo è sovente molto trasparente ai vostri occhi. Donate amore quando perdonate, fate per loro ciò che domandereste al Padre vostro celeste di fare per voi. Sostituite la collera che avvelena con l'amore che purifica. Predicate con l'esempio quella carità attiva e instancabile che Gesù vi ha insegnato. Predicate come ha fatto Lui stesso tutto il tempo che è vissuto sulla Terra, visibile agli occhi fisici, e come ha continuato a predicare dopo che non è stato più visibile se non agli occhi dello Spirito. Seguite questo divino modello e camminate su queste tracce: esse vi condurranno al luogo dell'asilo dove troverete il riposo dopo la lotta. Come Lui, fatevi tutti carico della vostra croce e salite penosamente, ma coraggiosamente, il vostro calvario: sulla sua sommità c'è la glorificazione.
(Jean, vescovo di Bordeaux, 1862)
Spiritismo, dottrina consolante e benedetta! Beati quelli che la conoscono e che mettono a profitto i salutari insegnamenti degli Spiriti del Signore! Per loro, luce è stata fatta sul loro cammino, e lungo tutto il percorso possono leggere queste parole che indicano loro il modo di arrivare alla meta: carità pratica, carità di cuore, carità per il prossimo come per se stessi. In una parola, carità per tutti e amore di Dio sopra ogni cosa. Infatti l'amore di Dio riassume tutti i doveri ed è impossibile amare veramente Dio senza praticare la carità, che Egli ha elevato a legge per tutte le Sue creature.
(Dufêtre, vescovo di Nevers, Bordeaux)
È consentito riprendersi gli altri; osservare le imperfezioni degli altri; rivelare il danno degli altri?
Assolutamente no, perché ognuno ha il dovere di lavorare per il progresso di tutti e soprattutto di quelli di cui gli è stata affidata la tutela. Ma questa è una ragione per agire, con moderazione, per uno scopo utile e non, come per lo più si fa, per il piacere di denigrare. In questo caso, il biasimo sarebbe una cattiveria, nel primo è un dovere che la carità ordina di compiere con tutte le precauzioni possibili. E, ancora, il biasimo che si getta sugli altri sarebbe da rivolgere prima verso se stessi, domandandosi se non lo si merita.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Tutto dipende dall'intenzione. Certamente non è vietato vedere il male quando c'è e sarebbe persino sconveniente vedere dappertutto solo bene: questa illusione nuocerebbe al progresso. La colpa consiste nel far ricadere queste osservazioni a detrimento del prossimo, nel denigrare senza necessità presso l'opinione pubblica. Sarebbe anche riprovevole farlo solo per compiacersi di un sentimento di malevolenza e di soddisfazione nel trovare gli altri in difetto. Ben diversamente è stendere un velo sul male, occultandolo al prossimo, e limitarsi a osservarlo per trarne un vantaggio, quello cioè di riflettere su come evitare ciò che si biasima negli altri. Questa osservazione, d'altra parte, non è forse utile al moralista? Come potrebbe tratteggiare i difetti dell'umanità se non ne studiasse i modelli?
(San Luigi, Parigi, 1860)
Questa domanda è molto delicata, ed è qui che bisogna fare appello alla carità inequivocabilmente compresa. Se le imperfezioni di un individuo non nuocciono ad altri che a lui stesso, non ci sarà mai utilità a farle conoscere. Ma, se possono portare danno ad altri, bisogna preferire l'interesse della maggioranza a quello di uno solo. Secondo le circostanze, smascherare l'ipocrisia e la menzogna può essere un dovere. Infatti è meglio che un uomo cada piuttosto che molti diventino suoi zimbelli o sue vittime. In casi simili, bisogna valutare i vantaggi e gli svantaggi.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Capitolo XI - AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO
Il massimo comandamento
Rendete a Cesare quello che è di Cesare
Istruzioni Degli Spiriti
La legge d'amore
Lo Spiritismo viene a sua volta a pronunciare una seconda parola dell'alfabeto divino. Prestate attenzione, perché questa parola solleva la pietra delle tombe vuote; e la reincarnazione, trionfando sulla morte, rivela all'uomo accecato il suo patrimonio intellettuale. Non è più al supplizio che essa conduce, ma alla conquista del suo essere, elevato e trasfigurato. Il sangue ha riscattato lo Spirito, e lo Spirito deve oggi riscattare l'uomo dalla materia.
Ho detto che all'inizio l'uomo ha solo degli istinti. Dunque chi è dominato dagli istinti è più vicino al punto di partenza che alla meta. Per avanzare verso la meta, bisogna vincere gli istinti a vantaggio dei sentimenti, ossia perfezionare questi soffocando i germi latenti della materia. Gli istinti sono i germogli e l'embrione del sentimento; essi portano in sé il futuro progresso, come la ghianda racchiude in sé la quercia. E gli esseri meno progrediti sono quelli che, liberandosi solo poco per volta della loro crisalide, rimangono asserviti ai loro istinti.
Lo Spirito deve essere coltivato come un campo. Tutta la messe futura dipende dall'aratura di oggi e, più che beni terreni, vi darà una gloriosa elevazione. È allora che, comprendendo la legge d'amore che unisce tutti gli esseri, cercherete in essa il soave godimento dell'anima che è il preludio della felicità celeste.
(Lazare, Parigi, 1862)
Ho detto per un essere o un oggetto qualsiasi, perché esistono fra di voi degli individui che elargiscono tesori d'amore — di cui il loro cuore trabocca — agli animali, alle piante e persino agli oggetti: specie di misantropi, che si lamentano dell'umanità in generale, che si irrigidiscono nei confronti della tendenza naturale della loro anima, la quale cerca intorno a sé affetto e simpatia. Costoro riducono così la legge d'amore a livello di istinto. Ma, comunque facciano, non saprebbero soffocare il germe vivifico che Dio ha depositato nel loro cuore creandoli. Questo germe si sviluppa e cresce con la morale e l'intelligenza e, per quanto sovente schiacciato dall'egoismo, esso è la fonte delle sante e dolci virtù che rendono gli affetti sinceri e durevoli e che vi aiutano a rendere sicuro il cammino impervio e arido dell'esistenza umana.
Ci sono persone contrarie alla prova della reincarnazione in quanto rifiutano che altri possano partecipare alle affettuose simpatie di cui sono gelose. Poveri fratelli! È il vostro affetto che vi rende egoisti. Il vostro amore è ristretto a una cerchia intima di parenti o di amici, e tutti gli altri vi sono indifferenti. Ebbene, per mettere in pratica la legge d'amore come Dio la intende, bisogna che voi arriviate per gradi ad amare tutti i vostri fratelli indistintamente. Il compito sarà lungo e difficile, ma si compirà. Dio lo vuole, e la legge dell'amore è il primo e più importante precetto della vostra nuova dottrina, perché è con essa che un giorno si dovrà sbaragliare l'egoismo sotto qualsiasi forma si presenti; perché, oltre all'egoismo personale, c'è anche quello di famiglia, di casta, di nazionalità. Gesù ha detto «Ama il tuo prossimo come te stesso». Ora, qual è il limite del prossimo? È la famiglia, la setta, la nazione? No, è l'umanità tutta. Nei mondi superiori, è l'amore reciproco che armonizza e dirige gli Spiriti avanzati che li abitano. E il vostro pianeta, destinato a un futuro progresso in virtù della sua evoluzione sociale, metterà in pratica attraverso i suoi abitanti questa sublime legge, riflesso della Divinità.
Gli effetti della legge d'amore sono l'avanzamento morale della razza umana e la felicità durante la vita terrena. I più ribelli e i più viziosi dovranno trasformarsi quando vedranno i benefici prodotti dalla pratica di questo principio: «Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi, ma fate invece tutto il bene che è nelle vostre possibilità».
Non credete alla sterilità e all'irrigidimento del cuore umano. Esso cederà suo malgrado all'amore vero, che è una calamita alla quale non ci si può sottrarre, e il contatto di questo amore vivifica e feconda i germi della virtù che è nei vostri cuori allo stato latente. La Terra, luogo transitorio di prove e di esilio, sarà allora purificata da questo fuoco sacro e vedrà praticare la carità, l'umiltà, la pazienza, la dedizione, l'abnegazione, la rassegnazione, il sacrificio, tutte virtù figlie dell'amore. Non tralasciate dunque mai di ricordare le parole di Giovanni l'Evangelista. Voi lo sapete. Quando la malattia e la vecchiaia interruppero il corso delle sue predicazioni, egli ripeteva solo queste dolci parole: «Figlioli, amatevi gli uni con gli altri».
Amati e cari fratelli, mettete a profitto queste lezioni. Metterle in pratica è difficile, ma l'anima ne trae un bene immenso. Credetemi, fate lo sforzo sublime che io vi domando: Amatevi», e vedrete presto la Terra trasformarsi e diventare l'Eliseo dove le anime dei giusti verranno a godere il riposo.
(Fénelon, Bordeaux, 1861)
Amare, nel senso profondo della parola, vuol dire essere leali, probi, coscienziosi per fare agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi. Vuol dire cercare intorno a voi il senso intimo di tutti i dolori che affliggono i vostri fratelli per portare loro sollievo. Vuol dire considerare la grande famiglia umana come la propria, perché ritroverete questa famiglia in un dato periodo, in mondi più avanzati. E gli Spiriti che la compongono sono, come voi, figli di Dio, segnati in fronte per elevarsi fino all'infinito. È per questo che voi non potete rifiutare ai vostri fratelli ciò che Dio vi ha liberalmente dato, perché voi, da parte vostra, sareste ben felici che i vostri fratelli vi dessero ciò di cui voi avete bisogno. A tutte le sofferenze date dunque una parola di speranza e di appoggio affinché siate tutto amore, tutta giustizia.
Siate pur certi che queste sagge parole, «Amate molto per essere amati», faranno strada. Sono rivoluzionarie e seguono il cammino che è stato fissato, invariabile. Ma voi avete già avuto dei vantaggi. Voi che mi ascoltate siete infinitamente migliori di cent'anni fa, siete talmente cambiati a vostro vantaggio che accettate senza contestare un'infinità di idee nuove — che un tempo avreste rifiutato — sulla libertà e la fraternità. Pertanto, fra cent'anni voi accetterete con la stessa facilità quelle idee che ancora non sono potute entrare nella vostra mente.
Oggi che il movimento spiritista ha fatto un grande passo, voi potete constatare con quale rapidità le idee di giustizia e di rinnovamento racchiuse nelle istruzioni degli Spiriti vengono accettate da buona parte delle persone intelligenti. Il fatto è che queste idee rispondono a tutto ciò che vi è di divino in voi. Voi siete stati preparati da una semente feconda: quella del secolo scorso che ha seminato nella società le grandi idee del progresso. E, poiché tutto si concatena sotto la mano dell'Altissimo, tutte le lezioni ricevute e accettate saranno racchiuse in questo scambio universale dell'amore per il prossimo. Per mezzo di esso, gli Spiriti incarnati, giudicando meglio, sentendo meglio, si tenderanno la mano da una parte all'altra del vostro pianeta. Ci si riunirà per intendersi e amarsi, per debellare tutte le ingiustizie e tutte le cause di incomprensione fra i popoli.
Grande pensiero di rinnovamento per mezzo dello Spiritismo, così ben descritto ne Il libro degli Spiriti, tu produrrai il grande miracolo del secolo futuro, quello della riunione di tutti gli interessi materiali e spirituali degli uomini, per l'applicazione di questa massima finalmente ben compresa: «Amatevi molto per essere amati».
(Sanson, anziano membro della Società Spiritista di Parigi, 1863)
L'egoismo
Gesù vi ha dato l'esempio della carità e Ponzio Pilato dell'egoismo. Infatti, mentre il Giusto percorre le sante stazioni del martirio, Pilato si lava le mani dicendo: «Che m'importa!» E, rivolto ai Giudei, aggiunge: «Questo uomo è giusto, perché volete crocefiggerlo?» Ma ciononostante lascia che lo conducano al supplizio.
È a causa di questo antagonismo fra carità ed egoismo, è per l'invasione di questa lebbra nel cuore umano che il Cristianesimo deve ancora finire di compiere tutta la sua missione. È a voi, apostoli nuovi della fede, illuminati dagli Spiriti superiori, che incombe il compito e il dovere di estirpare questo male per dare al Cristianesimo tutta la sua forza, al fine di sgombrare il cammino dai rovi che intralciano la sua marcia. Cacciate l'egoismo dalla Terra affinché essa possa gravitare nella scala dei mondi, perché è tempo che l'umanità indossi i suoi panni valorosi. Per questo bisogna prima scacciare l'egoismo dai vostri cuori.
(Emmanuel, Parigi, 1861)
Cominciate con il dare l'esempio voi stessi, siate caritatevoli verso tutti indistintamente. Sforzatevi di non dare importanza a quelli che vi guardano con sdegno e lasciate a Dio la cura di tutta la giustizia perché ogni giorno, nel Suo Regno, Egli separa il grano dal loglio.
L'egoismo è la negazione della carità. Ora, senza la carità non vi è nessuna tregua nella società. Dico di più, nessuna sicurezza. Con l'egoismo e l'orgoglio, che si danno la mano, sarà sempre una corsa favorevole al più scaltro, una lotta di interessi dove vengono calpestati gli affetti più santi, dove persino i sacri legami della famiglia non verranno rispettati.
(Pascal, Sens, 1862)
La fede e la carità
Sì, figli miei, invano l'uomo avido di piaceri vorrebbe farsi delle illusioni sul suo destino su questa Terra, sostenendo che a lui è per .messo di occuparsi solo della sua felicità. Di certo Dio ci ha creati per essere felici nell'eternità. Ciononostante la vita terrena deve unicamente servire al nostro perfezionamento morale, che si acquisisce più facilmente con l'aiuto del corpo e del mondo materiale. Senza contare che anche le vicissitudini ordinarie della vita, la diversità dei vostri gusti, delle vostre inclinazioni e dei vostri bisogni costituiscono un mezzo eccellente perché voi possiate perfezionarvi con l'esercizio della carità. Infatti, è solo a forza di concessioni e di sacrifici reciproci che voi potrete mantenere l'armonia fra elementi così diversi.
Avete tuttavia ragione quando affermate che la felicità è destinata all'uomo, qui sulla Terra, se la si cerca non nei piaceri materiali, ma nel bene. La storia della Cristianità parla di martiri che andavano al supplizio con gioia. Oggi, nella vostra società, non è necessario per essere cristiani né l'olocausto del martire né il sacrificio della vita, ma unicamente e semplicemente il sacrificio del vostro egoismo, del vostro orgoglio e della vostra vanità. Voi trionferete se la carità vi ispira e se la fede vi sostiene.
(Uno Spirito Protettore, Cracovia, 1861)
Carità verso i criminali
Assolutamente non giudicate. Oh! Non giudicate assolutamente, miei cari amici, perché il giudizio che voi emettete sarà applicato a voi più severamente ancora, e voi avete bisogno di indulgenza, per i peccati che commettete continuamente. Non sapete che ci sono molte azioni che sono dei crimini agli occhi del Dio della purezza e che il mondo non considera neppure come colpe leggere?
La vera carità non consiste solamente nell'elemosina che fate, neppure nelle parole di consolazione con cui potete accompagnarla. No, non è solamente questo che Dio esige da voi. La carità sublime insegnata da Gesù consiste anche nella benevolenza concessa sempre e in tutte le cose al vostro prossimo. Voi potete anche esercitare questa sublime virtù con molti esseri che non hanno bisogno di elemosina, ma di parole d'amore, di consolazione, di incoraggiamento che li condurranno al Signore.
Vicini sono i tempi, lo dico ancora, in cui la grande fratellanza regnerà su questo globo, e la legge di Cristo sarà quella che reggerà gli uomini: solo ciò sarà il freno e la speranza e condurrà le anime alla dimora felice. Amatevi dunque come figli di uno stesso padre. Non fate nessuna differenza fra gli altri infelici, perché è Dio che vuole che tutti siano uguali. Non disprezzate dunque nessuno. Dio permette che i grandi criminali siano fra voi, affinché vi servano da insegnamento. Presto, quando gli uomini saranno guidati dalle vere leggi di Dio, non occorrerà più questo insegnamento, e tutti gli Spiriti impuri e ribelli saranno dispersi nei mondi inferiori coerentemente con le loro inclinazioni.
Elargite il soccorso delle vostre preghiere a quelli di cui io vi parlo: questa è la vera carità. Non bisogna dire di un criminale: «È un miserabile, bisogna liberarne la Terra; la morte che gli si infligge è persino troppo dolce per un essere di quella specie». No, non è assolutamente così che dovete parlare. Guardate, a vostro modello, Gesù. Che cosa direbbe se vedesse questo infelice vicino a Lui? Lo compiangerebbe, lo considererebbe come un ben miserabile malato e gli tenderebbe la mano. Voi, per la verità, non potete farlo, ma almeno potete pregare per lui, assistere il suo Spirito nei pochi minuti che può ancora trascorrere su questa Terra. Il pentimento può toccare il suo cuore, se voi pregate con fede. Egli fa parte del vostro prossimo, come ne fa parte il migliore degli uomini. La sua anima corrotta e ribelle è stata creata, come la vostra, per perfezionarsi. Aiutatelo dunque a uscire dalla palude e pregate per lui.
(Elisabetta di Francia, Le Havre, 1862)
Dovresti rischiare la vita per un criminale?
Questa è una questione molto grave che può presentarsi spontaneamente allo spirito. Risponderò secondo il mio progresso morale, dal momento che si tratta di sapere se dobbiamo rischiare la nostra vita pur trattandosi di un malfattore. L'abnegazione è cieca. Se soccorriamo un nemico, inevitabilmente dobbiamo soccorrere anche un nemico della società, in una parola un malfattore. Credete che basti la morte per liberarsi di questo infelice? Forse che la sua vita è già tutta trascorsa? Perché, pensate, in quei rapidi istanti in cui finiscono gli ultimi attimi della sua vita, l'uomo perduto rivede la sua vita passata o, meglio, essa si erge davanti a lui. La morte, forse, arriverà troppo presto per lui. La reincarnazione potrebbe essergli terribile. Coraggio, dunque, uomini! Voi, che la scienza spiritista ha illuminato, soccorretelo, strappatelo alla sua condanna. E allora, forse, questo uomo, che morirebbe imprecando contro di voi, si getterà nelle vostre braccia. Intanto, non è necessario domandarsi se lui lo farà o no. Salvandolo, ubbidite a quella voce del cuore che vi dice: «Tuoi salvarlo! Salvalo!»
(Lamennais, Parigi, 1862)
Capitolo XII - AMATE I VOSTRI NEMICI
Rendere bene per male
Comunque, generalmente, si fraintende sul significato del termine amare, in questa circostanza. Gesù non ha affatto inteso, con queste parole, che si deve avere per il proprio nemico la tenerezza che si ha per un fratello o un amico. La tenerezza presuppone la fiducia. Ora, non si può avere fiducia in colui che si sa che ci vuole del male. Non si possono avere con lui le effusioni dell'amicizia, perché lo si ritiene capace di abusarne. Fra persone che diffidano le une delle altre, non si potrebbero avere quegli slanci di simpatia che ci sono fra persone che hanno affinità di pensiero. Infine, non si può trarre lo stesso piacere trovandosi con un nemico piuttosto che con un amico.
Questo sentimento è proprio conseguenza di una legge fisica: quella di assimilazioni e di repulsione dei fluidi. Il pensiero malevolo invia una corrente fluidica la cui sensazione è sgradevole; il pensiero benevolo vi avvolge in un'aura piacevole. In ciò sta la differenza fra le sensazioni che si provano in presenza di un amico o di un nemico. Amare i propri nemici non vuol dire, quindi, che non si debbano fare delle differenze fra loro e gli amici. Questo precetto sembra difficile, persino impossibile da mettere in pratica, solo perché si crede erroneamente che prescriva di dare ai nemici lo stesso posto che occupano gli amici nel nostro cuore. Se la povertà del linguaggio umano obbliga a servirsi di una stessa parola per esprimere sfumature diverse di sentimenti, sarà la ragione a dover fare i distinguo secondo il caso.
Amare i propri nemici, dunque, non significa affatto provare per loro affetto — che non esiste nella natura —, poiché la relazione con un nemico fa battere il cuore in modo ben diverso da quella con un amico. Amare i propri nemici sta nel non avere contro di loro né odio né rancore né desiderio di vendetta; sta nel perdonare senza secondi fini e senza condizioni il male che ci hanno fatto; sta nel non mettere ostacoli alla riconciliazione; sta nell'augurare loro del bene anziché del male; sta nel gioire anziché soffrire del bene che può loro capitare; sta nel tendere loro una mano in caso di necessità; sta nell'astenersi in parole e azioni da tutto ciò che può danneggiarli; sta infine nel rendere loro bene per male, senza volerli umiliare. Chiunque fa ciò adempie a quanto prescrive la massima: «Amate i vostri nemici».
Per il credente, e per lo Spiritista in particolare, il modo di vedere è tutt'altro, perché egli volge lo sguardo al passato e al futuro, fra i quali la vita presente è solo un punto. Egli sa che, per la destinazione stessa della Terra, deve aspettarsi di trovare degli uomini cattivi e perversi; che le cattiverie alle quali è esposto fanno parte delle prove che deve subire. Il punto di vista elevato dal quale osserva gli rende le vicissitudini meno amare, sia che vengano da uomini o da cose. Se non si lamenta delle prove, non deve lamentarsi neppure di coloro che ne sono gli strumenti. Se, invece di lamentarsi, ringrazia Dio di metterlo alla prova, deve ringraziare la mano che gli dà l'occasione di dimostrare la sua pazienza e rassegnazione. Questi pensieri lo predispongono naturalmente al perdono. Egli sente inoltre che quanto più è generoso tanto più egli cresce ai suoi stessi occhi e si trova fuori dal tiro dei dardi del suo malvagio nemico.
Come l'uomo che occupa un livello elevato su questa Terra non si sente offeso dagli insulti di colui che ritiene inferiore, così avviene per chi nel mondo morale si eleva al di sopra del mondo materiale. Egli comprende che l'odio e il rancore lo avvilirebbero e lo sminuirebbero. Ora, per essere superiore al proprio avversario, bisogna avere un'anima più grande, più nobile, più generosa.
I nemici disincarnati
Egli sa pure che la morte lo libera solo della presenza fisica del suo nemico, ma che costui può continuare con il suo odio anche dopo aver lasciato la Terra. Pertanto la vendetta fallirebbe il suo scopo e avrebbe, al contrario, l'effetto di produrre un ulteriore inasprimento che potrebbe continuare da un'esistenza all'altra. Spetta allo Spiritismo dimostrare, per mezzo dell'esperienza e della legge che regge i rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che l'espressione «spegnere l'odio nel sangue» è completamente falsa e che è vero invece che è il sangue a nutrire l'odio anche oltre la tomba. Di conseguenza spetta allo Spiritismo dare una effettiva ragione d'essere e un'utilità pratica al perdono e alla sublime massima del Cristo «Amate i vostri nemici». Non ci sono cuori così perversi da essere insensibili alle buone maniere, anche se non se ne rendono conto. Con le buone maniere si elimina inoltre qualsiasi motivo di rappresaglia. Di un nemico possiamo così fare un amico prima e dopo la morte. Con le cattive maniere lo si inasprisce, ed è allora che serve da strumento della giustizia di Dio per punire chi non l'ha perdonato.
Un tempo si sacrificavano le vittime nel sangue per placare gli dei infernali, che altro non erano che gli Spiriti cattivi. Agli dei infernali sono succeduti i demoni, che sono la stessa cosa. Lo Spiritismo viene a dimostrare che questi demoni altro non sono che le anime degli uomini perversi, i quali non si sono ancora spogliati degli istinti materiali e che si possono placare solo sacrificando il proprio odio, ossia con la carità. La carità riesce non solo a impedir loro di fare del male, ma anche a ricondurli sulla via del bene, contribuendo alla loro salvezza. È così che la massima «Amate i vostri nemici» non è affatto circoscritta alla stretta cerchia della Terra e della vita presente, ma rientra nella grande legge della solidarietà e della fraternità universale.
Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra
La fede nella vita futura e nella giustizia di Dio, che non lascia mai il male impunito, può solo dare la forza di sopportare pazientemente gli attacchi fatti ai nostri interessi e al nostro amor proprio. È per questo che diciamo incessantemente: «Guardate avanti; più vi elevate con il pensiero al di sopra della vita materiale, meno sarete colpiti dalle cose della Terra».
Istruzioni Degli Spiriti
La vendetta
Via dunque questi barbari costumi! Via questi usi di altri tempi! Qualsiasi Spiritista che pretendesse di avere ancora oggi il diritto di vendicarsi sarebbe indegno di continuare a far parte della falange che ha assunto il motto: ,Fuori dalla carità, nessuna salvezza!» Ma no, non saprei arrendermi all'idea che un membro della grande famiglia spiritista possa mai cedere in futuro all'impulso della vendetta anziché a quello del perdono.
(Jules Olivier, Parigi, 1862)
L'odio
(Fénelon, Bordeaux, 1861)
Il duello
È criminosa la morte dovuta a un duello, persino la vostra legislazione lo riconosce. Nessuno ha diritto, in nessun caso, di attentare alla vita di un suo simile. È un crimine agli occhi di Dio che ha tracciato la vostra linea di condotta. Qui, più che in qualsiasi altro caso, voi siete giudici della vostra stessa causa. Ricordatevi che vi sarà perdonato secondo quanto voi stessi avrete perdonato. Attraverso il perdono vi avvicinate alla Divinità, perché la clemenza è sorella della potenza. Finché una sola goccia di sangue umano cadrà sulla Terra per mano dell'uomo, il vero Regno di Dio non sarà ancora giunto, questo regno di pacificazione e d'amore che deve bandire per sempre dal vostro globo l'animosità, la discordia, la guerra. Allora, la parola duello esisterà nel vostro linguaggio solo per indicare un ricordo lontano e vago di un passato che non è più: Gli uomini non conosceranno fra loro altro antagonismo che la nobile rivalità del bene.
(Adolphe, Vescovo di Algeri, Marmande, 1861)
Amici, ricordate questo precetto: «Amatevi gli uni con gli altri» e allora a un colpo inferto dall'odio si risponderà con un sorriso e all'oltraggio con il perdono. Il mondo senza dubbio si ergerà furioso contro di voi e vi tratterà da vile, ma voi levate alta la testa e mostrate allora che la vostra fronte non teme di coronarsi di spine, sull'esempio di Cristo, ma che la vostra mano non vuole essere complice di un cosiddetto delitto autorizzato da una falsa apparenza di onore, che altro non è se non orgoglio e amor proprio. Creandovi, Dio vi ha dato forse il diritto di vita e di morte degli uni sugli altri? No, ha dato questo diritto solo alla natura, per riformarsi e ricostruirsi, ma a voi non ha minimamente permesso di disporre di voi stessi. Come il suicida, colui che duella sarà segnato dal sangue quando arriverà a Dio, e per l'uno e per l'altro il Sovrano Giudice tiene in serbo lunghi e aspri castighi. Se ha minacciato della sua giustizia chi dice raca a suo fratello, quanto sarà più severa la pena per chi apparirà davanti a Dio con le mani rosse del sangue di suo fratello!
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
— nella giustizia di Dio, che non poteva lasciar soccombere un innocente. Nel duello, invece, ci si affida alla forza bruta, cosicché è l'offeso spesso a soccombere.
Oh, stupido amor proprio, sciocca vanità e folle orgoglio, quando sarete dunque sostituiti dalla carità cristiana, dall'amore per il prossimo e dall'umiltà di cui Cristo ha dato l'esempio e il precetto? Allora soltanto spariranno questi mostruosi pregiudizi che ancora governano gli uomini e che le leggi sono impotenti a reprimere, perché non basta interdire il male e prescrivere il bene, bisogna che il principio del bene e l'orrore per il male siano nel cuore dell'uomo.
(Uno Spirito Protettore, Bordeaux, 1861)
Quando la carità sarà la regola di condotta degli uomini, essi conformeranno le loro azioni e le loro parole a questa massima: Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi». Allora spariranno tutte le cause di dissenso e, con esse, quelle che sono causa di duelli e di guerre, che sono poi duelli tra i popoli.
(François-Xavier, Bordeaux, 1861)
(Augustin, Bordeaux, 1861)
Un segno caratteristico del costume dei tempi e dei popoli sta nella consuetudine di portare armi, esibite o celate, offensive e difensive. L'abolizione di questo uso testimonia il civilizzarsi dei costumi ed è interessante seguirne il progresso dall'epoca in cui i cavalieri non cavalcavano mai se non corazzati e armati di lancia, fino ad arrivare a munirsi di una semplice spada, divenuta più un ornamento e un accessorio del blasone che un'arma offensiva.
Un altro aspetto dei costumi è dato dal fatto che una volta i duelli individuali avevano luogo per strada, sotto gli occhi della gente, che si scostava per lasciare campo libero. Oggi ci si nasconde. Oggi la morte di un uomo è un avvenimento, un avvenimento che commuove. Una volta, invece, non ci si faceva caso. Lo Spiritismo toglierà quest'ultimo retaggio di barbarie, infondendo negli uomini lo spirito di carità e di fraternità.
Capitolo XIII - NON SAPPIA LATUA SINISTRA QUEL CHE FA LA DESTRA
Fare del bene senza ostentazione
Quanti sono quelli che compiono il loro obbligo nella speranza che il beneficiato lo vada a gridare in giro, quanti quelli che alla luce del giorno donano ingenti somme e, quando non c'è nessuno che possa vedere, non darebbero una moneta! È per questo che Gesù ha detto: «Quelli che fanno della beneficenza con ostentazione hanno già ricevuto la loro ricompensa». Infatti, chi cerca la sua glorificazione sulla Terra per il bene che fa, si è già ricompensato da solo: Dio non gli deve più niente. Gli rimane solo la punizione per il suo orgoglio.
Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra è una figura retorica che caratterizza mirabilmente la beneficenza offerta con modestia. Ma se c'è la vera modestia, c'è anche la modestia recitata, l'immagine della modestia. Ci sono persone che nascondono la mano che dona, avendo cura di lasciarne intravedere un po', preoccupandosi se qualcuno non li vede nasconderla. Indegna parodia delle massime di Cristo! Se i benefattori orgogliosi sono poco apprezzati dagli uomini, che cosa ne sarà al cospetto di Dio? Costoro hanno già ricevuto la loro ricompensa sulla Terra. Sono stati visti, sono soddisfatti di essere stati visti: questo è tutto ciò che avranno.
Quale sarà dunque la ricompensa per chi fa pesare la sua beneficenza sul beneficiato, obbligandolo in qualche modo a testimoniargli riconoscenza e facendogli sentire la sua posizione col sottolineare il prezzo dei sacrifici ch'egli s'impone per lui? Oh! Per costui non c'è neppure la ricompensa terrena, perché viene privato della dolce soddisfazione di sentire benedire il suo nome. E questo è il primo castigo per il suo orgoglio. Le lacrime che asciuga a vantaggio della propria vanità, anziché salire al cielo, ricadono sul cuore dell'afflitto e lo feriscono. Il bene che fa è senza vantaggio per quello perché gli viene rinfacciato e perché il bene rinfacciato è come una moneta falsa e perciò senza valore.
La beneficenza senza ostentazione ha doppio merito: oltre alla carità materiale, c'è la carità morale. Essa rispetta la sensibilità del beneficiato e gli fa accettare la beneficenza senza che il suo amor proprio ne soffra, salvaguardando la dignità dell'uomo, perché colui che accetterà un favore rifiuterebbe un'elemosina. Ora, fare di un favore un'elemosina, per il modo in cui lo si fa, vuoi dire umiliare chi lo riceve, e c'è sempre orgoglio e cattiveria nell'umiliare qualcuno. La vera carità, al contrario, è delicata poiché il beneficio offerto viene nobilmente dissimulato, per evitare che anche una minima causa possa ferire. Infatti qualsiasi ferita morale andrebbe ad aggiungersi alla sofferenza che nasce dal bisogno. La vera carità sa trovare parole dolci e affabili, che mettono il bisognoso a proprio agio di fronte al benefattore, mentre la carità orgogliosa lo schiaccia. Il massimo della vera generosità si raggiunge quando il benefattore, invertendo i ruoli, trova il modo per sembrare lui stesso il beneficato di fronte a colui al quale rende un servigio. Ecco che cosa vogliono dire le parole: «Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra».
Le sventure nascoste
Chi è quella donna dall'aspetto distinto, dall'abbigliamento semplice ma curato, seguita da una ragazza anch'essa vestita. con riservatezza? Che entra in una casa dall'apparenza poverissima, dove senza dubbio è conosciuta perché sulla porta la si saluta con rispetto? Dove va? Sale fino all'abbaino: là giace una madre circondata dai suoi bambini, e al suo arrivo la gioia brilla negli occhi di quei visi smunti. È colei che viene a lenire i loro dolori, che porta il necessario con dolci e consolanti parole, cosicché il beneficio viene accettato senza arrossire, perché questi sventurati non sono dei mendicanti di professione. Il padre è all'ospedale e la madre non può far fronte alle necessità della famiglia. Grazie a questa signora, quei poveri bambini non soffriranno né la fame né il freddo, andranno a scuola vestiti con abiti caldi e il seno della madre non diverrà arido per i più piccini. Se qualcuno di loro si ammala, la buona signora non avrà alcuna esitazione a prodigarsi per lui in tutto ciò di cui ha bisogno. Da qui, ella si reca all'ospedale per portare al padre qualche sollievo e tranquillizzarlo sulla sorte della famiglia.
All'angolo della strada l'attende un'automobile, un vero magazzino di cose d'ogni genere che porta ai suoi protetti, via via che compie il suo giro di visite. Lei non chiede né la loro fede né le loro opinioni, perché per lei tutti gli uomini sono fratelli e figli di Dio. Al termine della sua missione quotidiana, dice fra sé e sé: ««Ho incominciato bene la mia giornata». Come si chiama, dove abita? Nessuno lo sa: per gli infelici è un nome che non rivela niente. Ma è il loro angelo consolatore. E la sera un concerto di benedizioni si alza verso il Creatore: cattolici, ebrei, protestanti, tutti la benedicono.
Perché quell'abbigliamento così semplice? È perché non vuole insultare la miseria con il suo lusso. Perché si fa accompagnare da sua figlia? È per insegnarle come si fa a praticare la beneficenza. Anche sua figlia vorrebbe fare la carità, ma sua madre le dice: «Che cosa puoi dare, figlia mia, se non hai niente di tuo? Se io ti consegnassi qualcosa da passare agli altri, quale merito avresti? Sarei io per la verità a fare la beneficenza e il merito sarebbe tuo. Non è giusto. Quando andremo a far visita a un ammalato, tu mi aiuterai a curarlo. Ora, prestare delle cure è donare qualcosa. Non ti sembra sufficiente? Niente è più semplice. Impara anche a fare delle cose utili, per esempio, confezionare degli abiti per i bambini. In questo modo tu donerai qualche cosa che viene da te». È così che questa madre veramente cristiana educa sua figlia alla pratica delle virtù insegnate da Cristo. È una Spiritista? Che importa?
In privato, è una donna di società, perché la sua posizione lo esige, ma nessuno sa quello che fa, perché non vuole altra approvazione se non quella di Dio e della sua coscienza. Quando, un giorno, una circostanza imprevista porta da lei una delle sue protette per consegnarle un lavoro. Questa la riconosce e fa per benedire la sua protettrice. «Taci! — le dice. — Guarda di non dirlo a nessuno». Così ha parlato Gesù.
L'obolo della vedova
Il sublime della carità, in questo caso, sarebbe di cercare nel proprio lavoro, con l'impiego delle proprie forze, della propria intelligenza, del proprio talento, le risorse che mancano per realizzare le proprie generose intenzioni. Questo è il sacrificio più grato a Dio. Purtroppo la maggior parte rincorre facili guadagni per arricchirsi tutto d'un colpo e senza fatica, rincorre chimere, quali la scoperta di tesori, un'occasione aleatoria favorevole, il recupero di eredità insperate ecc. E che dire di coloro che sperano di trovare, per essere assecondati in ricerche di questo genere, l'aiuto degli Spiriti? Sicuramente essi non conoscono e non comprendono il fine sacro dello Spiritismo e, ancor meno, la missione degli Spiriti ai quali Dio permette di comunicare con gli uomini. Così sono puniti dalle loro stesse disillusioni. (Il libro dei medium, nn. 294, 295)
Coloro le cui idee sono epurate da tutte le intenzioni personali devono consolarsi per l'impossibilità di fare tutto il bene che vorrebbero, pensando che l'offerta del povero, che dona privandosi, pesa di più, sulla bilancia di Dio, dell'oro del ricco, che dà senza privarsi di niente. Senza dubbio la soddisfazione di poter soccorrere largamente l'indigente sarà grande, ma se non è possibile, bisogna rassegnarsi e limitarsi a fare quello che si può. D'altra parte, non è solo con l'oro che si possono asciugare le lacrime, e si deve forse rimanere inattivi perché non se ne possiede? Chi vuole realmente rendersi utile verso i propri fratelli, trova mille opportunità. Le cerchi e finirà col trovarle, se non in un modo, sarà in un altro. Non esiste infatti nessuno, in grado di intendere e di volere, che non possa rendere un qualsiasi servigio, dare una consolazione, alleviare una sofferenza fisica o morale, fare un passo utile per il prossimo. In mancanza di soldi, chi di noi non ha un lavoro, del tempo, un momento di pausa di cui non possa dare una parte agli altri? Anche in ciò consiste l'elemosina del povero, l'obolo della vedova.
Invitare i poveri e gli storpi
Queste parole, assurde se le si prende alla lettera, sono sublimi se se ne cerca lo spirito. Gesù non può aver voluto dire che invece degli amici bisogna mettere intorno alla propria tavola i mendicanti della strada. Il Suo linguaggio era quasi sempre allusivo e, per degli uomini incapaci di comprendere le delicate sfumature del pensiero, ci volevano delle immagini forti, che producessero l'effetto dei colori dai toni vivi. La sostanza del Suo pensiero viene rivelato da queste parole: «Tu sarai beato, perché essi non hanno modo di contraccambiare». In altre parole: non si deve assolutamente fare il bene in vista di un compenso, ma per il solo piacere di farlo. E per fare un esempio che colpisca, dice che siano invitati al banchetto i poveri che non potranno, come ben si sa, restituirlo. E per banchetto bisogna intendere non il pasto propriamente detto, ma la partecipazione all'abbondanza di cui gli altri fruiscono.
Ciononostante, queste parole possono venire applicate anche in senso più letterale. Quante le persone che invitano alla loro tavola solo quelli che possono, come essi dicono, onorarli o invitarli a loro volta! Altri invece trovano soddisfazione nel ricevere quei parenti o amici meno fortunati. E chi non ne ha fra i suoi? A volte si tratta di rendere loro un grande favore senza averne l'aria. Costoro, senza andare a reclutare ciechi e zoppi, mettono in pratica la massima di Gesù, se lo fanno per beneficenza, senza ostentazione, e se sanno dissimulare il beneficio con sincero senso di ospitalità.
Istruzioni Degli Spiriti
La carità materiale e la carità morale
Ricchi! Pensateci, fate del vostro meglio per aiutare gli infelici, date affinché Dio vi renda un giorno il bene che voi avrete fatto, affinché usciti dal vostro involucro terreno troviate a ricevervi, sulla soglia di un mondo più felice, un corteo di Spiriti riconoscenti.
Se sapeste la gioia che ho provato nel ritrovare nei Cieli quelli che avevo potuto beneficiare nella mia vita!...
Amate dunque il vostro prossimo, amatelo come voi stessi, perché, ora lo sapete, l'infelice che rifiutate può essere un fratello, un padre, un amico che oggi mandate via lontano da voi. E allora grande sarà la vostra disperazione riconoscendolo nel mondo degli Spiriti!
Mi auguro che comprendiate bene che cosa può essere la carità morale, quella che ognuno può mettere in pratica, quella che non costa niente materialmente e che tuttavia è la più difficile da mettere in pratica.
La carità morale consiste nel sopportarsi gli uni con gli altri, ed è ciò che si fa meno in questo mondo inferiore dove vi trovate momentaneamente incarnati. C'è un grande merito, credetemi, nel saper tacere per lasciar parlare uno più sciocco di noi, e questo è un altro genere di carità. Saper essere sordi quando una parola di dileggio sfugge da una bocca abituata a schernire; non vedere il sorriso di sufficienza che accoglie il vostro ingresso in case di certa gente che, sovente a torto, si crede superiore a voi, mentre nella vita spiritista, la sola vera, questa gente a volte ne è ben lontana: ecco un merito, non di umiltà, ma di carità, perché non dare retta ai torti altrui è carità morale.
Ciononostante, questa carità non deve esimerci dall'altra. Pensate soprattutto a non disprezzare il vostro simile; ricordatevi tutto quello che vi ho già detto: bisogna ricordarsi continuamente che, nel povero rifiutato, voi scacciate forse uno Spirito che vi era caro e che ora si trova momentaneamente in una posizione di inferiorità rispetto alla vostra. Ho rivisto un povero della vostra Terra che io ho potuto, fortunatamente, beneficiare alcune volte e che mi succede oggi di implorare a mia volta.
Ricordatevi che Gesù ha detto che siamo tutti fratelli e pensate sempre a ciò prima di mandare via un lebbroso o un mendicante. Addio. Pensate a quelli che soffrono e pregate.
(Sorella Rosalie, Parigi, 1860)
La carità, amici miei, si può fare in molti modi. Potete fare la carità con il pensiero, con le parole e con le azioni. Con il pensiero: pregando per i poveri abbandonati che sono morti senza essere stati in grado di vedere la luce; una preghiera col cuore li solleva. Con le parole: rivolgendo ai vostri compagni di tutti i giorni qualche buon consiglio. Dite agli uomini inaspriti dalla disperazione e dalle privazioni, che bestemmiano il nome dell'Altissimo: «Io ero come voi, ho sofferto, sono stato infelice, ma ho creduto nello Spiritismo e, vedete, ora sono felice». Ai vecchi che vi dicono: «È inutile, sono alla fine della mia vita e morirò come sono vissuto», dite questo: «Dio ha per noi tutti la stessa giustizia. Ricordatevi degli operai dell'ultima ora». Ai bambini che, già traviati dall'ambiente che li circonda, se ne vanno a vagabondare per strada, pronti a soccombere alle corruzioni, dite loro: «Dio si interessa a voi, miei cari piccoli» e non abbiate paura di ripetere più volte queste dolci parole, perché esse finiranno col germogliare nelle loro giovani intelligenze e, invece di piccoli vagabondi, voi ne avrete fatto degli uomini. E anche questa è carità.
Molti di voi dicono anche: «Siamo talmente tanti sulla Terra che Dio non può vederci tutti». Ascoltate bene, amici miei. Quando vi trovate sulla sommità di una montagna, il vostro sguardo non abbraccia forse i miliardi di granelli di terra che la coprono? Ebbene, Dio vi vede allo stesso modo! Vi lascia il libero arbitrio, come voi lasciate che questi granelli di sabbia vadano in balia del vento, che li disperde. Solo che Dio, nella Sua infinita misericordia, ha messo in fondo al vostro cuore una vigile sentinella che si chiama coscienza. Ascoltatela, vi darà solo dei buoni consigli. A volte voi la offuscate opponendole lo spirito del male. Essa tace, allora. Ma siate certi che la povera trascurata si farà nuovamente intendere non appena le lascerete percepire l'ombra del rimorso. Ascoltatela, interrogatela e sovente vi troverete consolato per i consigli che ne avrete ricevuto.
Amici miei, a ogni nuovo reggimento il generale consegna una bandiera. Io vi do questa massima di Cristo: «Amatevi l'un l'altro». Mettete in pratica questa massima, riunitevi intorno a questo stendardo e riceverete felicità e consolazione.
(Uno Spirito Protettore, Lione, 1860)
La beneficenza
Carità, parola sublime che riassume tutte le virtù, sei tu che devi condurre i popoli alla felicità! Praticandoti, essi si creeranno delle gioie infinite per il futuro e, durante il loro esilio sulla Terra, tu sarai la loro consolazione, anticiperai le gioie di cui godranno più tardi, quando si abbracceranno tutti insieme fra le braccia del Dio d'amore. Sei tu, virtù divina, che mi hai procurato i soli momenti di felicità che io abbia mai goduto sulla Terra. Possano i miei fratelli incarnati credere alla voce dell'amico che parla e dice loro: «È nella carità che voi dovete cercare la pace del cuore, la felicità dell'anima, il rimedio contro le afflizioni della vita». Oh! Quando siete sul punto di accusare Dio, gettate uno sguardo sotto di voi e vedrete quante miserie da alleviare, quanti poveri bambini senza famiglia, quanti vecchi che non hanno una mano amica che li soccorra e chiuda loro gli occhi quando la morte li chiama! Quanto bene c'è da fare! Oh! non lamentatevi e ringraziate invece Dio e donate a piene mani la vostra simpatia, il vostro amore, i vostri soldi a tutti quelli che, diseredati dei beni di questo mondo, languiscono nella sofferenza e nell'isolamento. Voi raccoglierete su questa Terra delle gioie ben dolci, e più tardi... Dio solo lo sa!...
(Adolphe,Vescovo di Algeri, Bordeaux, 1861)
Cristo non vi ha forse detto tutto ciò che concerne queste virtù di carità e d'amore? Perché trascurate questi divini insegnamenti? Perché chiudere le orecchie alle sue divine parole e il cuore a tutte le sue dolci massime? Io vorrei che si mettesse più interesse, più fede nelle letture evangeliche. Si trascura questo libro, lo si considera come una parola vana, una lettura non accessibile, si lascia questo codice mirabile nell'oblio. I vostri mali provengono solo dall'abbandono volontario che voi fate di questo compendio delle leggi divine. Leggete dunque queste pagine tutte infuocate della dedizione di Gesù, e meditatele.
Uomini forti, armatevi della vostra forza; uomini deboli, fate un'arma della vostra dolcezza, della vostra fede; usate più persuasione, più costanza nel propagare la vostra nuova dottrina. Non è che un incoraggiamento quello che noi siamo venuti a darvi, ed è solo per stimolare il vostro zelo e le vostre virtù che Dio ci permette di manifestarci a voi. Ma, volendo, è solo dell'aiuto di Dio che abbiamo bisogno e della sua stessa volontà: le manifestazioni spiritiste sono fatte solo per gli occhi serrati e i cuori indocili.
La carità è la virtù fondamentale che deve sostenere tutto l'edificio delle virtù terrene. Senza di essa le altre non esistono. Senza la carità, nessuna speranza in una sorte migliore, nessun interesse morale che ci possa guidare; senza la carità, nessuna fede, perché la fede non è altro che un puro raggio che fa brillare un'anima caritatevole.
La carità è l'eterna ancora di salvezza in tutti i mondi: è la più pura emanazione del Creatore stesso; è la Sua stessa virtù che Egli dona alle creature. Come si potrebbe disconoscere questa sublime bontà?
Quale sarebbe, con questo pensiero, il cuore così perverso da soffocare in sé e poi allontanare questo sentimento tutto divino? Quale sarebbe il figlio così cattivo da ribellarsi contro questa dolce carezza, che è la carità?
Non oso parlare di ciò che ho fatto, perché anche gli Spiriti hanno il pudore delle loro azioni, ma io credo che quella da me iniziata dev'essere una di quelle che maggiormente contribuiscono a consolare i vostri simili. Vedo sovente Spiriti che chiedono come missione di continuare il mio compito. Le vedo, le mie dolci e care sorelle, nel loro pio e divino ministero; le vedo praticare le virtù che vi raccomando, con tutte le gioie che questa esistenza di dedizione e di sacrificio procura. È una grande felicità per me vedere come il loro carattere si nobiliti, come la loro missione sia amata e dolcemente protetta. Uomini dabbene, di buona e forte volontà, unitevi per continuare a vasto raggio l'opera di diffusione della carità. Voi troverete la ricompensa di questa virtù nel suo stesso esercizio. Non c'è gioia spirituale che non ne dia già in questa vita. Siate uniti, amatevi l'un l'altro secondo i precetti di Cristo. Così sia.
(San Vincenzo de' Paoli, Parigi, 1858)
Questa mattina ho fatto il mio giro abituale e con il cuore straziato vengo a dirvi: «Oh! amici miei, quante miserie, quante lacrime e quanto avrete da fare per asciugarle tutte! Io ho vanamente cercato di consolare delle povere madri, ho detto loro all'orecchio: «Coraggio! Ci sono dei cuori buoni che vegliano su di voi, non vi si abbandonerà. Pazienza! Dio è là, voi siete le Sue amate, voi siete le Sue elette». Sembrava che mi intendessero e giravano verso me i loro grandi occhi sbarrati. Io leggevo sul loro povero viso che il loro corpo, questo tiranno dello Spirito, aveva fame e che, se le mie parole rasserenavano un po' il loro cuore, esse non riempivano il loro stomaco. Io ripetevo ancora: «Coraggio! Coraggio!» Allora una povera madre, molto giovane, che allattava un bambino, l'ha preso per le braccia e l'ha sollevato, come per pregarmi di proteggere questo povero piccolo essere che prendeva da un seno sterile un nutrimento insufficiente».
Altrove, amici miei, ho visto dei poveri vecchi senza lavoro e di lì a poco anche senza asilo, in balia di tutte le sofferenze delle necessità, che, vergognosi della loro miseria, non osavano, loro che non avevano mai mendicato, andare a implorare la pietà dei passanti. Con il cuore mosso dalla compassione, io che non avevo niente, mi sono fatta mendicante per loro e vado da tutte le parti a stimolare la beneficenza, ispirando dei buoni pensieri negli animi generosi e compassionevoli. È per questo che io vengo a voi, amici miei, e vi dico: «Laggiù ci sono degli sventurati la cui dispensa è senza pane, il cui focolare è senza fuoco e il letto senza coperte. Non vi dico quello che dovete fare e lascio l'iniziativa al vostro buon cuore. Se io vi dettassi la linea di condotta, la vostra buona azione non avrebbe più merito. Vi dico solamente: io sono la carità e vi tendo la mano per i vostri fratelli 'sofferenti».
Ma se io domando, do anche e do molto: vi invito al grande banchetto e vi offro l'albero al quale vi sazierete tutti! Guardate come è bello, come è carico di fiori e di frutti! Andate, andate, raccogliete, prendete tutti i frutti di questo bell'albero che si chiama beneficenza. Al posto dei ramoscelli che avete preso, io attaccherò tutte le buone azioni che voi farete e porterò questo albero a Dio affinché lo carichi di nuovo, perché la beneficenza è inesauribile. Seguitemi dunque, amici miei, perché vi possa annoverare fra quelli che si arruolano sotto il mio stendardo. Non temete. Io vi condurrò sulla via della salvezza, perché io sono la Carità.
(Carita, martirizzata a Roma, Lione, 1861)
Ascoltate ora, a proposito della carità verso i poveri, i diseredati di questa Terra, ma ricompensati da Dio, se sanno accettare le loro miserie senza lamentarsi, e questo dipende da voi. Mi farò comprendere con un esempio.
Più volte la settimana vedo riunirsi delle signore: ce ne sono di tutte le età. Per noi, lo sapete, sono tutte sorelle. Che cosa fanno dunque? Lavorano alacremente, le mani sono agili, i visi sono radiosi e i loro cuori battono all'unisono! Ma qual è il loro scopo? È che esse vedono avvicinarsi l'inverno, che sarà aspro per i poveri indigenti. Le formiche non hanno potuto mettere da parte durante l'estate il grano necessario, e la maggior parte dei loro effetti personali sono stati impegnati. Le povere madri si angosciano e piangono pensando ai loro piccoli che, questo inverno, avranno freddo e fame! Abbiate pazienza, povere donne! Dio ha ispirato quelle più fortunate di voi, che si sono riunite e vi stanno confezionando dei modesti abiti. Poi, uno di questi giorni, quando la neve avrà coperto la terra e voi vi lamenterete dicendo: «Dio non è giusto», perché è questo che si dice di solito quando si soffre, allora vedrete arrivare uno dei figli di queste brave lavoratrici, che si sono fatte operaie dei poveri. Sì, è per voi che esse lavorano così, e le vostre lamentele si tramuteranno in benedizioni, perché nel cuore degli infelici l'amore segue molto da vicino l'odio.
Poiché bisogna incoraggiare queste lavoratrici, io vedo che esse ricevono le comunicazioni dei buoni Spiriti da tutte le parti. Gli uomini che fanno parte di questa società danno essi pure il loro contributo facendo quelle letture che a loro piacciono tanto. E noi, da parte nostra, per ricompensare lo zelo di tutte, e di ognuna in particolare, promettiamo a queste operaie laboriose una buona clientela che le pagherà in soldi contanti, cioè con le benedizioni, la sola moneta che in Cielo abbia corso, rassicurandole inoltre, e senza paura di esporci troppo, che questa moneta non mancherà mai loro.
(Carita, Lione, 1861)
Due uomini erano morti da poco. Dio aveva detto: «Finché questi due uomini vivranno, si metteranno in un sacco per ognuno tutte le loro buone azioni, e alla loro morte si peseranno i due sacchi». Quando questi due uomini giunsero alla loro ultima ora, Dio si fece portare i due sacchi: uno era grosso, grande, bello imbottito e tintinnava delle monete che lo riempivano; l'altro era piccolo e talmente magro che quasi si vedevano i pochi soldi che conteneva. Ognuno dei due uomini riconobbe il proprio sacco: «Ecco il mio — disse il primo — lo riconosco; sono stato ricco e ho dato molto». «Ecco il mio — disse l'altro — sono sempre stato povero, ahimè, non avevo quasi niente da dividere con gli altri». Ma, sorpresa! Messi i due sacchi sulla bilancia, il più grosso divenne leggero e il più piccolo divenne pesante, tanto da superare di molto l'altro piatto della bilancia. Allora Dio disse al ricco: «Tu hai dato molto, è vero, ma hai dato con ostentazione, per vedere il tuo nome figurare in tutti i templi dell'orgoglio e, inoltre, donando non ti sei tolto niente, vai a sinistra e sii contento che l'elemosina ti venga ancora contata per qualcosa». Poi disse al povero: «Tu hai dato ben poco, amico mio, ma ogni soldo che è su questa bilancia rappresenta una privazione per te; se tu non hai fatto l'elemosina, hai fatto la carità e, ciò che è ancor meglio, tu hai fatto la carità spontaneamente, senza pensare che ti sarebbe stata riconosciuta. Sei stato indulgente; non hai giudicato i tuoi simili, anzi li hai scusati in tutte le loro azioni. Passa a destra e vai a ricevere la tua ricompensa».
(Uno Spirito Protettore, Lione, 1861)
E tu, povera operaia che non hai nulla di superfluo, ma che vuoi, nel tuo amore per i tuoi fratelli, dare anche tu un po' di quello che possiedi, dona qualche ora della tua giornata, del tuo tempo che è la tua sola ricchezza. Esegui qualcuno di quei manufatti eleganti che tanto attirano i fortunati, vendi il prodotto delle tue veglie e potrai così anche tu procurare ai tuoi fratelli la tua parte di conforto. Avrai forse qualche nastro in meno, ma darai delle scarpe a chi ha i piedi nudi.
E voi, donne devote a Dio, lavorate pure voi alla Sua opera, ma che le vostre opere delicate e costose non siano fatte solamente per ornare i vostri altari, per attirare l'attenzione sul vostro talento e la vostra pazienza. Lavorate, figlie mie, e che il prezzo delle vostre opere sia consacrato a consolare i vostri fratelli in Dio. I poveri sono i Suoi figli prediletti: lavorare per loro vuol dire glorificarLo. Siate per loro la Provvidenza, che dice: «Agli uccelli del cielo Dio dà il mangime». Che l'oro e l'argento tessuti dalle vostre dita si mutino in abiti e in nutrimento per quelli che ne sono privi. Fate questo, e il vostro lavoro sarà benedetto.
E voi tutti che potete produrre, date. Date il vostro talento, le vostre ispirazioni, date il vostro cuore che Dio benedirà. Poeti e letterati che siete letti solo dalla gente del gran mondo, soddisfate pure i loro ozi, ma che il ricavato delle vostre opere sia consacrato al sollievo degli infelici. Pittori, scultori e artisti di tutti i generi, che la vostra intelligenza sia di soccorso ai vostri fratelli: non ne avrete meno gloria, e ci sarà qualche sofferenza in meno.
Voi tutti potete dare. A qualsiasi classe voi apparteniate, avete qualcosa che potete condividere. Qualsiasi cosa Dio vi abbia dato dovete farne parte con coloro che mancano del necessario, perché apposto loro sareste ben contenti che qualcuno spartisse parte del suo con voi. Le vostre ricchezze terrene diminuiranno un po', ma quelle in Cielo saranno più abbondanti, perché raccoglierete, centuplicato, ciò che sulla Terra avrete seminato in benefici.
(Jean, Bordeaux, 1861)
La pietà
La pietà è il sentimento più idoneo per farvi progredire, domando il vostro egoismo e il vostro orgoglio. È quel sentimento che dispone la vostra anima all'umiltà, alla carità e all'amore del vostro prossimo, che vi commuove dal più profondo dell'anima di fronte alle sofferenze dei vostri fratelli, che vi fa tendere una mano soccorritrice e vi strappa lacrime di affetto. Non soffocate dunque mai nel vostro cuore questa emozione celeste, non fate come quegli egoisti insensibili che si allontanano dagli afflitti perché la vista della loro miseria turba un istante della loro gioiosa esistenza. Abbiate timore di rimanere indifferenti, quando invece potete essere utili. La tranquillità, conquistata al prezzo di una colpevole indifferenza, è la quiete del Mar Morto, che nasconde nel fondo delle sue acque la melma fetida e la corruzione.
Ciononostante la pietà è lontana dal causare quel turbamento e quel fastidio di cui tanto l'egoista si preoccupa! Senza dubbio l'anima prova, a contatto delle disgrazie altrui e ritornando in se stessa; un brivido naturale e profondo, che fa vibrare tutto il vostro essere e vi crea un'impressione penosa. Ma quale non sarà il compenso che ne riceverete quando riuscirete a ridare coraggio e speranza a un fratello infelice che si commuove alla stretta di una mano amica e il cui sguardo, umido di commozione e riconoscenza, si posa su di voi con dolcezza prima di rivolgersi al Cielo, per ringraziarlo di avergli inviato una persona consolatrice e un appoggio. La pietà è il triste ma celeste precursore della carità, prima fra le virtù di cui è sorella e di cui prepara e nobilita i benefici.
(Michel, Bordeaux, 1862)
Gli orfani
(Uno Spirito Protettore, Parigi, 1860)
Benefici pagati dall'ingratitudine
Costoro hanno più egoismo che carità, in quanto fare del bene solo per ricevere la prova della riconoscenza non vuol dire farlo disinteressatamente, e il beneficio disinteressato è il solo che sia gradito a Dio. C'è in loro anche dell'orgoglio, perché si compiacciono dell'umiltà del beneficiato che va a deporre la sua riconoscenza ai loro piedi per ringraziarli. Chi cerca sulla Terra la ricompensa del bene che fa, non la riceverà in Cielo. Ma Dio terrà conto di chi non la cerca sulla Terra.
Bisogna sempre aiutare i deboli, anche se dovessimo sapere anticipatamente che non saranno grati a chi fa loro del bene. Sappiate che, se colui a cui rendete un favore dimentica il beneficio, Dio ve ne renderà merito più che se foste già stati ricompensati dal vostro beneficiato. Dio permette che a volte voi siate ripagati dall'ingratitudine per provare la vostra perseveranza nel fare il bene.
D'altra parte come fate voi a sapere se questo beneficio, momentaneamente dimenticato, non porterà più tardi un buon frutto? Siate certi, invece, che è un seme che germoglierà con il tempo. Purtroppo voi vedete sempre solo il presente; lavorate per voi e non per gli altri. I benefici finiscono per intenerire i cuori più duri; essi possono essere misconosciuti su questa Terra, ma, quando lo Spirito si sarà sbarazzato del suo velo carnale, si ricorderà, e questo ricordo sarà il suo castigo. Allora rimpiangerà di essere stato ingrato, vorrà riparare il suo errore, pagare il suo debito in un'altra esistenza, sovente accettando una vita di dedizione verso il suo benefattore. È così che, senza che vi sfiori il dubbio, voi avrete contribuito al suo avanzamento morale e riconoscerete più tardi tutta la verità di questa massima: «Un beneficio non va mai perduto». Nello stesso tempo voi avrete anche lavorato per voi, perché avrete il merito di aver fatto del bene disinteressatamente e senza esservi lasciati scoraggiare dalle disillusioni.
Ah, amici miei! Se voi conosceste tutti i legami che nella vita presente ci ricongiungono alle vite precedenti, se voi poteste abbracciare la molteplicità dei rapporti che avvicinano gli esseri gli uni agli altri per il loro mutuo progresso, voi ammirereste ancor meglio la saggezza e la bontà del Creatore, che vi permette di vivere di nuovo per arrivare a Lui.
(Una Guida Protettrice, Sens, 1862)
Beneficenza esclusiva
No, è soprattutto lo Spirito settario e di partito che si deve abolire, perché tutti gli uomini sono fratelli. Il vero Cristiano non vede che dei fratelli fra i suoi simili ed egli, prima di soccorrere chi ne ha bisogno, non gli chiede né di che fede sia, né la sua opinione in qualsivoglia cosa. Seguirebbe forse il precetto di Gesù Cristo, che dice di amare persino i Suoi nemici, se rifiutasse un infelice perché ha una fede diversa dalla sua? Lo soccorra dunque senza chiedergli conto alcuno della sua coscienza. Infatti, se è un nemico della religione, il soccorrerlo sarà un modo per fargliela amare; il rifiutarlo, un modo per fagliela odiare.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Capitolo XIV - ONORA TUO PADRE E TUA MADRE
Onora tuo padre e tua madre
Pietà filiale
Onorare il proprio padre e la propria madre non vuol dire semplicemente rispettarli, vuol dire anche assisterli nel bisogno; procurare loro riposo nei giorni della vecchiaia; circondarli di sollecitudine come essi hanno fatto per noi quando eravamo piccoli.
È soprattutto verso quei genitori senza risorse che si dimostra la vera pietà filiale. Soddisfano forse questo comandamento quei figli che credono di fare un grande sforzo dando loro appena l'indispensabile per sopravvivere, quando essi invece non si privano di niente? Relegandoli nella stanza peggiore della casa, giusto per non abbandonarli in mezzo alla strada, mentre per se stessi si riservano le stanze migliori, le più confortevoli? E sono ancora genitori fortunati quando i figli non fanno ciò di malagrazia o quando non comprano il tempo che resta loro da vivere, scaricando su di loro le fatiche della cura della famiglia! Spetta dunque ai genitori vecchi e deboli fare da servitori ai figli giovani e forti? La loro madre ha forse preteso il pagamento del suo latte quando erano nella culla? Ha forse contato le veglie, quando erano malati, e i passi fatti per procurarsi ciò di cui avevano bisogno? No, non è solamente lo stretto necessario che i figli devono ai loro poveri genitori, ma anche, per quanto possono, le piccole dolcezze del superfluo, le affettuosità, le cure garbate, che altro non sono che gli interessi di ciò che hanno ricevuto, il pagamento di un debito sacro. Solo questa è la pietà filiale accettata da Dio.
Malasorte, allora, a chi dimentica ciò che deve a coloro che l'hanno sostenuto quando era indifeso, che con la vita fisica gli hanno dato la vita spirituale, che sovente si sono imposti dure privazioni per assicurare il suo benessere. Malasorte all'ingrato perché sarà punito con l'ingratitudine e l'abbandono, sarà colpito negli affetti più cari, a volte già in questa vita, ma sicuramente in un'altra vita, dove soffrirà quello che ha fatto soffrire agli altri.
Alcuni genitori, è vero, non assolvono i loro doveri e non sono per i loro figli quello che dovrebbero essere. Ma spetta a Dio punirli e non ai figli. Non spetta a costoro rimproverarli, perché potrebbe darsi che siano essi stessi a meritarlo, per quello che hanno fatto in passato. Se la carità stabilisce per legge di rendere il bene per il male, di essere indulgenti con i difetti degli altri, di non sparlare del prossimo, di dimenticare e perdonare i torti, di amare anche i nemici, come può questa legge non essere ancor più rispettata nei riguardi dei genitori? I figli devono dunque prendere per regola di condotta, verso questi ultimi, tutti i precetti di Gesù riguardo al prossimo e dire a se stessi che qualsiasi comportamento biasimevole nei confronti del prossimo lo è maggiormente nei confronti dei genitori. Ciò che nel primo caso può essere solo un errore, può diventare un crimine nel secondo, perché alla mancanza di carità si aggiunge l'ingratitudine.
Ma all'avvento di Gesù, le idee degli Ebrei erano più evolute. Era giunto il momento di dare loro un nutrimento meno rozzo. Egli li inizia alla vita spirituale dicendo: «Il mio regno non è di questo mondo, è là, e non sulla Terra, che voi riceverete la ricompensa delle vostre buone opere». Sotto queste parole, la Terra Promessa materiale si trasforma in una patria celeste. Così, quando li richiama all'osservanza del comandamento «Onora tuo padre e tua madre», non è più la Terra che promette loro, ma il Cielo (vedere cap. II e III di quest'opera).
Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?
Riguardo ai Suoi fratelli, si sa che essi non hanno mai avuto simpatia per Lui. Spiriti poco avanzati, non avevano per niente compreso la Sua missione. La Sua condotta, ai loro occhi, era bizzarra e i Suoi insegnamenti non li avevano per niente toccati, tanto che nessuno di loro fu Suo discepolo. Sembra persino che sostenessero, almeno fino a un certo punto, i pregiudizi dei Suoi nemici. È certo del resto che Lo accoglievano più come un estraneo che come un fratello, quando si presentava in famiglia. E san Giovanni dice giustamente (7:5): «Neppure i suoi fratelli credevano in Lui».
Quanto a Sua madre, nessuno potrà negare la sua tenerezza per il figlio. Ma si deve pur convenire che ella non si era fatta un'idea molto precisa della Sua missione, perché non la si è mai vista seguire i Suoi insegnamenti né rendergli testimonianza, come aveva fatto Giovanni Battista. La sollecitudine materna era per lei il sentimento dominante. Riguardo a Gesù, supporre che avesse rinnegato Sua madre sarebbe misconoscere il Suo carattere, poiché un tale pensiero non avrebbe mai potuto animare Colui che aveva detto: «Onora tuo padre e tua madre». Si deve dunque cercare un altro senso nelle Sue parole, espresse quasi sempre sotto metafora.
Gesù non trascurava nessuna occasione per dare un insegnamento. Approfittò dunque di quella che gli veniva offerta dall'arrivo della Sua famiglia, per stabilire la differenza che esiste fra la parentela di consanguineità e quella spirituale.
La parentela di sangue e la parentela spirituale
Gli Spiriti che si incarnano in una stessa famiglia, soprattutto fra parenti stretti, sono per lo più Spiriti che nutrono una simpatia reciproca, uniti da relazioni anteriori che si manifestano nei loro affetti durante la vita terrena. Ma può anche succedere che questi Spiriti siano completamente estranei gli uni agli altri, divisi da antipatie anteriori, e che si manifestino con il loro antagonismo anche sulla Terra, che servirà loro di prova. I veri legami familiari non sono dunque quelli della consanguineità, ma quelli della simpatia e della comunione di pensiero, che uniscono gli Spiriti prima, durante e dopo la loro incarnazione. Da qui ne consegue che due esseri di padri diversi possono essere più fratelli attraverso lo Spirito di quanto potrebbero esserlo attraverso il sangue. Possono interessarsi l'uno dell'altro, cercarsi, essere contenti di stare insieme, mentre due fratelli consanguinei possono respingersi, come si può notare tutti i giorni. È un problema morale che solo lo Spiritismo poteva risolvere per mezzo della pluralità delle esistenze (vedere cap. IV, n. 13 di quest'opera).
Ci sono dunque due tipi di famiglie: le famiglie unite da legami spirituali e le famiglie unite da legami corporei. Le prime, durature, si fortificano con la purificazione e si perpetuano nel mondo degli Spiriti attraverso la varie migrazioni dell'anima. Le seconde, fragili come la materia, si esauriscono con il tempo e sovente si dissolvono moralmente fin dalla vita attuale. È ciò che ha voluto far comprendere Gesù dicendo dei Suoi discepoli: «Eccomia madre e i miei fratelli», ossia la mia famiglia per i legami dello Spirito, perché «chiunque avrà fatto la volontà di Dio mi è fratello, sorella e madre».
L'ostilità dei Suoi fratelli è chiaramente espressa nel racconto di san Marco perché, dice, essi si proponevano di requisirlo con il pretesto che aveva perso la ragione. All'annuncio del loro arrivo, conoscendo i loro sentimenti nei Suoi riguardi, era naturale che Gesù dicesse parlando dei Suoi discepoli: «Ecco i miei veri fratelli», in senso spirituale. Sua madre si trovava con loro, ed Egli generalizza l'insegnamento, cosa che non implica minimamente che abbia preteso dire che la Sua madre fisica non lo era anche come Spirito, e che nutriva per lei solo dell'indifferenza. Il Suo comportamento, in altre circostanze, ha sufficientemente dimostrato il contrario.
Istruzioni Degli Spiriti
L'ingratitudine dei figli e i legami familiari
Quando lo Spirito lascia la Terra, esso porta con sé le passioni o le virtù inerenti alla sua natura e va nello spazio a perfezionarsi o a stazionarvi finché non avverte la volontà di vedere la luce. Alcuni sono dunque partiti portando con sé forti odi e insaziati desideri di vendetta. Ma ad alcuni di essi, più progrediti degli altri, è permesso un barlume di verità così da riconoscere i funesti effetti delle loro passioni. Ed è allora che prendono delle buone risoluzioni, comprendono che per arrivare a Dio c'è una sola parola d'ordine: carità. Però non c'è carità senza oblio degli oltraggi e delle ingiurie; non c'è carità con odio nel cuore e senza perdono.
Allora, con uno sforzo inaudito, essi guardano a quelli che hanno detestato sulla Terra. Ma a tale vista la loro animosità si risveglia. Si ribellano all'idea di perdonare, ancor più all'idea di abdicare a se stessi e si ribellano soprattutto all'idea di amare coloro che forse hanno distrutto la loro fortuna, il loro onore, la loro famiglia. Ciononostante il cuore di questi sfortunati è scosso. Esitano, fluttuano, agitati da sentimenti contrastanti. Se la buona risoluzione prevale, essi pregano Dio, implorano i buoni Spiriti di dar loro forza nel momento più decisivo della prova.
Infine, dopo alcuni anni di meditazione e di preghiera, lo Spirito approfitta di un corpo, che si sta preparando nella famiglia di colui che egli ha detestato, e domanda agli Spiriti, incaricati di trasmettere gli ordini supremi, di poter realizzare sulla Terra i destini di questo corpo che si sta formando. Quale sarà dunque la sua condotta in questa famiglia? Essa dipenderà dalla maggiore o minore costanza delle sue buone risoluzioni. Il continuo contatto con le creature che egli ha odiato è una prova terribile, sotto la quale può a volte soccombere, se la sua volontà non è abbastanza forte. Così, a seconda del prevalere della buona o cattiva risoluzione, sarà l'amico o il nemico di quelli in mezzo ai quali è chiamato a vivere. Così si spiegano certi odi, certe avversioni istintive che si notano in alcuni bambini e che nessun fatto precedente sembra giustificare. In effetti nulla, in questa esistenza, può aver provocato questa antipatia. Per trovarne la causa bisogna volgere gli occhi al passato.
O Spiritisti! Comprendete oggi il grande ruolo dell'umanità! Sappiate che, quando generate un corpo, l'anima che in lui si incarna viene dallo spazio per progredire. Prendete coscienza dei vostri doveri e mettete tutto il vostro amore per avvicinare quest'anima a Dio: è la missione che vi è stata affidata, e di cui voi riceverete la ricompensa se la compirete fedelmente. Le vostre cure e l'educazione che le darete concorreranno al suo perfezionamento e al suo benessere futuro. Riflettete sul fatto che a ciascun padre e a ciascuna madre Dio domanderà: “Che cosa avete fatto del bambino affidato alle vostre cure?» Se è rimasto indietro per colpa vostra, il vostro castigo consisterà nel vederlo fra gli Spiriti sofferenti, quando era proprio da voi che dipendeva la sua felicità. Allora sarete voi stessi, tormentati dai rimorsi, a domandare di riparare a questa colpa. Solleciterete una nuova incarnazione per voi e per lui, nella quale lo circonderete di cure migliori, e lui, pieno di riconoscenza, vi circonderà del suo amore.
Non respingete dunque il bambino in fasce che rifiuta sua madre né quello che vi ripaga con l'ingratitudine. Non è il caso che lo ha fatto così né è il caso che ve lo ha mandato. Un'intuizione imperfetta del passato si rivela, e da ciò deducete che l'uno o l'altro già ha molto odiato o già è stato molto offeso, che l'uno o l'altro è venuto per perdonare o per essere perdonato. Madri! Abbracciate dunque il figlio che vi causa dei dispiaceri e dite a voi stesse: «Uno dei due è stato colpevole». Comportatevi in modo da meritare i piaceri divini che Dio concede alla maternità, insegnando a questi figli che sono sulla Terra per perfezionarsi, amare e benedire. Ma, ahimè! Molte di voi, invece di cancellare, attraverso l'educazione, i cattivi principi innati dalle esistenze precedenti, trattengono e sviluppano questi stessi principi con colpevole debolezza o noncuranza. E più tardi il vostro cuore, amareggiato dall'ingratitudine dei vostri figli, sarà per voi, già in questa vita, l'inizio della vostra espiazione.
Il compito non è così difficile come voi potreste credere e non esige assolutamente la scienza del mondo. L'ignorante come il sapiente possono compierlo, e lo Spiritismo viene a facilitarlo facendoci conoscere le cause delle imperfezioni dell'anima umana.
Fin dalla culla il bambino manifesta gli istinti buoni o cattivi che porta dalla sua esistenza precedente. È necessario impegnarsi e studiarli. Tutti i mali hanno la loro origine nell'egoismo e nell'orgoglio. Osservate dunque attentamente il minimo segno che riveli il germe di questi vizi e impegnatevi a combatterli senza attendere che mettano radici profonde. Fate come il buon giardiniere che strappa l'erba cattiva man mano che la vede spuntare. Se voi lasciate sviluppare l'egoismo e l'orgoglio, dopo non stupitevi se sarete ripagati con l'ingratitudine. Quando dei genitori hanno fatto tutto quello che dovevano per il progresso morale dei loro figli e se, nonostante ciò, non dovessero ottenere buoni risultati, in tal caso non avrebbero niente da rimproverarsi, e la loro coscienza potrebbe stare in pace. Ma per il dolore molto naturale che essi provano a causa dell'insuccesso dei loro sforzi, Dio riserva una grande e immensa consolazione, data dalla certezza che si tratta solo di un ritardo — poiché sarà loro permesso di terminare in un'altra vita l'opera iniziata in questa — e che un giorno il figlio ingrato li ricompenserà con il suo amore (vedere cap. XIII, n. 19 di quest'opera).
Dio non sottopone nessuno a prove al di sopra delle forze di chi queste prove richiede, ma permette solo quelle che possono essere compiute. Se non ci si riesce, non è dunque la possibilità che manca, ma la volontà, perché tanti sono quelli che anziché resistere alle cattive passioni se ne compiacciono. È a costoro che sono riservati i pianti e i gemiti delle loro esistenze successive. Ma ammirate la bontà di Dio che non chiude mai la porta al pentito. Arriva infatti il giorno in cui il colpevole è stanco di soffrire, in cui il suo orgoglio viene infine dominato, ed è allora che Dio apre le Sue braccia paterne al figliol prodigo, che si è gettato ai Suoi piedi. Le forti prove, ascoltatemi bene, sono quasi sempre l'indice della fine della sofferenza e di un perfezionamento dello Spirito, quando sono accettate in nome di Dio. È un momento supremo per lo Spirito, ed è soprattutto lì che è importante non sbagliare lamentandosi, se non si vuole perdere il frutto della prova e dover ricominciare daccapo. Invece di lamentarvi, ringraziate Dio che vi offre l'occasione di vincere per darvi il premio della vittoria. Allora quando voi, usciti dalle tempeste del mondo terreno, entrerete nel mondo degli Spiriti, sarete acclamati come il soldato che esce vittorioso dalla battaglia.
Di tutte le prove, le più penose sono quelle che toccano il cuore. C'è chi sopporta con coraggio la miseria e le privazioni materiali, per soccombere poi sotto il peso dei dispiaceri familiari, straziato dall'ingratitudine dei suoi. Oh, che pungente angoscia quella! Ma che cosa può maggiormente spingere, in queste circostanze, al recupero del coraggio morale se non la conoscenza delle cause del male, se non la certezza che, se ci sono lunghi periodi di discordia, non ci sono però disperazioni eterne? In effetti, può forse volere Dio che le Sue creature soffrano in eterno? Che cosa c'è di più consolante, di più incoraggiante del pensare che dipende da se stessi, dai propri sforzi, abbreviare la sofferenza distruggendo in sé la causa del male? Ma, proprio per questo, non si deve fermare lo sguardo sulla Terra e vedere solo una esistenza. Ci si deve elevare, planare nell'infinito del passato e del futuro. Allora la grande giustizia di Dio si rivelerà al vostro sguardo e voi vi dedicherete alla vita con pazienza, perché vi spiegherete ciò che sulla Terra vi sembrava mostruoso, e le ferite che riceverete vi sembreranno solo dei graffi. In questo colpo d'occhio gettato sull'insieme, i legami familiari appaiono sotto la loro vera luce. Essi non sono i più fragili legami della materia che riuniscono i suoi membri, bensì i legami durevoli dello Spirito, che si perpetuano e si consolidano purificandosi, invece di frantumarsi in virtù della reincarnazione.
Gli Spiriti, che l'affinità dei gusti, l'identità del progresso morale e l'affetto spingono a riunirsi, tendono a formare delle famiglie. Questi stessi Spiriti, nelle loro migrazioni terrene, si cercano per raggrupparsi come fanno nello spazio. Da qui nascono le famiglie unite e omogenee. E se, nelle loro peregrinazioni sono momentaneamente separati, essi si ritrovano più tardi, felici dei loro nuovi progressi. Ma siccome non devono lavorare solo per se stessi, Dio permette che Spiriti meno avanzati vadano a incarnarsi in mezzo a loro, perché possano ricevere dei consigli e fruire dei buoni esempi a vantaggio del loro avanzamento. Ciò causa talvolta dei turbamenti in ambito familiare, ma qui sta la prova, qui il compito da eseguire. Accoglieteli dunque come fratelli, soccorreteli, e più tardi, nel mondo degli Spiriti, la famiglia sarà felice di aver salvato dei naufraghi che, a loro volta, potranno salvarne degli altri.
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
Capitolo XV - FUORI DELLA CARITÀ NON C'È SALVEZZA
Che cosa occorre per salvarsi. La parabola del buon Samaritano
Nel quadro in cui Gesù ci mostra il giudizio universale si deve separare, come in molte altre cose, il figurato dalla metafora. A uomini come quelli cui si rivolgeva, incapaci di comprendere le questioni puramente spirituali, doveva presentare degli esempi concreti che colpissero e in grado di impressionare. Perché venissero meglio accettati, non doveva neppure allontanarsi troppo dalle idee del tempo. Quanto alla forma, riservava sempre al futuro la vera interpretazione delle Sue parole e dei punti sui quali non poteva spiegarsi chiaramente. Ma accanto alla parte complementare e descrittiva del quadro, c'è un'idea dominante: quella della felicità che attende il giusto e dell'infelicità riservata al malvagio.
Nel giudizio universale, quali sono le considerazioni su cui si fonda la sentenza? Su che cosa si basa l'inchiesta? Il giudice domanda forse se è stata osservata questa o quella formalità, questa o quella pratica esteriore? No, egli si limita ad appurare una sola cosa: la pratica della carità. E si pronuncia dicendo: «Voi, che avete assistito i vostri fratelli, passate a destra; voi che siete stati insensibili con loro, passate a sinistra». Si informa forse dell'ortodossia della fede? Fa distinzione fra chi crede in un modo e chi in un altro? No, perché Gesù colloca il Samaritano, considerato eretico, ma che porta amore per il prossimo, al di sopra dell'ortodosso che manca di carità. Gesù fa della carità non solo una condizione di salvezza, ma addirittura la sola condizione. Se ce ne fossero state altre da considerare, le avrebbe menzionate. Se pone la carità al primo posto fra le virtù, è perché essa conferma implicitamente tutte le altre: l'umiltà, la dolcezza, la benevolenza, l'indulgenza, la giustizia ecc., poiché la carità è la negazione assoluta dell'orgoglio e dell'egoismo.
Il più grande comandamento
Necessità della carità secondo san Paolo
La carità è paziente, è benevola; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. (...) Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità. (I Corinzi 13:1-7, 13)
Egli fa di più: definisce la vera carità, la mostra, non solo nella beneficenza, ma anche nella riunione di tutte le qualità del cuore, nella bontà e nella benevolenza verso il prossimo.
Fuori della Chiesa non c'è salvezza. Fuori della verità non c'è salvezza
Istruzioni Degli Spiriti
Fuori della carità non c'è salvezza
Amici miei, ringraziate Dio che vi ha permesso di poter fruire della luce dello Spiritismo, non perché solo quelli che la possiedono possono salvarsi, ma perché, aiutandovi a comprendere meglio gli insegnamenti di Cristo, essa fa di voi dei cristiani migliori. Fate sì che vedendovi si possa dire che un vero Spiritista e un vero Cristiano sono una sola e stessa cosa, perché tutti quelli che praticano la carità sono discepoli di Gesù a qualsiasi culto essi appartengano.
(Paolo Apostolo, Parigi, 1860)
Capitolo XVI NON SI PUÒ SERVIRE DIO E MAMMONA
Salvezza dei ricchi
[1] Questa ardita metafora può sembrare un po' forzata, perché non si vede il rapporto fra un cammello e un ago. Il fatto è che in ebraico con la stessa parola si indicava la corda (gomena) e il cammello. Nella traduzione è stata dunque adottata quest'ultima accezione, ma è probabile che nella mente di Gesù fosse la prima. Oltre tutto sarebbe più logico.
Guardarsi dall'avarizia
Gesù in casa di Zaccheo
Parabola del cattivo ricco
Parabola dei talenti
Utilità provvidenziale della ricchezza
Quando Gesù risponde al giovane, che gli domandava come guadagnare la vita eterna: «Va’, vendi ciò che hai e seguimi», non intendeva affatto dire che tutti devono spogliarsi di ciò che possiedono, e che la salvezza si ottiene solo a questo prezzo, ma intendeva dimostrare che l'eccessivo attaccamento ai beni terreni è un ostacolo alla salvezza. Infatti questo giovane si credeva a posto perché aveva osservato determinati comandamenti, ed era tuttavia restio all'idea di dover abbandonare i suoi beni. Il suo desiderio di ottenere la vita eterna non arrivava fino al sacrificio.
La proposta di Gesù era una prova decisiva per mettere in luce ciò che quel giovane pensava nel suo profondo. Senza dubbio egli poteva essere un perfetto e onesto uomo agli occhi del mondo, non fare torto a nessuno, non maledire il prossimo, non essere né vano né orgoglioso. Senza dubbio onorava il padre e la madre, ma non possedeva la vera carità, perché la sua virtù non arrivava fino all'abnegazione. Ecco ciò che Gesù ha voluto dimostrare: la messa in pratica del principio «Senza carità nessuna salvezza».
La conseguenza di queste parole, intese nel loro più rigoroso significato sarebbe l'abolizione della ricchezza in quanto nociva alla felicità futura e fonte di infiniti mali sulla Terra. Si tratterebbe inoltre di condannare il lavoro che può procurarla, conseguenza assurda, che ricondurrebbe l'uomo alla vita primitiva e che, proprio per questo, sarebbe in contraddizione con la legge del progresso, che è una legge di Dio.
Se la ricchezza è fonte di molti mali, se fomenta tante cattive passioni, se è causa persino di crimini, bisogna non riferirsi alla ricchezza in sé, ma all'uomo che ne abusa, come abusa di tutti i doni di Dio. A causa dell'abuso, l'uomo rende pernicioso quanto di più utile potrebbe esserci per lui. Questo è la conseguenza dello stato di inferiorità del mondo terreno. Se la ricchezza producesse solo del male, Dio non l'avrebbe messa sulla Terra. Spetta all'uomo ricavarne del bene. Se non è un elemento diretto del progresso morale è, senza tema di smentita, un potente elemento di progresso intellettuale.
Infatti, missione dell'uomo è lavorare per il miglioramento materiale del globo. Deve dissodare la terra, bonificarla, predisporla perché possa ricevere un giorno tutta la popolazione che la sua superficie comporta. E per nutrire questa popolazione che aumenta incessantemente, bisogna incrementare la produzione. Se la produzione di una regione è insufficiente, bisogna andare a cercarla altrove. Proprio per questo le relazioni fra popolo e popolo diventano una necessità. Per facilitarle è necessario abbattere gli ostacoli materiali che li dividono e rendere le comunicazioni più rapide. Per i lavori, che sono opera di secoli, l'uomo ha dovuto procurarsi dei materiali fin nelle viscere della terra. Ha cercato nella scienza il modo per impiegarli con maggiore sicurezza e rapidità. Ma per fare ciò gli ci sono volute delle risorse: la necessità ha fatto sì che la sua ricchezza crescesse, così come gli ha fatto scoprire le scienze. L'attività resa necessaria da questi lavori ha fatto crescere e sviluppare la sua intelligenza. Questa intelligenza, che si concentra dapprima nella soddisfazione dei beni materiali, l'aiuterà più tardi a comprendere le grandi verità morali. Essendo la ricchezza il primo mezzo di questa immensa realizzazione, possiamo ben dire che senza di essa non ci sarebbero i grandi lavori, le attività, gli stimoli, le ricerche. È dunque con ragione che la ricchezza viene considerata come un elemento di progresso.
Disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze
Ammesso ciò, ci si domanda perché Dio dà la ricchezza a persone incapaci di farla fruttare per il bene di tutti. Ecco un'altra prova della saggezza e bontà di Dio. Dando all'uomo il libero arbitrio, Egli ha voluto che arrivasse, con la sua esperienza personale, a distinguere il bene dal male, e che la pratica del bene fosse il risultato dei suoi sforzi e della sua stessa volontà. L'uomo non deve essere fatalmente condotto né al bene né al male, altrimenti sarebbe solo uno strumento passivo e irresponsabile, come gli animali. La ricchezza è un mezzo per metterlo alla prova moralmente. Ma, poiché essa è allo stesso tempo un potente mezzo di azione per il progresso, Dio non vuole che rimanga a lungo improduttiva ed è per questa ragione che la trasferisce continuamente. Tutti devono possederla, per provare a servirsene e per dimostrare l'uso che ne sanno fare. Siccome è materialmente impossibile che tutti la possiedano nello stesso tempo, e poiché se tutti la possedessero nessuno lavorerebbe, e il miglioramento della Terra ne soffrirebbe, ognuno la possiede quando è il suo turno. Chi non la possiede oggi l'ha già posseduta o l'avrà in un'altra esistenza e chi l'ha oggi potrà non averla domani. Ci sono ricchi e poveri, perché Dio, essendo giusto, decide che ognuno a sua volta debba lavorare. La povertà è per gli uni la prova della pazienza e della rassegnazione; la ricchezza è per gli altri la prova della carità e dell'abnegazione.
Ci si duole con ragione nel vedere il pessimo uso che alcuni fanno della loro ricchezza, le ignobili passioni suscitate dalla cupidigia, e ci si domanda se Dio è giusto a dare la ricchezza a tali persone. È chiaro che, se l'uomo avesse una sola esistenza, niente giustificherebbe una tale ripartizione dei beni della Terra. Ma se, invece di limitare le proprie vedute alla vita presente, si considerasse l'insieme delle esistenze, si vedrebbe che tutto sta in equilibrio con giustizia. Stando così le cose, il povero non ha dunque più motivo di accusare la Provvidenza né di invidiare i ricchi, e i ricchi non hanno più di che gloriarsi per quanto possiedono. Se questi d'altro canto abusano delle ricchezze, non sarà né con i decreti né con le leggi suntuarie che si potrà limitare il superfluo e il lusso e rimediare al male. Le leggi possono momentaneamente cambiare l'apparenza, ma non possono cambiare il cuore. È per questo che le leggi hanno solo una durata temporanea e sono sempre seguite da una reazione sfrenata. L'origine del male si trova nell'egoismo e nell'orgoglio. Gli abusi, di qualsiasi natura, cesseranno da se stessi quando gli uomini si regoleranno in base alla legge della carità.
Istruzioni Degli Spiriti
La vera proprietà
A un viaggiatore che arrivi in una locanda si dà una buona sistemazione se può pagare bene, a uno che ha poco da spendere si dà una sistemazione meno confortevole. Quanto a chi non ha niente, dormirà sulla paglia. Così è dell'uomo che arriva nel mondo degli Spiriti: il posto che gli verrà assegnato dipenderà dai suoi averi, ma non è con l'oro che potrà pagarlo. Non gli verrà certo domandato: «Quanto avevi sulla Terra? Quale posizione occupavi? Eri un principe o un operaio?» Ma gli si domanderà: «Che cosa hai riportato?» Non si calcolerà assolutamente il valore dei suoi beni né dei suoi titoli, ma la somma delle sue virtù. Ora, in base a questo computo, l'operaio può essere più ricco del principe. Invano quest'ultimo addurrà che prima della sua dipartita ha pagato la sua entrata nell'Aldilà con l'oro. Gli si risponderà: «Qui i posti non si comperano, si guadagnano con il bene che si è fatto. Con la moneta della Terra hai potuto comperare campi, case, palazzi; qui tutto si paga con la moneta del cuore. Sei ricco di queste qualità? Sii il benvenuto e vai ai primi posti, dove tutta la felicità ti attende. Sei povero di queste qualità? Vai all'ultimo posto, dove sarai trattato in ragione dei tuoi averi».
(Pascal, Ginevra, 1860)
Si dirà che ciò è comprensibile per la ricchezza ereditata, ma che non lo è per la ricchezza acquisita con il proprio lavoro. Senza dubbio: se una fortuna legittima esiste, è proprio quella che viene acquisita onestamente, perché una proprietà è legittimamente acquisita solo quando, per possederla, non si è fatto torto a nessuno. Gli verrà chiesto di dar conto del denaro guadagnato a danno di altri. Ma per quanto un uomo debba la sua fortuna solo a se stesso, per questo ne porterà via di più morendo? Le cure che impiega nel trasmetterla ai suoi discendenti non sono spesso inutili? Senza dubbio sì, perché se Dio non vuole che gli eredi la ricevano, niente potrà prevalere contro la Sua volontà. Può l'uomo usarne e abusarne impunemente, durante la sua vita, senza doverne rendere conto? No. Permettendogli di acquisire questi beni, Dio ha potuto volerlo ricompensare, in questa vita, dei suoi sforzi, del suo coraggio, della sua perseveranza. Ma se l'uomo se ne è servito solo per soddisfare i suoi sensi e il suo orgoglio, se la ricchezza è diventata motivo di caduta nelle sue mani, sarebbe stato meglio per lui non averla mai posseduta. Da un lato perde quello che ha guadagnato, dall'altro annulla il merito del suo lavoro e quando lascerà la Terra Dio gli dirà che ha già ricevuto la sua ricompensa.
(M., Spirito Protettore, Bruxelles, 1861)
Impiego della ricchezza
Qual è dunque il migliore impiego della ricchezza? Cercate in queste parole, «Amatevi l'un l'altro», la soluzione del problema: qui sta il segreto del buon impiego delle proprie ricchezze. Chi è animato dall'amore per il prossimo ha la sua linea di condotta tracciata. L'impegno che Dio maggiormente gradisce è la carità, non quella carità fredda ed egoistica che consiste nel dispensare intorno a sé il superfluo di un'esistenza dorata, ma quella carità piena d'amore che va in cerca della sofferenza, che soccorre senza umiliare. Ricco, dai il tuo superfluo. Fai di più: dai un po' del tuo necessario, perché il tuo necessario è ancora un di più, ma dai con avvedutezza. Non respingere i lamenti per paura di essere ingannato, ma vai all'origine del male. Prima di tutto soccorri e poi informati, per vedere se un lavoro, dei consigli e persino l'affetto non sarebbero più efficaci della tua elemosina. Diffondi intorno a te, in abbondanza, l'amore di Dio, l'amore per il lavoro, l'amore per il prossimo. Poni le tue ricchezze su una base sicura e che ti porterà dei forti interessi: le buone opere. La ricchezza dell'intelligenza deve servirti come quella dell'oro: diffondi intorno a te i tesori dell'istruzione, spargi sui tuoi fratelli i tesori dell'amore, ed essi frutteranno.
(Cheverus, Bordeaux, 1861)
(Uno Spirito protettore, Cracovia, 1861)
(Fénelon, Algeri, 1860)
Distacco dai beni terreni
Il vostro amore per i beni terreni è uno dei più forti ostacoli al vostro avanzamento morale e spirituale. A causa di questo attaccamento al possesso, vanificate la vostra capacità di amare, concentrandola tutta sulle cose materiali. Siate sinceri: la ricchezza dà forse la felicità pura? Quando la vostra cassaforte è colma, non c'è sempre un certo vuoto nel vostro cuore? Al fondo di questo cesto di fiori, non c'è forse sempre nascosto un serpente? Io comprendo che un uomo, con un lavoro assiduo e onesto, avendo guadagnato una fortuna provi soddisfazione, ben giusta del resto. Ma fra questa soddisfazione, molto naturale e che Dio approva, a un attaccamento che assorbe ogni altro sentimento e neutralizza gli slanci del cuore, c'è una bella distanza. La stessa distanza che c'è fra la sordida avarizia e la prodigalità sconsiderata, due vizi fra i quali Dio colloca la carità, santa e salutare virtù, che insegna ai ricchi a dare senza ostentazione, affinché il povero riceva senza umiliazione.
Che la ricchezza venga dalla vostra famiglia o che l'abbiate guadagnata con il vostro lavoro, una cosa non dovete mai dimenticare: che tutto viene da Dio e tutto a Dio ritorna. Niente vi appartiene sulla Terra, neppure il vostro povero corpo: la morte ve ne spoglia come vi spoglia di tutti i beni materiali. Voi siete i depositari e non i proprietari, non ingannatevi. Dio vi ha fatto un prestito, voi dovete restituirlo, e il prestito viene concesso a condizione che almeno il superfluo vada a coloro che non hanno il necessario.
Un vostro amico vi presta una somma, se avete un minimo di onestà vi farete premura di restituirgliela e gli serberete riconoscenza. Bene: ecco la situazione di tutti gli uomini ricchi! Dio è l'amico celeste che ha prestato loro la ricchezza non domandando più solo amore e riconoscenza, ma esigendo anche che il ricco, a sua volta, doni ai poveri che sono figli Suoi quanto lui.
I beni che Dio vi ha affidato stimolano nei vostri cuori un'ardente e folle cupidigia. Quando vi attaccate smodatamente a una ricchezza passeggera e peritura come voi, non pensate che verrà il giorno in cui dovrete rendere conto al Signore di ciò che da Lui viene? Dimenticate forse che, con la ricchezza, voi siete investiti del carattere sacro di ministri della carità sulla Terra affinché ne siate gli intelligenti dispensatori? Chi siete dunque quando usate a vostro solo profitto ciò che vi è stato affidato, se non degli infedeli depositari? Che cosa nasce da questo oblio volontario dei vostri doveri? La morte, inflessibile e inesorabile, viene a strappare il velo sotto il quale voi vi nascondete e vi obbliga a render conto proprio allo stesso amico che vi aveva favorito e che in questo momento indossa per voi l'abito del giudice.
Invano sulla Terra cercate di illudervi da voi stessi, addolcendo col nome di virtù ciò che spesso è solamente egoismo. Quello che voi chiamate fare economia ed essere previdenti è solo cupidigia e avarizia, e la vostra generosità è solo prodigalità a vostro profitto. Un padre di famiglia, per esempio, astenendosi dal fare la carità, economizzerà, accumulerà oro su oro, e questo, dice lui, per lasciare ai suoi figli il più possibile ed evitar loro di cadere in miseria. Questo è molto giusto e paterno, ne convengo, non lo si può biasimare. Ma è sempre e solo questo lo scopo che lo guida? Non è sovente un compromesso con la propria coscienza per giustificare ai propri occhi e a quelli del mondo il suo personale attaccamento ai beni terreni? Tuttavia, pur ammettendo che l'amore paterno sia il suo unico movente, è forse questo un buon motivo per dimenticare i propri fratelli davanti a Dio? Posto che lui stesso ha già il superfluo, come gli potrebbe mai accadere di lasciare i suoi figli in miseria, se li privasse di un po' di questo superfluo? Non è dare loro una lezione di egoismo e indurire i loro cuori? Non è soffocare in loro l'amore per il prossimo? Padri e madri, voi siete in grande errore se credete di aumentare in questo modo l'amore dei vostri figli nei vostri confronti. Infatti, insegnando loro a essere egoisti con gli altri, voi insegnate loro a esserlo anche con voi.
Quando un uomo ha lavorato molto e ha accumulato beni con il sudore della fronte, voi sentirete spesso dire che quando i propri soldi sono guadagnati se ne comprende meglio il prezzo: niente di più vero. Ebbene! Questo uomo, che confessa di conoscere tutto il valore dei soldi, faccia la carità secondo le sue possibilità, avrà più meriti di chi, nato nell'abbondanza, ignora le dure fatiche del lavoro. Ma se invece questo stesso uomo, che si ricorda delle sue pene e delle sue fatiche, è egoista e duro con i poveri, è ben più colpevole degli altri, perché più si conoscono per esperienza personale i dolori nascosti della miseria, più si deve essere portati a dare sollievo agli altri.
Purtroppo l'uomo di potere porta sempre con sé un sentimento forte quanto l'attaccamento alla ricchezza: l'orgoglio. Non è raro vedere il nuovo ricco stordire lo sventurato, che implora il suo aiuto, con la storia delle sue fatiche e delle sue capacità e, anziché aiutarlo, terminare dicendogli: «Fai come ho fatto io». Per lui, la bontà di Dio non è affatto nella sua ricchezza. Il merito spetta tutto a lui. Il suo orgoglio pone una benda sui suoi occhi e tappi nelle sue orecchie. Con tutta la sua intelligenza e la sua capacità, non capisce che Dio può capovolgere la sua situazione con una sola parola.
Sperperare la propria fortuna non vuol dire non avere attaccamento ai beni terreni, si tratta invece di noncuranza e indifferenza. L'uomo, depositano di questi beni, non ha il diritto di sciuparli o di appropriarsene a proprio vantaggio. La prodigalità non è generosità, è sovente una forma di egoismo. Come colui che getti l'oro a piene mani per soddisfare un capriccio e non darebbe uno scudo per rendere un favore. Il non attaccamento ai beni terreni consiste nel dare alla ricchezza il suo giusto valore, nel sapersene servire a favore degli altri e non solo per se stessi, consiste nel non sacrificarle gli interessi per la vita futura, nel perderla senza reclamare qualora a Dio piaccia togliervela. Se, per dei rovesci imprevisti, voi diventaste un altro Giobbe, come lui, dite: «Signore, voi mi avete dato la ricchezza, voi me l'avete tolta, sia fatta la Vostra volontà». Ecco il vero non attaccamento. Siate innanzi tutto sottomessi. Abbiate fede in Colui che, avendovi dato e tolto, può rendere. Resistete con coraggio alla depressione e alla disperazione che paralizzano le vostre forze. Non dimenticate mai che, quando Dio vi colpirà, a fianco di una grande prova, Egli mette sempre una consolazione. Ma pensate soprattutto che ci sono dei beni infinitamente più preziosi di quelli della Terra, e questo pensiero vi aiuterà ad allontanarvi da questi ultimi. Dare meno valore a una cosa fa sì che si sia meno sensibili quando la si perde. L'uomo che si attacca ai beni della Terra è come il bambino che vede solo il momento presente. Chi non ci tiene è come l'adulto che vede le cose più importanti, perché comprende queste profetiche parole del Signore: «Il mio regno non è di questo mondo».
Il Signore non ordina assolutamente di spogliarsi di ciò che si possiede per ridursi all'accattonaggio volontario, perché in questo caso si diventa un peso per la società. Agire in questo modo vorrebbe dire comprendere male il non attaccamento ai beni terreni; è un egoismo di altro genere, perché è un affrancarsi dalle responsabilità che la ricchezza fa pesare su chi la possiede. Dio la concede a chi Egli ritiene capace di gestirla a profitto di tutti. Il ricco ha dunque una missione, missione che può rendere bella e profittevole; rigettare la ricchezza quando viene data da Dio, significa rinunciare al beneficio del bene che si può fare amministrandola con saggezza. Saper vivere senza di lei, quando non la si ha, saperla impiegare utilmente quando la si ha, saperla sacrificare quando ciò è necessario, è agire secondo le intenzioni del Signore. Colui che riceve in sorte ciò che il mondo chiama una buona fortuna, esclami: «Mio Dio, mi mandate un nuovo incarico, datemi la forza di compierlo secondo la Vostra santa volontà».
Ecco, amici miei, ciò che intendevo insegnarvi riguardo al non attaccamento ai beni terreni. Riassumo dicendo: «Sappiate accontentarvi di poco. Se siete poveri, non invidiate i ricchi, perché la ricchezza non è necessaria per la felicità. Se siete ricchi, non dimenticate che questi beni vi sono stati affidati, e che voi dovrete giustificarne l'impiego come in un conto di denaro avuto in prestito. Non siate dei depositari infedeli, mettendoli solo al servizio della soddisfazione del vostro orgoglio e della vostra sensualità. Non credetevi in diritto di disporre, per voi unicamente, di ciò che avete avuto solo in prestito e non in dono. Se voi non saprete restituire, non avrete più il diritto di chiedere e ricordatevi che chi dà ai poveri salda il debito che ha contratto con Dio».
(Lacordaire, Constantine, 1863)
Trasmissione della ricchezza
L'uomo può tranquillamente trasmettere, alla sua morte, i beni di cui ha goduto durante la vita, perché l'effetto di questo diritto è sempre subordinato alla volontà di Dio che può, volendo, impedire ai suoi discendenti di fruirne. È così che si vedono crollare fortune che sembravano tra le più solide. La volontà dell'uomo per mantenere la sua ricchezza nella linea di discendenza è dunque impotente, ma ciò non gli impedisce di trasmettere il prestito che ha ricevuto, perché Dio glielo toglierà quando lo riterrà giusto.
(San Luigi, Parigi, 1860)
Capitolo XVII - SIATE PERFETTI
Caratteri della perfezione
È dunque necessario intendere con queste parole la perfezione relativa, quella di cui l'umanità è suscettibile di comprensione e che di più può avvicinarla alla Divinità. In che cosa consiste questa perfezione? Gesù lo dice: «Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e vi perseguitano». Egli dimostra con ciò che l'essenza della perfezione è la carità nella sua più ampia accezione, perché essa comporta la pratica di tutte le altre virtù.
Infatti, se si osservano le conseguenze di tutti i vizi e persino quelle dei semplici difetti, si riconoscerà che non ce n'è alcuno che non alteri tanto o poco che sia, il sentimento della carità, perché tutti i vizi traggono la loro origine dall'egoismo e dall'orgoglio, che della carità sono la negazione. Infatti tutto ciò che va ad alimentare in modo esagerato il sentimento dell'io distrugge, o quanto meno affievolisce, gli elementi della vera carità, che sono: la benevolenza, l'indulgenza, l'abnegazione e la dedizione. L'amore per il prossimo, portato fino all'amore per i propri nemici, non potendosi alleare con nessun difetto contrario alla carità è, proprio per questa ragione, sempre indizio di una superiorità morale maggiore o minore. Da ciò risulta che il grado della perfezione è in ragione della profondità di questo amore. È per questo che Gesù, dopo aver dato ai Suoi discepoli le regole della carità, relativamente a quanto essa ha di più sublime, disse loro: «Siate dunque perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste».
L'uomo dabbene
Ha fede in Dio, nella Sua bontà, nella Sua giustizia e nella Sua saggezza. Sa che niente succede senza il Suo permesso e si sottomette in tutto alla Sua volontà.
Ha fede nell'avvenire. È per questo che pone i beni spirituali al di sopra dei beni temporali.
Sa che tutte le vicissitudini della vita, tutti i dolori e tutte le disillusioni sono delle prove o delle espiazioni e le accetta senza lamentarsi.
L'uomo dabbene, pervaso dal sentimento di carità e d'amore per il prossimo, fa il bene per il bene, senza attendersi un ritorno, ricambia con il bene il male ricevuto, prende la difesa del debole contro il forte e sacrifica sempre il suo interesse alla giustizia.
Trova soddisfazione nelle opere di bene che distribuisce, nei servizi che presta, nel cercare di fare felici le persone, nelle lacrime che asciuga, nella consolazione che dà agli afflitti. Il suo primo agire è pensare agli altri prima che a se stesso, cercare l'interesse degli altri prima del proprio. L'egoista, al contrario, calcola i profitti e le perdite di qualsiasi azione generosa.
È buono, umano e benevolo con tutti, senza distinzione di razza e di religione, perché vede in tutti gli uomini i suoi fratelli.
Rispetta negli altri qualsiasi convinzione sincera e non lancia anatemi contro chi non la pensa come lui.
In ogni circostanza la carità è la sua guida. Si dice che chi porta danno agli altri con parole malevole, che urta la sensibilità di qualcuno con il suo orgoglio e il suo disprezzo, che non indietreggia di fronte all'idea di causare una sofferenza, una contrarietà, anche minima, quando potrebbe evitarla, manca al dovere di amare il prossimo e non merita la clemenza del Signore.
L'uomo dabbene non ha né odio né rancore né desiderio di vendetta. Sull'esempio di Gesù, perdona e dimentica le offese e ricorda solo benefici, perché sa che gli sarà perdonato nella misura in cui lui stesso avrà perdonato.
È indulgente con le debolezze altrui, perché sa che lui stesso ha bisogno di indulgenza, e si ricorda di queste parole di Cristo: «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra».
Non si compiace nel cercare i difetti degli altri né a porli in evidenza. Se la necessità lo obbliga a questo, cerca sempre quanto di bene possa attenuare il male.
Prende in esame le sue imperfezioni e lavora senza sosta per combatterle. Impiega tutti gli sforzi per poter dire che il domani ha in sé qualcosa di meglio del giorno precedente.
Non cerca di far valere né se stesso né il suo talento a spese altrui. Cerca, al contrario, tutte le occasioni per far emergere ciò che di meglio c'è negli altri.
Non si vanta né della sua ricchezza né dei suoi vantaggi personali, perché sa che tutto quello che gli è stato dato può venirgli tolto.
Usa, ma assolutamente non abusa, dei beni che gli vengono concessi, perché sa che si tratta di un deposito di cui dovrà rendere conto, e che l'impiego più pregiudizievole che possa farne per se stesso è quello di servirsene per la soddisfazione delle passioni.
Se l'ordine sociale ha messo degli uomini alle sue dipendenze, li tratta con bontà e benevolenza, perché sono uguali a lui davanti a Dio. Fa uso della sua autorità per elevarli moralmente e non per schiacciarli con il suo orgoglio ed evita tutto ciò che potrebbe rendere più penosa la loro posizione di subalterni.
Il subordinato, da parte sua, comprende i doveri che la sua condizione comporta e si fa scrupolo di adempierli coscienziosamente. (vedere al n. 9 di questo cap.)
L'uomo dabbene, infine, rispetta tutti i diritti assegnati dalle leggi di natura ai suoi simili, come vorrebbe fossero rispettati nei suoi confronti.
Questo non è l'elenco di tutte le qualità che distinguono l'uomo dabbene, ma chiunque si sforzi di possederle è sul cammino che conduce a tutte le altre.
I buoni Spiritisti
Però, molti di quelli che credono nelle manifestazioni spiritiste non ne comprendono né le conseguenze né la portata morale o, se le comprendono, non le applicano a se stessi. Da che cosa dipende? Da un'assenza di rigore della dottrina? No, perché essa non contiene né allegorie né un linguaggio figurato che possa dar luogo a errate interpretazioni. La chiarezza è la sua stessa essenza, ed è ciò che costituisce la sua forza, perché va dritta all'intelletto. Non ha niente di misterioso, e i suoi seguaci non sono in possesso di alcun segreto tenuto nascosto alla gente comune.
Per comprenderla è dunque necessaria un'intelligenza fuori dal comune? No, perché ci sono uomini di notevole intelligenza che non la comprendono, mentre ci sono intelligenze comuni, persino di giovani appena usciti dall'adolescenza, che l'apprendono con ammirevole precisione nei minimi dettagli. Ciò deriva dal fatto che la parte, per così dire, materiale della scienza richiede solo gli occhi per osservarla, mentre la parte essenziale dello Spiritismo comporta un certo grado di sensibilità, che si può chiamare maturità del senso morale, maturità indipendente dall'età e dal grado di istruzione perché corrisponde soprattutto allo sviluppo dello Spirito incarnato.
In alcuni, i legami con la materia sono ancora troppo tenaci per permettere allo Spirito di liberarsi delle cose della Terra. Le nebbie che lo avvolgono gli impediscono la visione dell'infinito. È per questo che essi non rompono con le loro preferenze né con le loro abitudini, non comprendendo che c'è qualcosa di meglio di quello che posseggono. Il credere negli Spiriti è per loro un semplice fatto, ma modifica solo poco o niente le loro tendenze istintive. In una parola, vedono solo un raggio di luce, insufficiente per orientarli e dar loro quella forte ispirazione in grado di vincere le loro inclinazioni. Si attaccano più ai fenomeni che alla morale, che gli sembra banale e monotona. Domandano agli Spiriti di iniziarli subito ai nuovi misteri, senza chiedersi se si sono resi degni di essere introdotti nei segreti del Creatore. Sono gli Spiritisti imperfetti, alcuni dei quali restano per strada, o si allontanano dai loro fratelli di fede, perché indietreggiano di fronte all'obbligo di migliorare se stessi, ossia riservano le loro simpatie per coloro che condividono le loro debolezze o le loro prevenzioni. Comunque, l'accettazione dei principi della dottrina è un primo passo che renderà il secondo più facile in un'altra esistenza.
Chi può, a buon diritto, qualificarsi come un vero e sincero Spiritista si trova a un grado superiore di avanzamento morale. Lo Spirito già domina con maggiore completezza la materia e ha una percezione più chiara del futuro. I principi della Dottrina Spiritista fanno vibrare in lui le fibre delle sensibilità che rimangono mute negli altri. In una parola, è stato colpito nel profondo del cuore: per questo la sua fede è incrollabile. Quello è come il musicista che si commuove per certe melodie, mentre questo sente solo il suono. Il vero Spiritista si riconosce dalla sua trasformazione morale e dagli sforzi che fa per dominare le cattive inclinazioni. Mentre l'uno si compiace del proprio limitato orizzonte, l'altro, comprendendo che c'è qualcosa di meglio, si sforza di staccarsi da quell'orizzonte e ci riesce quando ha una ferma volontà.
Parabola della semina
«Voi dunque ascoltate che cosa significhi la parabola del seminatore! Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato. Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa. Ma quello che ha ricevuto il seme in buona terra, è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l'uno rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta». (Matteo 13:18-23)
Ciò trova un'applicazione, non meno logica, nelle differenti categorie di Spiritisti. Non è forse, questa parabola, l'emblema di coloro che, attratti solo dai fenomeni materiali, non ne traggono nessuna conseguenza perché li vedono solo come oggetto di curiosità? Non simbolizza forse quelli che cercano solo l'aspetto appariscente delle comunicazioni degli Spiriti e si interessano solo a ciò che soddisfa la loro immaginazione, ma che, dopo averli intesi, continuano a essere freddi e indifferenti come prima? Non simbolizza forse quelli che trovano i consigli molto buoni e li apprezzano, ma si aspettano che siano gli altri ad applicarli e non essi stessi? O quelli infine per i quali gli insegnamenti sono come i semi caduti sulla terra fertile e producono dei frutti?
Istruzioni Degli Spiriti
Il dovere
Nell'ordine dei sentimenti, il dovere è molto difficile da compiersi perché si trova in antagonismo con le seduzioni dell'interesse e del cuore. Le sue vittorie non hanno testimoni, e le sue sconfitte non subiscono repressioni. Il dovere intimo dell'uomo è lasciato al suo libero arbitrio. Pungolo della coscienza, questa guardiana della probità interiore, lo avverte e lo sostiene, ma rimane sovente impotente di fronte alle sottigliezze della passione. Il dovere del cuore, fedelmente osservato, eleva l'uomo. Ma questo dovere come può essere definito? Dove comincia? Dove termina? Il dovere inizia precisamente nel punto in cui voi minacciate la felicità o la tranquillità del vostro prossimo, e termina laddove voi non vorreste veder varcare quel limite riguardo a voi stessi.
Dio ha creato tutti gli uomini uguali di fronte al dolore. Piccoli o grandi, ignoranti o colti, tutti soffrono per le stesse cause, affinché ognuno stimi con giudizio il male che può fare. Lo stesso criterio non vale per il bene, infinitamente più vario nelle sue manifestazioni. L'uguaglianza di fronte al dolore è una sublime provvidenza di Dio, che vuole che i Suoi figli, istruiti dall'esperienza comune, non commettano il male prendendo a pretesto la non conoscenza delle sue conseguenze.
Il dovere è la summa pratica di tutte le speculazioni morali, è una fortezza dell'anima che affronta le angosce della lotta. Esso è austero e docile, pronto a piegarsi alle varie complicazioni, ma rimane inflessibile di fronte alle tentazioni. L'uomo che compie il suo dovere ama Dio più delle sue creature, e le creature più di se stesso. È allo stesso tempo giudice e schiavo della sua stessa causa.
Il dovere è la più bella gemma della ragione. Esso la mette in risalto come i figli mettono in risalto la loro madre. L'uomo deve amare il dovere, non perché lo preservi dai mali della vita, ai quali l'umanità non può sottrarsi, ma per dare all'anima il vigore necessario al suo sviluppo.
Il dovere cresce e si irradia in forma elevata in ognuna delle tappe superiori dell'umanità. L'obbligo morale della creatura verso Dio non finisce mai e deve riflettere le virtù dell'Eterno, che non accetta un abbozzo imperfetto, perché vuole che la bellezza della Sua opera risplenda davanti a Lui.
(Lazare, Parigi, 1863)
La virtù
È alla virtù così compresa e praticata che io vi invito, figli miei. È a questa virtù veramente cristiana e veramente spiritista che io vi invito a consacrarvi. Ma allontanate dai vostri cuori il pensiero dell'orgoglio, della vanità e dell'amor proprio, che sempre privano di valore tutte le più belle qualità. Non imitate l'uomo che si pone come modello e vanta lui stesso le sue qualità per tutte le orecchie compiacenti. Questa virtù ostentata nasconde sovente una quantità di piccole meschinità e di odiose viltà.
In pratica, l'uomo che si esalta da solo, che innalza un monumento alla sua stessa virtù, annulla per questo stesso fatto tutti i meriti effettivi che può avere. Ma che dire di colui il cui valore è solo quello di apparire quanto non è? Io voglio pur ammettere che l'uomo che fa il bene senta nel profondo del cuore un'intima soddisfazione, ma quando questa soddisfazione si esteriorizza per ricevere degli elogi degenera in amor proprio.
O voi tutti, che la fede spiritista ha riscaldato con i suoi raggi e che sapete quanto l'uomo sia lontano dalla perfezione, non commettete mai una simile stoltezza. La virtù è una grazia che io auguro a tutti gli Spiritisti sinceri, ma io dirò loro: «Meglio meno virtù con modestia che tante con orgoglio. È per l'orgoglio che le generazioni. l'una dopo l'altra, si sono perdute, ed è con l'umiltà che esse dovranno riscattarsi un giorno».
(François, Nicolas, Madeleine, Parigi, 1863)
I superiori e gli inferiori
Chiunque sia depositario di una autorità, di qualsiasi portata essa sia, dal padrone sul suo dipendente fino al sovrano sul suo popolo, non deve fingere di non sapere che è responsabile di anime, poiché risponderà del buono o del cattivo orientamento che egli avrà dato ai suoi subalterni. E gli errori che costoro potranno aver commesso,
i vizi dai quali si saranno lasciati trascinare a causa di questo orientamento o dei cattivi esempi, ricadranno su di lui. Raccoglierà, invece, i frutti del suo impegno se li avrà condotti al bene. Ogni uomo ha sulla Terra una missione piccola o grande, e qualunque essa sia, è sempre data a fin di bene. Falsarne, dunque, il vero significato vuol dire farla fallire.
Se Dio domanda al ricco: «Che facesti della fortuna che nelle tue mani avrebbe dovuto essere una sorgente che spandeva fecondità intorno a sé?», domanderà anche a chi è investito di una qualsiasi autorità: «Che uso hai fatto di questa autorità? Quali mali hai fermato? Quale progresso hai portato a compimento? Se io ti ho dato dei subordinati, non è stato per renderli schiavi della tua volontà né docili strumenti dei tuoi capricci o della tua ambizione. Io ti ho fatto forte e ti ho consegnato dei deboli perché tu li sostenessi e li aiutassi a salire verso di me».
Il superiore che, investito di autorità, segue le parole di Cristo, non disprezza nessuno dei suoi sottoposti, perché sa che le differenze sociali non hanno importanza davanti a Dio. Lo Spiritismo gli insegna che, se oggi alcuni sono ai suoi ordini, essi hanno potuto comandarlo in passato o lo potranno in futuro, e sarà allora trattato come lui stesso ha trattato loro.
Se il superiore ha dei doveri da rispettare, l'inferiore dal canto suo non ne ha di meno sacri. Se quest'ultimo è Spiritista, la sua coscienza gli dirà ancor meglio che non è dispensato dai suoi doveri, anche qualora il suo superiore non dovesse rispettare i propri, perché sa che non si deve rendere male per male, e che gli errori degli uni non autorizzano gli errori degli altri. Se egli subisce una certa condizione, senza dubbio sa che se la merita, perché lui stesso potrebbe aver abusato un tempo della sua autorità e sa che deve a sua volta soffrire i disagi che ha fatto soffrire agli altri. Se è obbligato a subire una certa situazione, anziché trovarne una migliore, lo Spiritismo gli insegna a rassegnarsi, quale prova d'umiltà necessaria al suo avanzamento. È guidato nella sua condotta dal suo credo e si comporta come vorrebbe che i suoi dipendenti si comportassero se fosse lui il capo. Proprio per questo è più zelante nell'adempiere i suoi obblighi, perché comprende che qualsiasi negligenza sul lavoro affidatogli è un danno per colui che lo rimunera e al quale deve il suo tempo e il suo impegno. In una parola, egli è sollecitato dal sentimento del dovere, che gli viene dalla sua fede e dalla certezza che ogni deviazione dal retto cammino è un debito che dovrà pagare più tardi.
(François, Nicolas, Madeleine e cardinale Morlot, Parigi, 1863)
L'uomo nel mondo
Non crediate però che nello spronarvi incessantemente alla preghiera e all'evocazione mentale, vogliamo spingervi a vivere una vita mistica che vi sottragga alle leggi della società dove voi siete destinati a vivere. No. Vivete con gli uomini della vostra epoca come devono vivere gli uomini. Ma, se rinuncerete alle necessità e anche alle banalità del quotidiano, fatelo con un sentimento di purezza da cui trarre santificazione.
Se siete chiamati a entrare in contatto con uomini i cui Spiriti sono di natura differente e di carattere opposto, non urtate nessuno di coloro con i quali vi trovate. Siate lieti, siate felici, ma di una letizia data dalla coscienza serena, dalla felicità dell'erede del Cielo, che conta i giorni che lo separano dal godere della sua eredità.
La virtù non consiste nell'assumere un aspetto severo e funereo, nel rifiutare i piaceri che la vostra condizione umana vi consente. È sufficiente riferire tutte le azioni della vita al Creatore, che questa vita vi ha dato. È sufficiente, quando si inizia o si conclude un'opera, levare il pensiero al Creatore e invocare, in un impeto dell'animo, sia la Sua protezione per riuscire, sia la sua benedizione per l'opera compiuta. Qualunque cosa facciate, risalite alla fonte di tutte le cose. Non fate mai niente senza che il pensiero di Dio non venga a purificare e santificare le vostre azioni.
La perfezione si trova tutta, come disse Cristo, nella pratica della carità senza limiti, poiché i doveri della carità si estendono a tutte le classi sociali, dalle più basse alle più alte. L'uomo che vivesse isolato non avrebbe l'opportunità di esercitare la carità. Solo nel contatto con i propri simili, nelle lotte più difficili, l'uomo trova l'occasione di esercitarla. Colui che si isola si priva volontariamente del più potente mezzo per perfezionarsi. Non avendo da pensare che a se stesso, la sua vita è quella di un egoista (vedere cap. V, n. 26 di quest'opera).
Non pensate dunque che per vivere in comunicazione costante con noi, per vivere sotto l'occhio del Signore, sia necessario indossare il cilicio e coprirsi di cenere. No, una volta ancora no. Siate felici seguendo le necessità del vivere umano, ma che nella vostra felicità non entri mai né un pensiero né un atto che possa offendere Dio o far provare vergogna a quelli che vi amano e vi guidano. Dio è amore e benedice coloro che amano santamente.
(Uno Spirito Protettore, Bordeaux, 1863)
Aver cura del corpo e dello spirito
Ecco due sistemi: quello degli asceti che vogliono annullare il corpo, e quello dei materialisti che vogliono annullare l'anima: due violenze, pressoché insensate sia l'una che l'altra. A fianco di queste due grandi correnti pullula la numerosa schiera degli indifferenti che, senza convinzione e senza passione, amano tiepidamente e gioiscono modestamente. Dove sta dunque la saggezza? Dov'è dunque la scienza del vivere? Né dall'una né dall'altra parte. E questo grande problema resterebbe completamente irrisolto se lo Spiritismo non venisse in aiuto di coloro che cercano la soluzione dimostrando i rapporti che esistono fra il corpo e l'anima, e affermando che, poiché sono necessari l'uno all'altra, bisogna aver cura di tutti e due. Amate dunque la vostra anima, ma curate anche il vostro corpo, strumento dell'anima. Ignorare i bisogni che sono indicati dalla natura stessa, è ignorare la legge di Dio. Non punite il corpo per gli errori che il vostro libero arbitrio gli ha fatto commettere, di cui peraltro non è responsabile, così come il cavallo mal guidato non è responsabile degli incidenti che ha causato. Sareste forse più perfetti se, pur martirizzando il corpo, voi non diventaste né meno egoisti né meno orgogliosi e neppure un po' più caritatevoli con il vostro prossimo? No, la perfezione non consiste in questo. Essa è tutta nel rinnovamento che voi farete subire al vostro Spirito. Piegatelo, sottomettetelo, umiliatelo, mortificatelo: è il mezzo per renderlo docile alla volontà di Dio e il solo che conduca alla perfezione.
(Georges, Spirito Protettore, Parigi, 1863)
Capitolo XVIII - MOLTI SONO I CHIAMATI, MA POCHI GLI ELETTI
Parabola del banchetto di nozze
Si può dire altrettanto di tutte le allegorie, delle favole più ingegnose, se non le si spoglia del loro involucro per cercarne il significato nascosto. Gesù si ispirava alle usanze più comuni della vita e adattava le sue parabole ai costumi e al carattere del popolo al quale si rivolgeva. La maggior parte di esse aveva lo scopo di introdurre nelle masse il concetto di vita spirituale. Sovente il senso non appare intelligibile solo perché non si parte da questo punto di vista.
In questa parabola, Gesù paragona il Regno dei Cieli, dove tutto è gioia e felicità, a un banchetto nuziale. Riguardo ai primi invitati, Egli fa allusione agli Ebrei che Dio aveva chiamato per primi alla conoscenza della sua legge. Gli inviati del re sono i profeti che erano andati a esortare i Giudei a seguire la via della vera felicità. Ma le loro parole erano poco ascoltate, i loro ammonimenti venivano disprezzati e molti dei profeti furono persino massacrati, come i servitori della parabola. Gli invitati che si scusano, dovendo prendersi cura dei campi o dei loro affari, sono l'emblema delle persone del mondo che, assorbite dalle cose terrene, sono indifferenti alle cose celesti.
C'era una credenza, presso i Giudei di allora, secondo la quale il loro popolo avrebbe dovuto acquisire la supremazia su tutti gli altri. In effetti, non aveva forse Dio promesso ad Abramo che la sua posterità avrebbe coperto tutta la Terra? Ma come sempre, tenendo conto della forma e non della sostanza, essi credettero a una dominazione effettiva in senso materiale.
Prima della venuta di Cristo, a eccezione degli Ebrei, tutti i popoli erano idolatri e politeisti. Se qualche uomo superiore concepì l'idea dell'unità divina, questa idea restò allo stato di opinione personale, ma in nessun luogo venne accettata come verità fondamentale, se non da parte di qualche iniziato, che nascondeva la sua conoscenza sotto un velo di mistero, impenetrabile per le masse. Gli Ebrei furono i primi a praticare pubblicamente il monoteismo. È a loro che Dio trasmise la Sua legge, prima attraverso Mosè, poi attraverso Gesù. È da questo piccolo focolare che è partita la luce che si sarebbe diffusa in tutto il mondo, che avrebbe trionfato sul paganesimo e dato ad Abramo una posterità spirituale «numerosa come le stelle del firmamento».
Ma i Giudei, benché rigettassero l'idolatria, trascurarono la legge morale, per rivolgersi alla più facile pratica del culto esteriore. Il male era al culmine. La nazione, dominata dai Romani, era dilaniata dalle fazioni, divisa dalle sette. La miscredenza stessa era penetrata persino nei templi. Fu allora che apparve Gesù, inviato per ricordare loro l'osservanza della legge e aprire i nuovi orizzonti della vita futura. Invitati per primi al grande banchetto della fede universale, essi respinsero la parola del celeste Messia, e Lo sacrificarono. È così che persero il frutto che avrebbero raccolto di loro iniziativa.
Sarebbe tuttavia ingiusto accusare tutto il popolo di questo stato di cose. La responsabilità ricade soprattutto sui Farisei e sui Sadducei che rovinarono la nazione a causa dell'orgoglio e del fanatismo degli uni e della miscredenza degli altri. Sono soprattutto loro che Gesù equipara agli invitati che rifiutarono di recarsi al pranzo di nozze. Aggiunge poi che il re, vedendo ciò, fece invitare tutti quelli che si trovavano nei crocevia, buoni e cattivi, intendendo con questo che il verbo andava predicato a tutti gli altri popoli, pagani e idolatri, e che quelli che l'avessero accettato sarebbero stati ammessi al banchetto al posto dei primi invitati.
Ma non basta essere invitati. Non basta dirsi Cristiani né sedersi a tavola, per prendere parte al celeste banchetto. Bisogna innanzi tutto, ed è condizione primaria, essere vestiti con abiti nuziali, ossia avere la purezza di cuore e praticare la legge secondo lo spirito. Ora, questa legge si trova tutta in queste parole: «Fuori della carità non c'è salvezza» Ma fra tutti quelli che intendono la parola divina, quanto pochi sono quelli che la custodiscono e la mettono in pratica! Ben pochi si rendono degni di entrare nel regno dei Cieli! È per questo che Gesù dice: «Moltisono i chiamati, ma pochi gli eletti».
La porta stretta
Tale è lo stato attuale dell'umanità terrena, poiché, essendo la Terra un mondo di espiazione, il male vi predomina; ma quando sarà trasformata, il cammino del bene sarà il più frequentato. Queste parole devono dunque essere intese in senso relativo e non in senso assoluto. Se tale dovesse essere lo stato normale dell'umanità, Dio avrebbe volontariamente votato alla perdizione la grande maggioranza delle Sue creature; ipotesi inammissibile, dal momento che si riconosce che Dio è somma giustizia e somma bontà.
Ma di quali colpe questa umanità si sarebbe potuta rendere responsabile per meritare una sorte così triste, nel suo presente e nel suo futuro, se essa era tutta relegata sulla Terra, e se l'anima non aveva altre esistenze? Perché tante traversie disseminate lungo il suo cammino? Perché questa porta così stretta da permettere di superarla solo a un piccolo numero, se la sorte dell'anima è fissata definitivamente dopo la morte? È così, con la concezione di un'unica esistenza, che ci si trova incessantemente in contraddizione con se stessi e con la giustizia di Dio. Con la preesistenza dell'anima e la pluralità dei mondi, l'orizzonte si amplia, si fa luce sui punti oscuri della fede, il presente, il futuro e il passato sono tra loro strettamente legati. Solamente così si può comprendere tutta la profondità, tutta la verità e tutta la saggezza delle massime di Cristo.
Coloro che dicono "Signore, Signore!"
Le parole di Gesù sono eterne, perché sono la verità. Esse sono non soltanto la salvaguardia della vita celeste, ma anche la garanzia della pace, della tranquillità e della stabilità nelle cose della vita terrena. Per questo tutte le istituzioni umane, politiche, sociali e religiose, che porranno le basi su queste parole, saranno stabili come la casa edificata sulla roccia, e gli uomini le conserveranno perché vi troveranno la loro felicità. Ma quelle istituzioni che violeranno le Sue parole saranno come la casa costruita sulla sabbia: il vento delle rivoluzioni e il fiume del progresso le abbatteranno.
A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto
L'insegnamento degli Spiriti, che ripropone queste massime sotto forme diverse, che le sviluppa e commenta perché siano alla portata di tutti, ha questo di particolare: non è affatto circoscritto, e tutti, letterati o illetterati, credenti o non credenti, Cristiani o no, possono riceverlo poiché gli Spiriti comunicano ovunque. Nessuno di coloro che ricevono gli insegnamenti degli Spiriti, direttamente o per interposta persona, può addurre il pretesto di ignorare questi insegnamenti, né può addurre la scusa di mancare di istruzione, né attribuire la causa di ciò alla poca chiarezza delle metafore. Chi dunque non mette a profitto i precetti per migliorarsi, chi li apprezza come cose interessanti e curiose senza tuttavia che il suo cuore ne sia toccato, chi non diventa un po' meno vacuo, meno orgoglioso, meno egoista, meno attaccato ai beni materiali, né migliore verso il suo prossimo è tanto più colpevole quanto più ha avuto modo di conoscere la verità.
I medium che ottengono buone comunicazioni sono ancora più condannabili se persistono nel male. Infatti sovente scrivono la loro stessa condanna e, se non fossero accecati dall'orgoglio, riconoscerebbero che è a loro che gli Spiriti si rivolgono. Ma invece di rivolgere a se stessi la lezione che scrivono, o che vedono scrivere, il loro unico pensiero è applicarla agli altri, realizzando così queste parole di Gesù: «Perchéguardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?». (vedere cap. X, n. 9 di quest'opera).
Con queste altre parole: «Se foste ciechi, voi non avreste alcun peccato», Gesù intende dire che la colpevolezza è in ragione dei lumi che si possiedono. Ora, i Farisei, che avevano la pretesa di essere — e in effetti lo erano — la parte più istruita della nazione, agli occhi di Dio erano oggetto di riprovazione più del popolo ignorante. E lo stesso accade oggigiorno.
Agli Spiritisti verrà dunque domandato molto, perché molto hanno ricevuto, per contro molto sarà dato a quelli che avranno tratto profitto dagli insegnamenti.
Il primo pensiero di tutti gli Spiritisti sinceri dev'essere quello di cercare, fra i consigli dati dagli Spiriti, se non ci sia qualcosa che possa riguardarli.
Lo Spiritismo viene a moltiplicare il numero dei chiamati e, attraverso la fede che infonde, moltiplicherà anche il numero degli eletti.
Istruzioni Degli Spiriti
A chi ha sarà dato
«Si toglie a chi non ha niente, o a chi ha poco». Prendete ciò come una contraddizione figurata. Dio non toglie alle Sue creature il bene che si è degnato di dar loro. Uomini ciechi e sordi! Aprite la vostra intelligenza e i vostri cuori, guardate con il vostro spirito, intendete con la vostra anima e non interpretate in modo così grossolanamente ingiusto le parole di Colui che ha fatto risplendere ai vostri occhi la giustizia del Signore. Non è Dio che toglie a chi aveva poco ricevuto, è lo stesso Spirito che, prodigo e indifferente, non sa conservare ciò che ha né sa accrescere, fecondandolo, l'obolo caduto nel suo cuore.
Chi non coltiva il campo, guadagnato da suo padre con il lavoro, e che ha ereditato, vede questo campo coprirsi di erbe parassite. È forse suo padre, allora, che gli toglie il raccolto ch'egli non ha voluto preparare? Se ha lasciato che il seminato, destinato a germogliare nel campo, morisse per mancanza di cure, può incolpare suo padre se il campo non produce? No e poi no! Invece di muovere a suo padre, che aveva preparato tutto per lui, l'accusa di riprendersi i suoi doni, che accusi il vero autore delle sue disgrazie e, pentito e operoso, si metta all'opera con coraggio. Dissodi il terreno sterile con lo sforzo della sua volontà, lo lavori in profondità con l'aiuto del pentimento e della speranza, getti con fiducia la semenza che avrà sceltobuona fra quella cattiva, la innaffi con il suo amore e la sua carità, e Dio, il. Dio d'amore e di carità, darà a colui che già ha ricevuto. Vedrà allora i suoi sforzi coronati dal successo, e un seme produrne cento e un altro produrne mille. Coraggio, lavoratori, prendete i vostri rastrelli e i vostri aratri, nobilitate i vostri cuori ed estirpatene il loglio, seminate il buon grano che il Signore vi affida, e la rugiada dell'amore ne farà germogliare i frutti della carità.
(Uno Spirito amico, Bordeaux, 1862)
Il Cristiano si riconosce dalle sue opere
Ascoltate queste parole del Maestro, voi tutti che rifiutate la Dottrina Spiritista come se fosse opera del demonio. Aprite le orecchie. Il momento di intendere è arrivato.
Basta indossare la divisa del Signore per essere un fedele servitore? Basta dire: 4o sono Cristiano» per seguire Cristo? Cercate i veri Cristiani. Voi li riconoscerete dalle loro opere. «Un buon albero non può portare dei cattivi frutti, né un cattivo albero può portare dei buoni frutti». «Tutti gli alberi che non portano dei buoni frutti vengono abbattuti e bruciati». Ecco le parole del Maestro. Discepoli di Cristo, comprendetele bene. Quali sono i frutti che deve portare l'albero del Cristianesimo, forte albero i cui rami frondosi diffondono la loro ombra su una parte del mondo, ma che non hanno ancora posto al riparo tutti quelli che devono radunarsi intorno a lui? I frutti dell'albero della vita sono frutti di vita, di speranza e di fede. Il Cristianesimo, così come si configura da secoli, predica sempre queste divine virtù, cerca di dispensare i suoi frutti, ma troppo pochi sono quelli che li raccolgono! L'albero è sempre buono, ma sono i giardinieri a essere cattivi. Essi l'hanno coltivato a loro piacere, l'hanno voluto modellare secondo le loro necessità, l'hanno tagliato, rimpicciolito, mutilato. I suoi rami resi sterili non portano frutti cattivi, semplicemente non ne portano più. Il viandante assetato quando si ferma alla sua ombra per cercare il frutto della speranza che deve ridargli forza e coraggio, nota solo rami aridi che preannunciano la tempesta. Invano chiede il frutto della vita all'albero della vita: le foglie, rinsecchite cadono ai suoi piedi. La mano dell'uomo le ha talmente maneggiate da bruciarle.
Aprite dunque le orecchie e il cuore, miei benamati! Coltivate questo albero della vita i cui frutti danno la vita eterna. Colui che l'ha piantato vi invita a curarlo con amore, e vedrete che di nuovo e abbondantemente vi darà questi frutti divini. Conservatelo così come Cristo ve l'ha donato: non mutilatelo. La sua immensa ombra vuole estendersi su tutto l'universo: non tagliate i suoi rami. I suoi frutti benefici cadono in abbondanza per dissetare lo stanco viandante che vuole raggiungere la meta. Non raccogliete questi frutti per immagazzinarli e lasciarli marcire in modo che non servano più a nessuno.
Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti». È che ci sono accaparratori del pane della vita, così come ce ne sono del pane materiale. Non mettetevi fra questi. L'albero che porta buoni frutti deve spargerli ovunque. Andate dunque a cercare quelli che sono assetati, conduceteli sotto le fronde dell'albero e dividete con loro il riparo che esso offre. «Non si raccoglie l'uva dalle spine». Fratelli miei, allontanatevi da coloro che vi chiamano per mostrarvi i rovi del cammino e seguite quelli che vi conducono all'ombra dell'albero della vita.
Il divino Salvatore, il giusto per eccellenza, l'ha detto, e le Sue parole non scorreranno via: «Non chiunque che mi dice: "Signore, Signore!" entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».
Che il Signore delle benedizioni vi benedica; che il Dio della luce vi illumini; che l'albero della vita dispensi su di voi frutti in abbondanza! Credete e pregate.
(Siméon, Bordeaux, 1863)
Capitolo XIX - LA FEDE SPOSTA LE MONTAGNE
Potenza della fede
La fede vera e sincera è sempre serena. Essa dà quella pazienza che mette in condizione di attendere perché, poggiando sull'intelligenza e sulla comprensione delle cose, rende certi di raggiungere lo scopo prefissato. La fede dubbiosa avverte la propria fragilità e, quando è stimolata dall'interesse, diventa agitata e crede di poter supplire alla forza con la violenza. La calma nella lotta è sempre un segno di energia e di fiducia. La violenza, al contrario, è prova di debolezza e di mancanza di fiducia in se stessi.
La fede religiosa. Condizione della fede incrollabile.
In certe persone la fede sembra in qualche modo innata e basta una scintilla per accenderla. Questa facilità nell'assimilare le verità spirituali è il segno evidente di progressi anteriori. In altre persone, al contrario, queste verità vengono assimilate con difficoltà, segno altrettanto evidente di una natura in ritardo. Le prime avevano già creduto e compreso e portano con sé, rinascendo, l'intuizione di quello che hanno saputo: la loro educazione si è già realizzata. Le seconde hanno tutto da apprendere: la loro educazione è ancora da compiersi. Questa avverrà e, se non sarà terminata in questa esistenza, lo sarà in un'altra.
La resistenza di chi non crede, bisogna convenirne, sovente dipende più dal modo in cui gli vengono proposte le cose che da lui stesso. Per la fede ci vuole una base, e questa base è la comprensione di ciò in cui si deve credere. Per credere non basta vedere, bisogna soprattutto comprendere. La fede cieca non appartiene più a questi tempi. Pertanto, è esattamente il dogma della fede cieca a creare oggi il maggior numero di miscredenti, perché la si vuole imporre ed esige dall'uomo la rinuncia alle sue prerogative più preziose: l'uso della ragione e del libero arbitrio. È contro questa fede soprattutto che si irrigidisce il miscredente, il che dimostra che la fede non si può imporre. Non ammettendo delle prove, essa lascia nello spirito un vuoto da cui nasce il dubbio. La fede ragionata, quella che poggia sui fatti e sulla logica, non lascia dietro di sé nessuna ombra di dubbio. Si crede perché si ha la certezza e si ha questa certezza solo quando si è compreso. Ecco perché non crolla: perché non c'è fede incrollabile se non quella che può guardare la ragione faccia a faccia in tutte le età dell'umanità.
È a questo risultato che lo Spiritismo conduce, trionfando così anche sull'incredulità, tutte le volte che non s'imbatte nell'opposizione deliberata e interessata.
Parabola dell'albero di fico disseccato
È pure l'emblema di tutti quelli che hanno i mezzi per essere utili ma non si rendono utili. È l'emblema di tutte le utopie, di tutti i sistemi vuoti, di tutte le dottrine senza solide basi. Ciò che manca, per lo più, è la vera fede, è la fede feconda, la fede che scuote le fibre del cuore, in una parola, la fede che sposta le montagne. Sono alberi che hanno foglie ma non frutti. È per questo che Gesù li condanna alla sterilità, e giorno verrà in cui saranno disseccati fino alle radici. Ossia, tutti i sistemi, tutte le dottrine, che non avranno prodotto nessun bene per l'umanità, cadranno nel nulla. Giorno verrà in cui tutti gli individui intenzionalmente inutili, responsabili di non aver messo in atto le risorse di cui disponevano, saranno trattati come l'albero di fico disseccato.
Istruzioni Degli Spiriti
La fede, madre della speranza e della carità
La speranza e la carità sono una conseguenza della fede. Queste tre virtù formano una triade inscindibile. Non è forse la fede che alimenta la nostra speranza di veder compiersi le promesse del Signore? Infatti, se non si ha fede, che cosa ci si può attendere? Non è forse la fede che dà l'amore? Perché, se non si ha fede, quale riconoscenza ci sarà e, di conseguenza, quale amore?
La fede, divina ispirazione di Dio, risveglia tutti i nobili istinti che conducono l'uomo al bene, è la base della rigenerazione. Bisogna dunque che questa base sia salda e duratura, perché se il minimo dubbio viene a scuoterla, che ne sarà dell'edificio che si è costruito sopra? Edificate dunque questa costruzione su stabili fondamenta. Che la vostra fede sia più forte dei sofismi e dello scherno dei miscredenti, perché la fede che non sa sfidare l'irrisione degli uomini non è vera fede.
La fede sincera fa proseliti e si diffonde, viene comunicata a quelli che non ce l'hanno o che addirittura non vorrebbero averla e trova parole persuasive che vanno all'anima. La fede apparente invece ha solo parole altisonanti che generano freddezza e indifferenza. Predicate con l'esempio della vostra fede per trasmetterla agli uomini. Predicate con l'esempio delle vostre opere per mostrare loro il merito della fede. Predicate con il vostro spirito incrollabile per mostrare loro la fiducia che fortifica e mette in grado di affrontare tutte le vicissitudini della vita.
Abbiate dunque la fede in tutto ciò che essa ha di bello e di buono, nella sua purezza, nel suo raziocinio. Non accettate la fede senza verifica, figlia cieca dell'accecamento. Amate Dio, ma sappiate perché Lo amate. Credete nelle Sue promesse, ma sappiate perché ci credete. Seguite i nostri consigli, ma rendetevi conto della meta che noi vi indichiamo e dei mezzi che noi vi porgiamo per raggiungerla. Credete e sperate senza mai perdere le forze: i miracoli sono l'opera della fede.
(Joseph, Spirito Protettore, Bordeaux, 1862)
La fede divina e la fede umana
Finora la fede è stata intesa solo dal punto di vista religioso, perché Cristo l'ha preannunciata come potente leva spirituale, e si è visto in Lui solo il capo di una religione. Ma Cristo, che ha compiuto dei miracoli materiali, ha dimostrato, con questi stessi miracoli, ciò che l'uomo può quando ha fede, ossia la volontà di volere, e la certezza che questa volontà può da se stessa realizzarsi. Gli apostoli, sul Suo esempio, non hanno forse compiuto dei miracoli? Ora, che cosa erano questi miracoli se non effetti naturali, la cui causa era sconosciuta agli uomini di allora, ma che in gran parte oggi si spiega e completamente si comprenderà con lo studio dello Spiritismo e del magnetismo?
La fede è umana e divina, a seconda che l'uomo applichi le sue facoltà alle necessità terrene o alle sue aspirazioni celesti e future. L'uomo di genio che persegue la realizzazione di qualche grande
impresa ha successo se ha fede, perché avverte in se stesso che può e deve riuscirci, e questa certezza gli dà una forza immensa. L'uomo dabbene, che crede nel suo futuro celeste e vuole riempire la sua vita di azioni nobili e belle, attinge la forza necessaria dalla sua fede, dalla certezza della felicità che lo attende, e anche in questo caso si compiono miracoli di carità, di dedizione e di abnegazione. Infine, con la fede, non ci sono più cattive tendenze che non si riescano a vincere.
Il magnetismo è una delle più grandi prove della potenza della fede messa in atto. È con la fede che il magnetismo guarisce e genera quegli strani fenomeni che un tempo erano considerati dei miracoli.
Lo ripeto, la fede è umana e divina. Se tutti gli incarnati fossero ben persuasi della forza che hanno in se stessi e se volessero mettere la loro volontà al servizio di questa forza, sarebbero capaci di compiere ciò che finora è stato chiamato prodigio e che altro non è, invece, che lo sviluppo di facoltà umane.
(Uno Spirito protettore, Parigi, 1863)
Capitolo XX - GLI OPERAI DELL'ULTIMA ORA
Istruzioni Degli Spiriti
Gli ultimi saranno i primi
Ma se avesse rifiutato il lavoro a qualsiasi ora del giorno, se avesse detto: «Prendiamo tempo, il riposo mi si confà, quando suonerà l'ultima ora, sarà giunto allora il tempo per pensare al salario della giornata. Che m'importa di questo padrone che non conosco e che non amo? Più tardi è, meglio è». Costui, amici miei, non riceverebbe il salario del lavoratore, ma quello della pigrizia.
Che dire, poi, di quello che, invece di aspettare semplicemente, avesse impiegato le ore destinate al lavoro a commettere atti riprovevoli, che avesse bestemmiato Dio, sparso il sangue dei suoi fratelli, gettato discordia nelle famiglie, rovinato uomini fiduciosi, abusato dell'innocente e che si fosse infine immerso in tutte le ignominie dell'umanità? Che ne sarà dunque di costui? Gli basterà dire all'ultima ora: “Signore, ho impiegato male il mio tempo; prendetemi fino alla fine della giornata, affinché io faccia un poco, molto poco, del mio compito, e datemi il salario dell'operaio di buona volontà»? No, no. Il padrone gli dirà: «Non ho lavoro per te, al momento, perché hai sprecato il tuo tempo. Hai dimenticato ciò che avevi appreso, tu non sai più lavorare nella mia vigna. Ricomincia dunque a imparare di nuovo e quando sarai meglio disposto, verrai da me, e io ti aprirò il mio vasto campo, e tu potrai lavorarvi in qualsiasi ora del giorno».
Buoni Spiritisti, miei benamati, voi tutti siete operai dell'ultima ora. Peccherebbe d'orgoglio chi dicesse: «Ho incominciato l'opera all'alba e la terminerò solo al tramonto». Tutti voi siete venuti quando siete stati chiamati, chi prima, chi dopo, per la reincarnazione di cui portate la catena. Ma da quanti secoli il Signore vi ha chiamati alla Sua vigna senza che voi siate voluti entrarvi! Ecco arrivato il momento di ricevere il salario. Impiegate bene l'ora che vi resta e non dimenticate mai che la vostra esistenza, per lunga che possa sembrare, è un momento assolutamente effimero nell'immensità dei tempi che formano per voi l'eternità.
(Constantin, Spirito Protettore, Bordeaux, 1863)
La reincarnazione, questo bel dogma, immortala e determina la filiazione spirituale. Lo Spirito, chiamato a rendere conto del suo mandato terreno, comprende la continuità del compito interrotto, ma sempre ripreso. Vede e sente che ha colto al volo il pensiero dei suoi precursori, così rientra in lizza, maturato dall'esperienza, per progredire ancora. E tutti, operai della prima e dell'ultima ora, gli occhi ben aperti sulla profonda giustizia di Dio, non si lamentano più ma si mettono ad adorarLo.
Questo è uno dei veri sensi di questa parabola che, come tutte quelle che Gesù ha indirizzato alla folla, racchiude il germe del futuro e anche, sotto tutte le forme e le immagini, la rivelazione di questa magnifica unità — che armonizza tra di loro tutti gli elementi dell'universo —, di questa solidarietà, che unisce tutti gli esseri presenti a quelli passati e futuri.
(Henri Heine, Parigi, 1863)
Missione degli Spiritisti
Non vacillate! Le lingue di fuoco sono sopra le vostre teste. O veri adepti dello Spiritismo, voi siete gli eletti del Signore! Andate e predicate la parola divina. Giunta è l'ora in cui voi dovete sacrificare alla sua diffusione le vostre abitudini, i vostri impegni, le vostre vane occupazioni. Andate e predicate: gli Spiriti, dall'alto, sono con voi. Certamente voi parlerete a gente che non vorrà assolutamente ascoltare la voce del Signore, perché questa voce li richiama incessantemente all'abnegazione. Voi predicherete il disinteresse agli avari, l'astinenza ai viziosi, la mitezza sia ai tiranni domestici sia ai despoti: parole perdute, lo so. Ma che importa? Dovete bagnare con il vostro sudore il terreno che dovrete seminare, perché esso darà frutti e produrrà solo con gli sforzi continui della vanga e dell'aratro evangelici. Andate e predicate!
Sì, voi tutti, uomini di buona fede, che avete coscienza della vostra pochezza vedendo i mondi nello spazio infinito, partite in crociata contro l'ingiustizia e la malvagità. Andate e rovesciate il culto del vitello d'oro, ogni giorno sempre più invadente. Andate, Dio è alla vostra guida. Uomini semplici e ignoranti, le vostre lingue diventeranno sciolte e potrete parlare come nessun oratore ha mai parlato. Andate e predicate, e le folle attente raccoglieranno con gioia le vostre parole di consolazione, fraternità, speranza e pace.
Nulla importano le insidie che verranno gettate sul vostro cammino! I lupi soltanto verranno presi nella tagliola, perché il pastore saprà difendere le sue pecore dai macellai sacrificatori.
Andate, uomini grandi davanti a Dio, che, più felici di San Tommaso, credete senza chiedere di verificare e accettate i fatti della medianità proprio quando voi stessi non siete riusciti a ottenerla. Andate, lo Spirito di Dio vi guida.
Vai dunque avanti, legione imponente per la tua fede! E i grandi eserciti dei miscredenti svaniranno di fronte a te come le nebbie del mattino ai primi raggi del sole.
La fede è la virtù che sposta le montagne, ve l'ha detto Gesù, ma più pesanti delle più pesanti montagne, giacciono nel cuore degli uomini le impurità e tutti i vizi delle impurità. Partite dunque coraggiosamente per spostare questa montagna di ingiustizie, che le generazioni future dovranno conoscere solo come leggenda, così come voi conoscete solo approssimativamente i tempi anteriori alla civiltà pagana.
Sì, gli sconvolgimenti morali e filosofici stanno per esplodere in ogni angolo del globo. Prossima è l'ora in cui la luce divina apparirà sui due mondi.
Andate pertanto a portare la parola divina ai grandi che non l'apprezzeranno, ai saggi che esigeranno prove, ai semplici e agli umili che l'accetteranno, perché soprattutto fra i martiri del lavoro — questo riscatto terreno — troverete entusiasmo e fede. Andate, essi riceveranno con gioia, ringraziando e lodando Dio, la consolazione divina che loro offrirete. E chinando la fronte renderanno grazie per le afflizioni che la Terra ha loro riservato.
Si armi la vostra falange di determinazione e coraggio! All'opera! L'aratro è pronto e il terreno predisposto: arate!
Andate e ringraziate Dio per il glorioso compito che vi ha affidato. Ma attenzione: fra i chiamati allo Spiritismo, molti si perderanno per strada! State attenti, dunque, durante il vostro cammino, e cercate la verità.
Domanderete: «Se fra i chiamati allo Spiritismo, molti si perdono per strada, come riconoscere quelli che si trovano nel giusto cammino?» Risponderemo: «Potete riconoscerli dall'insegnamento e dalla messa in pratica dei veri principi della carità, dalle consolazioni che elargiscono agli afflitti, dall'amore che donano al prossimo, dalle loro rinunce, dalla dedizione verso gli altri. Potete riconoscerli, infine, dalla vittoria dei loro principi, perché Dio vuole che la Sua legge trionfi. Quelli che la seguono sono gli eletti che vinceranno. Quelli, invece, che falsano lo spirito di questa legge, per soddisfare la loro vanità e la loro ambizione, verranno sbaragliati».
(Éraste, angelo custode del medium, Parigi, 1863)
Gli operai del Signore
Dio fa in questo momento il computo dei Suoi servitori fedeli, indicando quelli che hanno avuto solo l'apparenza della dedizione, affinché non debbano indebitamente appropriarsi del salario dei servitori coraggiosi. Infatti è a quelli che non si tirano indietro di fronte ai loro doveri che Egli affiderà gli incarichi più difficili, nella grande opera di rigenerazione attraverso lo Spiritismo. Si realizzeranno così queste parole: «I primi saranno gli ultimi, e gli ultimi saranno i primi nel Regno dei Cieli!»
(Lo Spirito della Verità, Parigi, 1862)
Capitolo XXI - CI SARANNO FALSI CRISTI E FALSI PROFETI
Si riconosce l'albero dai suoi frutti
Missione dei profeti
Prodigi dei falsi profeti
Agli occhi del popolo ignorante, qualsiasi fenomeno, la cui causa sia sconosciuta, passa per soprannaturale, meraviglioso e miracoloso. Una volta conosciuta la causa, però, si riconosce che un fenomeno, per straordinario che possa sembrare, altro non è che l'applicazione di una legge della natura. Avviene così che il cerchio dei fatti soprannaturali si restringe man mano che si amplia quello della scienza. In tutti i tempi vi sono stati individui che hanno utilizzato, a vantaggio della loro ambizione, del loro interesse e del loro potere, alcune conoscenze che possedevano, al fine di attribuirsi poteri cosiddetti sovrumani o una pretesa missione divina. Sono costoro falsi cristi e falsi profeti. La diffusione delle scienze li scredita sempre più. È per questo che il loro numero diminuisce man mano che gli uomini si istruiscono. Il fatto di attuare ciò che, agli occhi di certuni, passa per prodigio, non è assolutamente segno di una missione divina, poiché può risultare da una conoscenza che chiunque può acquisire, o da facoltà organiche speciali, che i più indegni così come i più degni possono possedere. Il vero profeta si riconosce da caratteri più seri ed esclusivamente morali.
Assolutamente non credete a tutti gli Spiriti
Lo Spiritismo viene per svelare un'altra categoria, ben più dannosa, di falsi cristi e di falsi profeti, che si trovano non fra gli uomini, bensì fra i disincarnati. È quella degli Spiriti ingannatori, ipocriti, orgogliosi e falsi sapienti che, dalla Terra, sono passati nel mondo erratico e si nascondono sotto venerabili nomi per cercare, grazie alla maschera con cui si coprono, di rendere credibili le loro idee, spesso fra le più assurde e bizzarre. Prima che i rapporti medianici fossero conosciuti, essi esercitavano la loro azione in modo meno evidente, attraverso l'ispirazione, la medianità incosciente, uditiva o parlante. Considerevole è il numero di coloro che, in epoche diverse, ma in questi ultimi tempi soprattutto, hanno dato a intendere d'essere degli antichi profeti, Cristo, Maria madre di Cristo e persino Dio stesso. San Giovanni ci avverte del pericolo costituito da costoro, quando dice: «Carissimi, non credete a ogni Spirito, ma provate gli Spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono sorti dal mondo». Lo Spiritismo ci dà i mezzi per individuarli, indicandoci le caratteristiche per mezzo delle quali si riconoscono i buoni Spiriti, caratteristiche sempre morali e mai materiali.[1] È soprattutto alla distinzione fra buoni e cattivi Spiriti che si possono riferire queste parole di Gesù: «Ogni albero si riconosce dal proprio frutto: un albero buono non può fare frutti cattivi né un albero cattivo far frutti buoni». Si giudicano gli Spiriti dalla qualità delle loro opere, così come gli alberi dalla qualità dei loro frutti.
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Istruzioni Degli Spiriti
I falsi profeti
È così, fratelli miei, che dovete giudicare: sono le opere che dovete esaminare. Se quelli che si dicono investiti di potere divino sono accompagnati da tutti i segni di una simile missione, ossia possiedono al grado più elevato le virtù cristiane ed eterne — la carità, l'amore, l'indulgenza, la bontà che concilia tutti i cuori — se alle parole fanno seguire i fatti, allora voi potrete dire: «Costoro sono veramente gli inviati del Signore»».
Ma diffidate delle parole suadenti, diffidate degli Scribi e dei Farisei che in pubblico predicano con lunghe vesti. Diffidate di coloro che pretendono di avere il solo monopolio dell'unica verità!
No, no, assolutamente Cristo non è là! Coloro ch'Egli invia a predicare la Sua santa dottrina e a rigenerare il Suo popolo saranno, sull'esempio del Maestro, soprattutto gentili e umili di cuore. Coloro che devono, con il loro esempio e i loro consigli, salvare l'umanità che precipita verso la perdizione, vagando in cammini tortuosi, costoro saranno soprattutto modesti e umili. Tutti quelli che rivelano un sia pur minimo orgoglio, fuggiteli come lebbra che infetta tutto ciò con cui viene a contatto. Ricordatevi che ogni creatura porta sulla sua fronte, ma soprattutto nei suoi atti, il sigillo della sua grandezza o della sua decadenza.
Andate dunque, miei benamati figli, camminate senza tentennamenti, senza scopi reconditi, nel cammino benedetto che avete intrapreso. Procedete, procedete, sempre senza timore, allontanate coraggiosamente tutto ciò che potrebbe intralciare la vostra marcia verso la meta eterna. Viaggiatori, voi starete ancora per ben poco tempo nelle tenebre e nelle afflizioni delle prove, se i vostri cuori si lasceranno guidare da questa dolce dottrina, che viene a rivelarvi le leggi eterne e a soddisfare tutte le aspirazioni della vostra anima riguardo all'ignoto. Già da adesso voi potrete dare corpo a queste immagini leggere che vedete passare nei vostri sogni e che, fugaci, non potevano che affascinare il vostro spirito, senza però dire niente al vostro cuore. Ora, miei amati, la morte è scomparsa per cedere il posto all'angelo radioso che voi conoscete, l'angelo del rincontro e del ricongiungimento! Ora, voi, che avete ben realizzato il compito assegnatovi dal Creatore, di nulla più potete aver paura, perché Egli è padre e perdona sempre ai Suoi figli smarriti, che invocano misericordia. Proseguite dunque, avanzate incessantemente! Che la vostra bandiera sia quella del progresso, del progresso continuo in tutte le cose, finché infine arriverete alla meta felice, dove vi attendono tutti quelli che vi hanno preceduti.
Caratteri del vero profeta
Il comando di un'armata si affida solo a un generale che sia abile e in grado di guidarla. Credete dunque che Dio sia meno prudente degli uomini? State pur certi ch'Egli affida le missioni importanti solo a quelli che ritiene capaci di compierle, perché le grandi missioni sono fardelli pesanti che piegherebbero uomini che fossero troppo deboli. Come in tutte le cose il maestro deve saperne di più dell'allievo. Per far avanzare l'umanità moralmente e intellettualmente, ci vogliono degli uomini superiori per intelligenza e moralità! È per questo che ci sono sempre degli Spiriti già molto avanzati, che hanno fatto le loro prove in altre esistenze e che si incarnano con questo scopo. Infatti se, nell'ambiente nel quale devono agire, non risultano superiori, la loro azione sarà nulla.
Ciò posto, converrete che il vero missionario di Dio deve giustificare la sua missione con la sua superiorità, le sue virtù e con il risultato e l'influenza moralizzatrice delle sue opere. Traete ancora quest'altra conseguenza: se, per carattere, virtù e intelligenza, egli è al di sotto del ruolo che si attribuisce, o del personaggio sotto cui si cela, è solo un istrione di basso rango che non sa neppure copiare il suo modello.
Ma c'è un'altra considerazione da fare ed è questa: la maggioranza dei veri missionari di Dio non sa di esserlo. Essi compiono ciò a cui sono chiamati dalla forza del loro genio, sostenuti dalla potenza occulta che li ispira e li guida a loro insaputa, ma senza un disegno prestabilito. In una parola, il vero profeta si rivela con i suoi atti cosicché sono gli altri a scoprirlo; mentre il falso profeta si propone lui stesso come inviato di Dio. Il primo è umile e modesto, il secondo orgoglioso e pieno di sé. Parla con supponenza e, come tutti i bugiardi, sembra sempre temere di non essere creduto.
Quanti di questi impostori abbiamo visto! Alcuni si facevano passare per apostoli di Cristo, altri per Cristo stesso e, vergogna dell'umanità, hanno trovato persone tanto credulone da dar credito a simili infamie. Comunque, una considerazione molto semplice dovrebbe aprire gli occhi ai più ciechi: se Cristo si reincarnasse sulla Terra, verrebbe con tutta la Sua potenza e tutte le Sue virtù; a meno che non si voglia ammettere, il che sarebbe assurdo, che è degenerato. Ora, se voi toglieste a Dio anche uno solo dei Suoi attributi, non avreste più Dio. Se voi toglieste una sola delle virtù di Cristo, voi non avreste più Cristo. Quelli che si fanno passare per Cristo hanno forse tutte le Sue virtù? Qui sta il problema. Guardate, indagate nei loro pensieri e valutate i loro atti, e riconoscerete che essi mancano soprattutto delle qualità distintive del Cristo, l'umiltà e la carità, mentre hanno ciò che Egli non aveva, la cupidigia e l'orgoglio. Notate, d'altra parte, che ci sono in questo momento, e in differenti paesi, molti che asseriscono di essere Cristo, come ci sono molti che asseriscono di essere Elia, san Giovanni o san Pietro e che ovviamente non possono essere tutti veritieri. Tenete per certo che ci sono persone che vanno in cerca dei creduloni e trovano vantaggioso vivere a spese di quelli che li ascoltano.
Diffidate dunque dei falsi profeti, soprattutto in tempi di rinnovamento, perché molti impostori si diranno inviati da Dio. Essi soddisfano la loro vanità sulla Terra, ma una terribile giustizia li attende. Potete esserne certi.
I falsi profeti dell'erraticità
Sono loro che fomentano l'antagonismo nei gruppi, che spingono gli uni a isolarsi dagli altri e a guardarsi con odio. Solo questo basterebbe per smascherarli. Agendo così, infatti, danno da se stessi la più formale smentita riguardo a ciò che pretendono di essere. Ciechi dunque sono gli uomini che si lasciano prendere in una trappola così grossolana.
Ma ci sono ben altri mezzi per riconoscerli. Gli Spiriti, dell'ordine al quale essi dicono di appartenere, devono essere non solamente molto buoni ma anche eminentemente razionali. Ebbene, passate i loro sistemi al vaglio della ragione e del buon senso e vedrete che cosa ne resterà. Converrete allora con me che, tutte le volte che uno Spirito indica, come rimedio ai mali dell'umanità o come mezzo per arrivare alla sua trasformazione, cose utopiche e impraticabili, misure puerili e ridicole oppure quando formula un sistema contraddetto dalle più comuni nozioni della scienza, questo Spirito non può essere che ignorante e bugiardo.
D'altro canto siate certi che, se la verità non sempre è apprezzata come tale dai singoli individui, essa lo è sempre dal buon senso delle masse. E anche questo è un efficace criterio. Se due principi si contraddicono, voi avrete la misura del loro valore intrinseco cercando quello che trova più largo riscontro e approvazione. Sarebbe illogico, in effetti, ammettere che una dottrina, il cui numero di adepti diminuisse, fisse più vera di quella che li vedesse aumentare. Dio, volendo che la verità arrivi a tutti, non la relega in un cerchio ristretto: la fa sorgere in diversi punti, affinché ovunque la luce sia a fianco delle tenebre.
Respingete senza pietà tutti quegli Spiriti che si propongono come consiglieri esclusivi, predicando la divisione e l'isolamento. Sono quasi sempre Spiriti vanitosi e mediocri, che tendono a imporsi agli uomini deboli e creduloni, ai quali ammanniscono elogi esagerati al fine di ammaliarli e tenerli sotto il loro dominio. Sono generalmente Spiriti assetati di potere che, essendo stati despoti pubblici o privati durante la loro vita, vogliono ancora avere delle vittime da tiranneggiare dopo la morte. In generale diffidate delle comunicazioni che si caratterizzano per il misticismo e la stravaganza, o che prescrivono cerimonie e pratiche bizzarre. In questi casi il sospetto è legittimo.
D'altra parte siate pur certi che, quando una verità dev'essere rivelata all'umanità, essa è, per così dire, istantaneamente comunicata a tutti i gruppi seri, che hanno medium seri, e non al tale o talaltro gruppo, escludendone altri. Nessuno può essere un medium perfetto se è ossessionato. E c'è ossessione manifesta quando un medium è adatto a ricevere soltanto le comunicazioni di uno Spirito speciale, per quanto in alto egli pretenda di collocarsi. Di conseguenza, tutti i medium, tutti i gruppi, che si credono privilegiati per delle comunicazioni che solo essi possono ricevere, e che, d'altra parte, sono sottoposti a pratiche che sfiorano la superstizione, sono senza dubbio sotto l'azione di un'ossessione tra le più caratteristiche, soprattutto quando lo Spirito dominatore si gloria attribuendosi un nome che tutti, Spiriti e incarnati, dobbiamo onorare e rispettare non permettendo che venga compromesso a ogni istante.
È incontestabile che, sottoponendo al tiro incrociato della ragione e della logica tutti i dati e tutte le comunicazioni degli Spiriti, sarà facile rigettare ciò che è assurdo ed errato. Un medium può essere affascinato e un gruppo ingannato, ma il controllo severo di altri gruppi, la scienza acquisita e l'alta autorità morale dei capi dei gruppi, le comunicazioni dei principali medium, che ricevono un sigillo di logica e di autenticità dai nostri Spiriti migliori, faranno rapidamente giustizia di questi dettati astuti e menzogneri emanati da una turba di Spiriti ingannatori o malvagi.
(Éraste, discepolo di san Paolo, Parigi, 1862)
(Vedere, in quest'opera, il paragrafo II dell'Introduzione: "Controllo universale dell'insegnamento degli Spiriti" — E, inoltre, ne Il libro dei medium, il cap. XXIII, "Dell'ossessione").
Geremia e i falsi profeti
È su questo passaggio del profeta Geremia che vi intratterrò, amici miei. Dio, parlando attraverso la sua bocca dice: «Vi espongono le visioni del proprio cuore». Queste parole indicano chiaramente che già a quell'epoca i ciarlatani e gli esaltati abusavano del dono della profezia. Abusavano, di conseguenza, della fede semplice e quasi cieca del popolo predicendo, per denaro, cose buone e gradevoli. Questo genere di inganno era molto diffuso fra i Giudei, ed è facile comprendere che il povero popolo, nell'impossibilità di distinguere, data la sua ignoranza, i buoni dai cattivi, era sempre più o meno vittima di questi cosiddetti profeti, che altro non erano che degli impostori e dei fanatici. C'è forse qualcosa di più significativo di queste parole: «Io non ho mandato quei profeti; ed essi corrono; io non ho parlato a loro, ed essi profetizzano»? Più oltre dice: «Io ho udito ciò che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: Ho avuto un sogno! Ho avuto un sogno!» E indica così uno dei modi usati per sondare la fiducia che si aveva in loro. La moltitudine, sempre credulona, non pensava affatto di verificare la veridicità dei loro sogni o delle loro visioni. Trovava tutto ciò naturale e invitava tutti questi profeti a parlare.
Dopo le parole del profeta, ascoltate i saggi consigli dell'apostolo san Giovanni, quando dice: «Non credete a ogni spirito, ma provate gli spiriti per saper se sono da Dio», perché fra gli invisibili ci sono anche Spiriti che si divertono a fare delle vittime, quando se ne presenti l'occasione. I beffati sono, ovviamente, i medium che non prendono sufficienti precauzioni. Qui sta senza dubbio il maggior ostacolo contro cui molti si scontrano, soprattutto quando sono novizi dello Spiritismo. Si tratta di una prova dove possono trionfare solo se agiscono con molta prudenza. Imparate dunque, prima di tutto, a distinguere i buoni Spiriti da quelli malvagi, affinché non diventiate voi stessi falsi profeti.
Capitolo XXII - QUELLO CHE DIO HA UNITO L'UOMO NON LO SEPARI
Indissolubilità del matrimonio
Ma né la legge civile né gli impegni che essa determina possono supplire alla legge d'amore, se non è questa a presiedere l'unione. Ne deriva che sovente ciò che si è unito forzatamente si separa da se stesso, che il giuramento pronunciato ai piedi dell'altare diventa uno spergiuro se pronunciato come se fosse una formula d'uso. Da qui le unioni infelici che finiscono col diventare delittuose. Doppia infelicità che si potrebbe evitare se, nelle condizioni del matrimonio, non si trascurasse la sola legge che lo rende legittimo agli occhi di Dio: la legge d'amore. Quando Dio ha detto: «I due saranno una sola carne» e quando Gesù ha detto: «Quello dunque che Dio ha unito l'uomo non lo separi», ciò si deve intendere secondo la legge immutabile di Dio e non secondo la legge mutevole degli uomini.
Il divorzio
Ma lo stesso Gesù non considera assolutamente il matrimonio indissolubile. Non dice forse: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli»? Questo significa che, dai tempi di Mosè, il mutuo affetto non era lo scopo unico del matrimonio, e la separazione poteva diventare necessaria. Ma Gesù aggiunge: «Da principio non era così», volendo intendere con queste parole che all'origine dell'umanità, quando gli uomini non erano ancora pervertiti dall'egoismo e dall'orgoglio e vivevano secondo la legge di Dio, le unioni fondate sulla simpatia, e non sulla vanità e l'ambizione, non davano luogo a ripudio.
Gesù va oltre specificando il caso in cui il ripudio può aver luogo, in caso cioè di adulterio. Ora, l'adulterio non esiste là dove c'è un affetto reciproco sincero. Egli vieta a tutti, è vero, di sposare una donna ripudiata, ma bisogna tener conto dei costumi e del carattere degli uomini del suo tempo. La legge mosaica, in questo caso, prescriveva la lapidazione dell'adultera. Volendo abolire questa barbara usanza, ci voleva per lo meno una pena, e la si trova nel marchio ignominioso dell'interdizione da un secondo matrimonio. È in un certo senso una legge civile che va a sostituire un'altra legge civile ma che, come tutte le leggi di questa natura, avrebbe dovuto subire la prova del tempo.
Capitolo XXIII - STRANA MORALE
Chi non odia suo padre e sua madre
«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». (...) «Così dunque ognuno di voi che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo». (Luca 14:25-27, 33)
Il verbo odiare, nella frase di san Luca: «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre», rientra in questo caso. Non c'è nessuno che abbia pensato di attribuirlo a Gesù. Sarebbe dunque superfluo discuterne e ancor meno cercare di giustificarlo. Bisognerebbe prima sapere se l'ha pronunciato e, in caso affermativo, sapere se, nella lingua in cui si esprimeva, questo termine avesse la stessa valenza che ha nella nostra. In questo passaggio di san Giovanni: «Chi odia la sua vita in questo mondo la conserva per la vita eterna», è certo che non esprime l'idea che noi le attribuiamo.
La lingua ebraica non era ricca e aveva molte parole con più significati. Tale è il caso, per esempio, della parola che nella Genesi designa le fasi della creazione e serviva allo stesso tempo per esprimere sia un periodo di tempo qualsiasi sia la rivoluzione diurna. Da ciò, più tardi, la sua traduzione con la parola giorno e la credenza che il mondo fosse stato creato in sei giorni, ossia sei volte ventiquattro ore. Tale è ancora il caso delle parole cammello e corda, perché le corde erano fatte con peli di cammello, e che è stata tradotta con cammello nell'allegoria della cruna dell'ago (vedere cap. XVI, n. 2 di quest'opera).[1]
D'altra parte bisogna considerare anche i costumi e il carattere di un popolo, che influiscono sulla natura particolare della sua lingua. Senza questa conoscenza, il senso vero di certe parole sfugge. Da una lingua all'altra, la stessa parola può avere una maggiore o minore efficacia, può essere ingiuriosa o blasfema nell'una e insignificante nell'altra, secondo l'idea che le si attribuisce. Nella stessa lingua, poi, certe parole perdono il loro valore a qualche secolo di distanza. Per questo una traduzione rigorosamente letterale non sempre rende perfettamente il pensiero e, affinché sia fedele, bisogna a volte impiegare non il termine corrispondente, ma delle parole equivalenti o delle perifrasi.
Queste osservazioni trovano un'applicazione speciale soprattutto nell'interpretazione delle Sacre Scritture e dei Vangeli in particolare. Se non si tiene conto del contesto nel quale viveva Gesù, si è esposti al fraintendimento del valore di certe espressioni e di certi fatti, a causa dell'abitudine che si ha di rapportare gli altri a se stessi. Stando così le cose, bisogna dunque privare la parola odiare dell'accezione moderna, essendo contraria allo spirito dell'insegnamento di Gesù (vedere anche cap. XIV, n. 5 e segg., di quest'opera).
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Abbandonare il proprio padre, la propria madre e i propri figli
Senza discutere le parole, qui si tratta di scoprire il concetto, che è evidentemente questo: "Gli interessi della vita futura stanno al di sopra di tutti gli interessi e di tutte le considerazioni umane", perché il concetto della vita futura è in accordo con il fondamento della dottrina di Gesù, mentre l'idea di una rinuncia alla propria famiglia ne sarebbe la negazione.
D'altra parte non abbiamo noi forse sotto gli occhi l'applicazione di queste massime nel sacrificio degli interessi e degli affetti familiari a favore della patria? Si biasima forse un figlio che lascia il padre, la madre, i fratelli, la moglie, i figli, per andare a difendere il proprio paese? Non gli si rende, al contrario, merito per essersi lasciato strappare dal focolare domestico, dall'abbraccio degli amici, per compiere un sacrosanto dovere? Ci sono dunque doveri al di sopra di altri. La legge non fa forse obbligo alla figlia di lasciare i suoi genitori per seguire suo marito? Nel mondo sono infiniti i casi in cui le separazioni più penose sono inevitabili. Ma non per questo gli affetti si spezzano. La lontananza non diminuisce né il rispetto né la dovuta sollecitudine verso i propri genitori né la tenerezza per i propri figli. Si vede dunque che, anche se prese alla lettera, salvo la parola odiare, queste parole non sarebbero la negazione né del comandamentoche prescrive di onorare il padre e la madre, né del sentimento di tenerezza paterna. Ciò, a maggior ragione, se se ne considera lo spirito. La finalità di queste espressioni era di mostrare, con un'iperbole, quanto è imperioso il dovere di preoccuparsi della vita futura.
Esse dovevano d'altra parte essere meno scioccanti presso un popolo e in un'epoca in cui, secondo quei costumi, i legami familiari erano meno sentiti che in una civiltà moralmente più avanzata. Questi legami, più deboli presso i popoli primitivi, si fortificano con lo svilupparsi della sensibilità e del senso morale. La separazione stessa è necessaria al progresso. E ciò riguarda le famiglie come le razze, che si imbastardiscono se non ci sono degli incroci, se non si inseriscono le une nelle altre. È una legge di natura, tanto nell'interesse del progresso morale quanto in quello del progresso psichico.
Le cose non sono qui esaminate che dal punto di vista terreno. Lo Spiritismo ce le fa vedere più dall'alto, mostrandoci che i veri legami affettivi sono quelli dello Spirito e non quelli fisici, che questi legami non vengono spezzati né dalla separazione né dalla morte del corpo e che essi si fortificano nella vita spirituale con la purificazione dello Spirito. Verità consolante, questa, che dà una grande forza per sopportare le vicissitudini della vita (vedere anche il cap. IV, n. 18 e il cap. XIV, n. 18 di quest'opera).
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti
La vita spirituale, in effetti, è la vera vita, è la vita normale dello Spirito. L'esistenza terrena è solo transitoria e passeggera, una specie di morte, se paragonata allo splendore e all'attività della vita spirituale. Il corpo è solo un abito grossolano che riveste temporaneamente lo Spirito, una vera catena che lo blocca alle zolle della Terra e di cui è felice di liberarsi. Il rispetto che si ha per i morti non si riferisce alla materia, ma, attraverso il ricordo, allo Spirito assente. Esso è analogo a quello che si ha per gli oggetti appartenuti al morto, che egli ha toccato, e che quanti a lui affezionati custodiscono come reliquie. E quello che costui non poteva comprendere da solo, Gesù glielo insegna dicendogli: «Non preoccuparti del corpo, ma prenditi cura piuttosto dello Spirito. Va' e insegna il Regno di Dio, va' e di' agli uomini che la loro patria non è sulla Terra, ma in Cielo, perché solo là si trova la vera vita».
Non sono venuto a metter pace, ma spada
La misura dell'importanza e delle conseguenze di una idea nuova si evidenzia dall'emozione che essa suscita al suo apparire, dalla violenza dell'opposizione che essa solleva, e dal grado e dal persistere della collera dei suoi avversari.
Socrate non aveva forse, lui stesso, diffuso una dottrina analoga, fino a un certo punto, a quella di Cristo? Perché dunque non prevalse allora, presso un popolo fra i più intelligenti della Terra? Fu perché non era ancora giunto il tempo. Egli seminava in una terra non arata. Il paganesimo non si era ancora sufficientemente consumato. Cristo ricevette la Sua missione provvidenziale nel momento propizio. Non tutti gli uomini del Suo tempo erano all'altezza delle idee cristiane, ma c'era un clima generale, un'attitudine più diffusa per assimilarle, perché si incominciava a sentire il vuoto che le credenze volgari lasciavano nell'anima. Socrate e Platone avevano aperto la via e predisposto gli Spiriti (vedere nell'Introduzione a quest'opera, il par. IV: "Socrate e Platone, precursori dell'idea cristiana e dello Spiritismo").
La colpa sta forse nella dottrina di Cristo? Certamente no, perché essa condanna formalmente qualsiasi violenza. Ha forse Egli detto in qualche caso ai Suoi discepoli: «Andate, ammazzate, massacrate, bruciate quelli che non credono come voi credete?» No, perché invece ha loro detto: ,,Tutti gli uomini sono fratelli, e Dio è sovranamente misericordioso; amate il vostro prossimo; amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi perseguitano». Ha ancora detto loro: «Chi di spada ferisce, di spada perisce». La responsabilità non è dunque della dottrina di Gesù, ma di quelli che l'hanno falsamente interpretata e ne hanno fatto uno strumento per servire le loro passioni; di quelli che hanno travisato queste parole: Il mio Regno non è di questo mondo».
Gesù, nella Sua profonda saggezza, aveva previsto ciò che sarebbe successo, ma queste cose erano inevitabili, perché attinenti al livello inferiore della natura umana, che non poteva trasformarsi da un momento all'altro. Bisognava che il Cristianesimo passasse per questa lunga e crudele prova di diciotto secoli per dimostrare tutta la sua potenza. Infatti, malgrado tutto il male commesso in suo nome, ne è uscito puro. Mai è stato chiamato in causa; il biasimo è sempre ricaduto su coloro che ne hanno abusato. A ogni atto di intolleranza, si è sempre detto: «Se il cristianesimo fosse stato compreso meglio e meglio praticato, ciò non sarebbe successo».
«Non crediate che la mia dottrina si affermi pacificamente. Essa porterà lotte sanguinose, per le quali il mio nome sarà un pretesto, perché gli uomini non mi avranno compreso o non avranno voluto comprendermi. I fratelli, separati dai loro credo, sguaineranno la spada gli uni contro gli altri, e la divisione regnerà anche fra i membri di una stessa famiglia, per avere essi una diversa fede. Io sono venuto a gettare fuoco sulla Terra, per ripulirla degli errori e dei pregiudizi, così come si appicca il fuoco a un campo per distruggerne le erbe cattive. E sono impaziente che il fuoco divampi affinché la purificazione sia più sollecita, e da questo conflitto la verità esca trionfante. Alla guerra succederà la pace; all'odio di parte la fraternità universale; alle tenebre del fanatismo la luce della fede illuminata. Allora, quando il campo sarà preparato, io vi manderò il Consolatore, lo Spirito di Verità, che verrà a ristabilire tutte le cose. Facendo cioè conoscere il vero senso delle mie parole — che gli uomini più progrediti potranno infine comprendere — egli metterà fine alla lotta fratricida che divide il figli di uno stesso Dio. Stanchi infine di un combattimento senza esito, che lascia dietro di sé solo desolazione e porta turbamento perfino in seno alle famiglie, gli uomini riconosceranno dove stanno i loro veri interessi per questo mondo e per quell'altro. Vedranno allora da che parte stanno gli amici e da quale i nemici della loro pace. Tutti verranno a rifugiarsi sotto la stessa bandiera, quella della carità, e le cose saranno ristabilite sulla Terra secondo la verità e i principi che vi ho insegnato.»
Capitolo XXIV - NON METTETE LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO
Perché Gesù parla sotto forma di parabola
Capita agli uomini in generale come ai singoli individui. Le generazioni hanno la loro infanzia, la loro gioventù e la loro età matura. Ogni cosa deve venire a tempo debito e il grano seminato fuori stagione non fruttifica. Ma ciò che la prudenza comanda di tacere momentaneamente deve prima o poi essere precisato perché, arrivati a un certo grado di sviluppo, gli uomini ricercano essi stessi la luce viva: l'oscurità li opprime. Gli uomini, avendo ricevuto da Dio l'intelligenza per comprendere e per orientarsi nelle cose della Terra e del Cielo, vogliono ragionare sulla loro fede. È proprio questo il momento in cui non bisogna mettere la fiaccola sotto il moggio perché senza la luce della ragione, la fede si indebolisce (vedere cap. XIX, n. 7 di quest'opera).
Non possono esserci dei misteri assoluti in questo campo, e con ragione Gesù afferma che non c'è niente di segreto che non possa essere conosciuto. Tutto ciò che è nascosto sarà scoperto un giorno, e ciò che l'uomo non può ancora comprendere sulla Terra gli verrà successivamente svelato nei mondi più avanzati, quando sarà purificato. Quaggiù si perde ancora nella nebbia.
Ciononostante, anche con i Suoi apostoli, Gesù è restato nel vago su molti punti, la cui completa comprensione era rimandata a tempi successivi. Sono proprio questi punti che hanno dato luogo a interpretazioni così diverse, finché la Scienza da un lato e lo Spiritismo dall'altro non sono venuti a rivelare le nuove leggi di natura, che ne hanno fatto comprendere il vero significato.
Non andate dai Gentili
Ai tempi di Gesù, a causa delle idee ristrette e materiali dell'epoca, tutto era circoscritto e localizzato. La casa di Israele era un piccolo popolo, i Gentili erano delle piccole comunità dei dintorni. Oggi le idee si universalizzano e si spiritualizzano. La luce nuova non è privilegio di nessuna nazione. Per lei non ci sono più barriere, essa ha il suo focolare ovunque e tutti gli uomini sono fratelli. Né i Gentili sono più un determinato popolo, ma un'opinione che si incontra dappertutto, e la cui verità trionfa a poco a poco, come il Cristianesimo ha trionfato sul Paganesimo. Non si combatte più con le armi di guerra, ma con la forza dell'idea.
Non sono i sani che hanno bisogno del medico
Queste parole, come tante altre, trovano la loro applicazione nello Spiritismo. Ci si stupisce a volte che la medianità venga accordata a persone indegne e, per questo, capaci di farne un cattivo uso. Sembra, si è soliti dire, che una facoltà così preziosa dovrebbe essere esclusivo attributo dei più meritevoli.
Diciamo, prima di tutto, che la medianità attiene a una disposizione organica di cui ogni uomo può essere dotato, così come è dotato della vista, dell'udito e della parola. Non c'è una sola di queste facoltà di cui l'uomo, in virtù del suo libero arbitrio, non possa abusare, e se Dio avesse concesso la parola, per esempio, solo a quelli incapaci di dire cose cattive, ci sarebbero più muti che parlanti. Dio ha dato all'uomo delle facoltà. Lo lascia libero di fruirne, ma punisce sempre quelli che di tali facoltà abusano.
Se il potere di comunicare con gli Spiriti fosse dato solo ai più degni, chi oserebbe pretenderlo? D'altra parte come stabilire il confine fra degno e indegno? La medianità viene data senza discriminazioni, affinché gli Spiriti possano portare la luce in tutte le categorie, in tutte le classi della società, presso i poveri e presso i ricchi, presso i saggi per fortificarli nel bene, presso i viziosi per correggerli. Questi ultimi non sono forse dei malati che hanno bisogno del medico? Perché Dio, che non vuole la morte del peccatore, dovrebbe privarlo del soccorso che può toglierlo dal fango? I buoni Spiriti vengono in aiuto del peccatore, e i loro consigli, ch'egli riceve direttamente, sono tali da impressionarlo più vivamente che se li ricevesse per vie traverse. Dio, nella Sua bontà, per risparmiargli la fatica di andare a cercare la luce lontano, gliela pone nelle mani. Non sarebbe egli ben più colpevole se non vi badasse? Potrà mai scusarsi adducendo una sua ignoranza, quando avrà scritto di suo pugno, visto con i suoi occhi, udito Con le sue orecchie e pronunciato con la sua bocca la sua condanna? Se non ne trae vantaggio, allora verrà punito con la perdita o la degenerazione della sua facoltà, di cui i cattivi Spiriti approfitteranno per ossessionarlo e ingannarlo, senza pregiudizio delle vere afflizioni con cui Dio colpisce i Suoi servitori indegni e i cuori induriti dall'orgoglio e dall'egoismo.
D'altra parte la medianità non implica necessariamente contatti abituali con gli Spiriti superiori. È semplicemente un'attitudine, che serve da strumento più o meno flessibile per gli Spiriti in generale. Il buon medium non è dunque colui che comunica facilmente, ma colui che è "simpatico" ai buoni Spiriti ed è assistito soltanto da loro. È solamente in questo senso che l'eccellenza delle qualità morali è di assoluta importanza nella medianità.
Il coraggio della fede
Gesù condanna questa codardia dal particolare punto di vista della Sua dottrina dicendo che, se qualcuno arrossisce per le Sue parole, anche Lui arrossirà. Rinnegherà chi l'avrà rinnegato, mentre riconoscerà davanti al Padre Suo che è nei Cieli chi Lo riconoscerà di fronte agli uomini. In altri termini: coloro che avranno paura di confessarsi discepoli della verità, non sono degni di essere ammessi nei regno della verità. Essi perderanno il beneficio della loro fede, perché è una fede egoistica, che conservano per se stessi, ma che nascondono per paura che porti loro danno in questo mondo. Coloro invece che, mettendo la verità al di sopra dei loro interessi materiali, la proclamano apertamente, lavorano allo stesso tempo per il loro avvenire e per quello degli altri.
Portare la propria croce. Chi vorrà salvare la propria vita la perderà
Dopo aggiunge: «Se uno vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua». Ossia sopporti coraggiosamente le tribolazioni che la Sua fede gli arrecherà. Perché colui che vorrà salvare la sua vita e i suoi beni rinunciando a me, perderà i vantaggi del Regno dei Cieli. Coloro, invece, che avranno perso tutto su questa Terra, anche la vita per il trionfo della verità, riceveranno nella vita futura il premio del loro coraggio, della loro perseveranza e della loro abnegazione. Ma a quelli che sacrificano i beni celesti per le soddisfazioni terrene, Dio dice: Voi avete già ricevuto la vostra ricompensa».
Capitolo XXV - CERCATE ETROVERETE
Aiutati, e il cielo ti aiuterà
Agli albori dell'umanità, l'uomo impiega l'intelligenza solo nella ricerca del nutrimento e dei mezzi per mettersi al riparo dalle intemperie e per difendersi dai nemici. Ma Dio ha dato a lui qualcosa di più che agli animali, ossia il desiderio incessante di progredire. È questo desiderio che lo spinge alla ricerca dei mezzi per migliorare le sue condizioni, che lo porta alle scoperte, alle invenzioni, al perfezionamento della scienza, poiché è la scienza che gli procura ciò di cui necessita. Attraverso le ricerche, la sua intelligenza si evolve e la sua morale si purifica. Ai bisogni materiali seguono quelli dello spirito. Dopo il nutrimento materiale, ci vuole quello spirituale. Ed è così che l'uomo passa dallo stato selvaggio a quello della civilizzazione.
Ma il progresso che ogni uomo compie singolarmente durante la sua vita è ben poca cosa, persino impercettibile per la maggior parte di essi. Come potrebbe allora l'umanità progredire senza la preesistenza e la resistenza dell'anima? Se le anime se ne andassero ogni giorno senza più ritornare, l'umanità si rinnoverebbe incessantemente, con gli elementi primitivi, e tornerebbe a dover fare tutto e impararetutto. Pertanto non si spiegherebbe perché l'uomo è oggi più avanzato che nelle prime età del mondo se dovesse a ogni nascita ricominciare daccapo tutti i lavori intellettuali. L'anima, al contrario, ritorna con il suo bagaglio di progresso compiuto, acquisendone ogni volta di più. Essa passa così, gradualmente, dalla barbarie alla civilizzazione materiale e da questa alla civilizzazione morale (vedere cap. IV, n. 17 di quest'opera).
Tale è il senso delle parole: «Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto».
Osservate gli uccelli del cielo
Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita?
E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede?
Non siate dunque in ansia dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose.
Cercate prima il regno e la giustizia di .Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.» (Matteo 6:19-21, 25-34)
Si deve dunque vedere in queste parole una poetica allegoria della Provvidenza, che non abbandona mai quanti ripongono in lei la loro fiducia, però vuole che gli uomini facciano la loro parte. Quand'essa non venga in aiuto con un soccorso materiale, ispira le idee con le quali si trova il modo di trarsi d'impaccio (vedere cap. XXVII, n. 8 di quest'opera).
Dio conosce i nostri bisogni e predispone secondo necessità. Ma l'uomo, incostante nei suoi desideri, non sempre sa accontentarsi di quello che ha. Il necessario non gli basta, gli ci vuole il superfluo. È allora che la Provvidenza lo abbandona a se stesso. Sovente è infelice proprio a causa di se stesso e per non aver dato retta alla voce che lo avvertiva attraverso la sua coscienza. Dio lascia che ne subisca le conseguenze, affinché ciò gli serva di lezione per il futuro (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
Non è con le leggi che si stabiliscono la carità e la fraternità. Se esse non si trovano nel cuore, l'egoismo le soffocherà sempre. Introdurle è opera dello Spiritismo.
Non preoccupatevi di possedere dell'oro
Oltre al senso letterale, queste parole hanno un senso morale molto profondo. Gesù in questo modo insegnava ai Suoi discepoli ad avere fiducia nella Provvidenza. Inoltre, non possedendo costoro niente, non potevano suscitare la cupidigia in coloro che li accoglievano. Era un modo per distinguere i caritatevoli dagli egoisti. È per questo ch'Egli dice loro: «Informatevi se vi sia là qualcuno degno di ospitarvi, e abitate da lui finché partirete»; ossia abbastanza umano da ospitare chi non ha di che pagare, perché questo sarà quello degno di ascoltare le vostre parole. È dalla sua carità che lo riconoscerete.
Quanto a coloro che non vorranno né riceverli né ascoltarli, ha forse Egli detto ai Suoi apostoli di maledirli, di imporsi a loro, di usare la violenza e la forza per convertirli? No. Ha semplicemente detto loro di andarsene altrove e di cercare altrove gente di buona volontà.
Così, oggi, lo Spiritismo dice ai suoi seguaci: «Non fate pressione su nessuna coscienza, non costringete nessuno a lasciare il proprio credo per adottare il vostro e non lanciate anatemi su quelli che non pensano come voi. Accogliete quelli che vengono a voi e lasciate in pace quelli che vi rifiutano». Ricordatevi delle parole di Cristo: «Un tempo il regno dei cieli era preso a forza, oggi con la dolcezza» (vedere cap. IV, nn. 10 e 11 di quest'opera).
Capitolo XXVI - GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO GRATUITAMENTE DATE
Il dono di guarire
Preghiere pagate
Dio non vende i benefici, ch'Egli concede. Perché dunque chi non ne è neppure l'erogatore né può garantirne il conseguimento, dovrebbe farsi pagare una richiesta che può essere senza esito? Dio non può subordinare a una somma di denaro un atto di clemenza, di bontà o di giustizia che si implora dalla Sua misericordia. Altrimenti ne conseguirebbe che, se la somma non venisse pagata o fosse insufficiente, la giustizia, la bontà e la clemenza di Dio verrebbero annullate. La ragione, il buon senso e la logica ci dicono che Dio, perfezione assoluta, non può delegare a creature imperfette il diritto di applicare un prezzo alla Sua giustizia. La giustizia di Dio è come il sole: la sua luce si spande su tutti, sul povero come sul ricco. Se si considera immorale commerciare le grazie di un sovrano sulla Terra, è forse più lecito vendere quelle del sovrano dell'Universo?
Le preghiere pagate hanno un altro inconveniente: chi le compera si ritiene quasi sempre dispensato dal pregare lui stesso, perché si considera come esonerato dal momento che ha dato i suoi soldi.
Si sa che gli Spiriti sono colpiti dal fervore del pensiero di quelli che si rivolgono a loro. Quale può essere il fervore di chi, pagando, affida l'incarico a una terza persona perché preghi in sua vece? Quale può essere il fervore di questa terza persona quando essa delega il mandato a un'altra, e questa a un'altra ancora, e via di seguito? Non significa forse abbassare l'efficacia della preghiera a livello di moneta corrente?
I mercanti cacciati dal tempio
Medianità gratuita
Chi dunque non ha di che vivere cerchi le sue risorse economiche altrove, ma non nella medianità. Dedichi alla medianità, se necessario, il tempo libero di cui può materialmente disporre. Gli Spiriti terranno conto della sua dedizione e dei suoi sacrifici, mentre si allontaneranno da coloro che cercano di fare della medianità un mezzo per la loro ascesa sociale.
Capitolo XXVII - DOMANDATE EVI SARÀ DATO
Qualità della preghiera
Efficacia della preghiera
Senza dubbio ci sono delle leggi naturali e immutabili che Dio non può abrogare secondo il capriccio di ognuno. Ma da qui a credere che tutte le circostanze della vita siano alla mercé della fatalità, la distanza è grande. Se così fosse, l'uomo sarebbe solo uno strumento passivo, senza libero arbitrio e senza iniziativa. In questa ipotesi, non gli rimarrebbe che chinare la testa sotto i colpi del destino, senza cercare di evitarli. Egli, perciò, non avrebbe dovuto cercare di deviare il fulmine. Dio non gli ha certo dato il raziocinio e l'intelligenza per non servirsene, la volontà per non volere, l'attività per restarsene inattivo. Essendo l'uomo libero di agire in un senso o nell'altro, le sue azioni hanno, per lui e per gli altri, delle conseguenze subordinate a ciò ch'egli fa o non fa. Grazie alla sua iniziativa, ci sono dunque dei fatti che sfuggono necessariamente alla fatalità e che non vanificano l'armonia delle leggi universali più di quanto l'anticipo o il ritardo di un pendolo non vanifichi la legge che presiede al suo movimento. Dio può dunque accogliere certe domande senza derogare all'immutabilità delle leggi che reggono l'insieme, rimanendo la Sua adesione sempre subordinata alla Sua volontà.
Ciò che Dio gli accorderà, se si rivolge a Lui con fiducia, è il coraggio, la pazienza e la rassegnazione. Ciò che gli concede ancora sono i mezzi per superare le difficoltà, con l'aiuto delle idee che gli fa suggerire dai buoni Spiriti, lasciandogliene così il merito. Dio assiste quelli che si aiutano da soli, secondo la massima "Aiutati che il Cielo ti aiuterà", e non quelli che si aspettano tutto dall'aiuto altrui, senza fare uso delle loro stesse facoltà. Ma per lo più si preferisce essere soccorsi da un miracolo senza dover sobbarcarsi a una qualsiasi fatica (vedere cap. XXV, n. 1 e segg. di quest'opera).
Ma, si dirà, perché lo Spirito buono non gli ha detto chiaramente: «Segui questo sentiero e in fondo troverai ciò di cui hai bisogno?» Perché non gli si è mostrato per guidarlo e sostenerlo nel suo momento di debolezza? In questo modo l'avrebbe convinto dell'intervento della Provvidenza. Prima di tutto per insegnargli che bisogna aiutarsi da se stessi e fare uso delle proprie forze. In secondo luogo, attraverso l'incertezza, Dio verifica la fiducia in Lui e la sottomissione alla Sua volontà. Quest'uomo si trovava nella condizione di un bambino che cade: se scorge qualcuno, grida e aspetta che vengano a rialzarlo; se non vede nessuno si sforza e cerca di alzarsi da solo.
Se l'angelo che accompagnava Tobia gli avesse detto: «Io sono mandato da Dio per guidarti nel tuo viaggio e preservarti da ogni danno», Tobia non avrebbe avuto nessun merito perché, fidandosi del suo compagno, non avrebbe avuto neppure bisogno di pensare: è per questo che l'angelo si è fatto riconoscere solo al ritorno.
Azione della preghiera. Trasmissione del pensiero
La forza della corrente è commisurata a quelle del pensiero e della volontà. È così che la preghiera viene captata dagli Spiriti, in qualsiasi posto essi si trovino, è così che gli Spiriti comunicano fra di loro, è così che ci trasmettono le loro ispirazioni, ed è così che si stabiliscono dei rapporti a distanza fra gli incarnati.
Questa spiegazione è rivolta soprattutto a quelli che non con prendono l'utilità della preghiera puramente mistica, la quale non riguarda assolutamente la preghiera a fini pratici, ma ha lo scopo di rendere intelligibili i suoi effetti, dimostrando che essa può avere un'azione diretta ed effettiva. Non per questo essa resta meno subordinata alla volontà di Dio, giudice supremo di tutte le cose, il solo che può rendere la sua azione efficace.
È pure certo che queste miserie sono il risultato delle nostre infrazioni alle leggi di Dio, e che, se noi osservassimo puntualmente queste leggi, saremmo perfettamente felici. Se, inoltre, non superassimo i limiti del necessario nella soddisfazione dei nostri bisogni, non contrarremmo le malattie che sono la conseguenza dei nostri eccessi e non incorreremmo nelle tribolazioni che esse comportano. Se poi mettessimo dei limiti alla nostra ambizione, non vivremmo nel timore della rovina. Se non volessimo salire più in alto di quanto possiamo, non avremmo paura di cadere. Se fossimo umili, non subiremmo le delusioni dell'orgoglio ferito. Se praticassimo la legge della carità, non saremmo né maldicenti né invidiosi né gelosi ed eviteremmo le dispute e i contrasti. Se non facessimo del male a nessuno, non ne temeremmo la vendetta ecc.
Ammettiamo pure che l'uomo nulla possa sugli altri mali e che qualsiasi preghiera fosse superflua per preservarsene, non sarebbe già molto essersi liberato di quelli originati da lui stesso? Ora, a questo punto l'azione della preghiera si comprende agevolmente, perché essa ha per effetto di evocare l'ispirazione salutare dei buoni Spiriti, di domandar loro la forza per resistere ai cattivi pensieri, la cui attuazione può esserci funesta. In questo caso, non è il male che essi allontanano da noi, ma allontanano noi stessi dal cattivo pensiero che può causare il male. Essi non contravvengono in nessun modo ai decreti di Dio né minimamente sospendono il corso delle leggi della natura. Semplicemente ci impediscono di infrangerle, guidando id nostro libero arbitrio. Ma lo fanno a nostra insaputa, in modo occulto, per non limitare la nostra volontà. L'uomo si trova allora nella posizione di chi sollecita i buoni consigli e li mette in pratica, ma è sempre libero di seguirli oppure no. Dio vuole che sia così, per lasciargli la responsabilità dei suoi atti e il merito della scelta fra il bene e il male. È in questo caso che l'uomo è sempre certo di ottenere ciò che chiede, se lo chiede con fervore. È in questo caso soprattutto che si possono applicare le parole: «Domandate e vi sarà dato».
L'efficacia della preghiera, anche se ridotta a queste dimensioni, non produrrebbe forse già un grandissimo risultato? È stato riservato allo Spiritismo di dimostrarci la sua azione mediante la rivelazione dei rapporti esistenti fra il mondo fisico e quello spirituale. Ma non solo a questo si limitano gli effetti della preghiera.
La preghiera è raccomandata da tutti gli Spiriti. Rinunciare alla preghiera significa disconoscere la bontà di Dio, significa rinunciare alla loro assistenza per noi stessi, al bene che si può loro fare per gli altri.
L'uomo che non si creda abbastanza buono per esercitare un'influenza salutare non deve astenersi dal pregare per gli altri, nella convinzione di non essere degno d'essere ascoltato. La coscienza della propria inferiorità è una prova d'umiltà gradita a Dio, il quale tiene sempre conto dell'intenzione caritatevole che anima tale individuo. Il suo fervore e la sua fiducia in Dio sono un primo passo verso il ritorno al bene, che i buoni Spiriti sono felici di incoraggiare. La preghiera che viene rifiutata è quella dell'orgoglioso, che ha fedenella sua potenza e nei suoi meriti e che crede di potersi sostituire alla volontà dell'Eterno.
Preghiere intelligibili
Sulla preghiera per i morti e per gli Spiriti sofferenti
La non-eternità delle pene non implica affatto la negazione di una pena temporanea, perché Dio nella Sua giustizia non può confondere il bene con il male. Ora, negare in questo caso l'efficacia della preghiera sarebbe come negare l'efficacia della consolazione, dell'incoraggiamento e dei buoni consigli. Sarebbe negare la forza che si può trarre dall'assistere moralmente coloro che ci vogliono bene.
C'è in questa idea un fraintendimento circa l'immutabilità della legge divina o, meglio, una ignoranza della legge per quanto concerne il castigo futuro. Questa legge è rivelata dagli Spiriti del Signore oggi che l'uomo è maturo per comprendere ciò che nella fede è conforme o contrario agli attributi divini.
Secondo il dogma sull'eternità assoluta delle pene, non si prende in considerazione il rimorso del colpevole né il suo pentimento, e inutile è qualsiasi suo desiderio di migliorarsi. Come dire che egli è condannato a restare nel male eternamente. Se invece è condannato per un tempo determinato, la pena cesserà quando il tempo sarà esaurito. Ma chi dice che allora sarà giunto ad avere sentimenti migliori? Chi dice, sull'esempio di molti condannati della Terra alla loro uscita di prigione, che non sarà cattivo quanto prima? Nel primo caso si manterrebbe nel dolore della punizione un uomo ritornato al bene. Nel secondo, si grazierebbe chi è rimasto colpevole. La legge di Dio è più previdente. Sempre giusta, equa e misericordiosa, non fissa nessuna durata della pena, qualunque essa sia. Si riassume così:
«Ta severità del castigo è proporzionale alla gravità della colpa.»
«La durata del castigo per qualsiasi colpa è indeterminata ed è subordinata al pentimento del colpevole e al suo ritorno al bene. La pena dura quanto persiste l'ostinazione nel male: sarà eterna se l'ostinazione è eterna; sarà di breve durata se il pentimento è immediato.»
«Nel momento stesso in cui il colpevole implora misericordia, Dio lo sente e gli invia la speranza. Ma il semplice pentimento del male non basta: ci vuole la riparazione. È per questo che il colpevole viene sottoposto a nuove prove, nelle quali può, sempre di sua volontà, fare del bene in riparazione del male che ha fato.»
«L'uomo è così costantemente arbitro della sua stessa sorte, potendo abbreviare la sua pena o prolungarla indefinitamente. La sua felicità o infelicità dipende dalla sua volontà di fare il bene.»
Questa è la legge, legge immutabile e conforme alla bontà e alla giustizia di Dio.
Lo Spirito colpevole e infelice, in questo modo, può sempre salvarsi da solo; sarà la legge di Dio a indicargli a quali condizioni può farlo. Le cose che per lo più gli mancano sono la volontà, la forza e il coraggio. Se con le nostre preghiere noi gli ispiriamo questa volontà, se lo sosteniamo e lo incoraggiamo, se con i nostri consigli gli diamo i lumi che gli mancano, noi non sollecitiamo affatto Dio a derogare alla Sua legge, ma noi diventiamo gli strumenti per l'applicazione della Sua legge d'amore e di carità, alla quale Egli ci permette anche di partecipare, affinché offriamo noi stessi una prova di carità (vedere Cielo e l'Inferno, 1a parte, cap. IV, VII, VIII).
Istruzioni Degli Spiriti
Modo di pregare
La preghiera del Cristiano, dello Spiritista di qualsiasi culto egli sia, dev'essere fatta al momento del risveglio. Essa deve elevarsi fino ai piedi della maestà divina con umiltà e profondità, in uno slancio riconoscente per tutti i benefici concessi fino a quel giorno; riconoscente per la notte trascorsa, durante la quale vi è stato permesso, benché a vostra insaputa, di ritornare dai vostri amici, dalle vostre guide, per trarre al loro contatto nuove forze e una maggior perseveranza. Deve levarsi umile ai piedi del Signore, per raccomandargli la vostra debolezza, domandargli il Suo appoggio, la Sua indulgenza, la Sua misericordia. Dev'essere profonda, perché è la vostra anima che deve elevarsi fino al Creatore, che deve trasfigurarsi come Gesù sul Monte Tabor e giungere candida e radiosa di speranza e d'amore.
La vostra preghiera deve contenere sì la domanda delle grazie di cui avete bisogno, ma un bisogno reale. Inutile pertanto domandare al Signore di abbreviare il tempo delle vostre prove, di darvi felicità e ricchezza. Domandategli invece di concedervi beni ben più preziosi, quelli cioè della pazienza, della rassegnazione e della fede. Non dite, come succede a molti di voi: «Non vale la pena pregare, perché Dio non esaudisce la mia preghiera». Che cosa domandate a Dio per lo più? Vi siete mai ricordati di chiedergli il vostro miglioramento morale? Solo poche volte. Voi pensate sempre a chiedergli la riuscita nelle vostre imprese terrene e sovente avete esclamato: «Dio non si occupa di noi, se se ne occupasse non ci sarebbero tante ingiustizie». Insensati! Ingrati! Se voi scendeste nel profondo della vostra coscienza, trovereste quasi sempre in voi stessi l'origine dei mali di cui vi lamentate. Domandate dunque, prima di tutto, il vostro miglioramento morale, e vedrete quale torrente di grazie e di consolazioni si riverserà su di voi (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
Voi dovete pregare incessantemente. Ma per questo non è necessario che vi ritiriate nella vostra nicchia o che vi gettiate in ginocchio sulla pubblica piazza. La preghiera quotidiana è l'adempimento stesso dei vostri doveri, dei vostri doveri senza eccezione, di qualsiasi natura essi siano. Non è forse un atto d'amore verso il Signore assistere i vostri fratelli per una qualsiasi necessità, morale o fisica? Non è forse un atto di riconoscenza elevare il vostro pensiero verso di Lui allorché qualcosa di felice vi tocca, un incidente vi viene evitato, una contrarietà vi ha semplicemente solo sfiorato? E sarà ancora un atto di gratitudine se voi direte, anche solo mentalmente: «Siate benedetto, Padre mio!» Non è forse un atto di contrizione — quando avete coscienza di aver sbagliato — quello di dire umilmente al Supremo Giudice, anche solo con un rapido pensiero: «Perdonatemi, mio Dio, perché io ho peccato (per orgoglio o per egoismo o per mancanza di carità). Ora, datemi la forza di non sbagliare più e il coraggio di riparare»?
Questo indipendentemente dalle normali preghiere del mattino e della sera e dei giorni consacrati. Ma, come voi potete notare, la preghiera può essere di tutti i momenti, senza apportare alcuna interruzione al vostro lavoro. Al contrario, detta così, lo santifica. E credete pure: uno solo di questi pensieri, che parta dal cuore, è ascoltato dal Padre vostro celeste più delle lunghe preghiere dette per abitudine, sovente senza un determinato motivo e alle quali vi chiama automaticamente l'ora convenuta.
(V. Monod, Bordeaux, 1862)
Felicità della preghiera
Camminate, camminate nei sentieri della preghiera e sentirete le voci degli angeli. Quale armonia! Non si tratta più del rumore caotico e degli accenti striduli della Terra. Queste sono le lire degli arcangeli, sono le voci dolci e soavi dei serafini, più leggere della brezza del mattino quando passa tra il fogliame dei vostri grandi boschi. In quali delizie voi camminerete! Le vostre parole non potranno descrivere questa felicità, tanto essa vi pervaderà attraverso tutti i pori, tanto la fonte alla quale si beve pregando è viva e rigeneratrice! Dolci le voci e inebrianti i profumi di cui l'anima gode e s'esalta quando si lancia in queste sfere sconosciute e abitate dalla preghiera! Senza contaminazione alcuna di desideri carnali, tutte le aspirazioni sono divine. E anche voi, come Cristo, che pregava portando al Calvario la Sua croce del Golgota, pregate. Portate anche voi la vostra croce e anche voi sentirete le dolci emozioni che attraversavano la Sua anima, benché oppresso dal legno infamante. Andava a morire, ma per vivere la vita celeste nella dimora del Padre.
(Sant'Agostino, Parigi, 1861)
Capitolo XXVIII - RACCOLTA DI PREGHIERE SPIRITISTE
Premessa
Gli Spiriti non prescrivono alcuna formula specifica di preghiera ; quando la suggeriscono, è per fissare delle idee e soprattutto per richiamare l'attenzione su taluni principi della Dottrina Spiritista. Ma lo scopo può anche essere quello di porgere aiuto alle persone che faticano a esprimere le loro idee, poiché ci sono alcuni che credono di non aver pregato, se il loro pensiero non è stato ben formulato.
La raccolta delle preghiere contenute in questo capitolo è una scelta fatta fra quelle che sono state dettate dagli Spiriti in varie circostanze. Gli Spiriti possono averne dettate delle altre e, in altri termini, consoni a certe idee o a casi speciali, ma poco importa la forma se il pensiero di fondo è lo stesso. Lo scopo della preghiera è quello di elevare il nostro animo a Dio, quindi la diversità delle formulazioni non deve costituire nessuna differenza tra coloro che credono in Lui, e ancor meno tra i seguaci dello Spiritismo, perché Dio le accetta tutte quando sono sincere.
Non bisogna affatto considerare questa raccolta come un formulario dal valore assoluto, ma come una scelta fra le istruzioni date dagli Spiriti. È un'applicazione dei principi della morale evangelica sviluppati in questo libro, un complemento a quanto gli Spiriti hanno dettato circa i doveri verso Dio e verso il prossimo, in cui vengono richiamati tutti i principi della dottrina.
Lo Spiritismo riconosce come buone le preghiere di tutti i culti quando siano espresse col cuore e non solo a parole. Non ne impone nessuna e nessuna ne biasima. Dio è troppo grande, secondo lo Spiritismo, per rifiutare la voce che implora o che canta le Sue lodi, solo perché lo fa in un modo anziché in un altro. Chiunque lancerà l'anatema contro le preghiere che non si trovano nel suo formulario dimostrerà di non conoscere la grandezza di Dio. Credere che Dio tenga a una determinata formula significa attribuirgli la meschinità e le passioni umane.
Una delle condizioni essenziali della preghiera, secondo san Paolo (vedere cap. XXVII, n. 16 di quest'opera), è quella di essere intelligibile, al fine di poter parlare al nostro spirito. Tuttavia non basta che sia detta in una lingua comprensibile da chi prega. Ci sono preghiere in linguaggio corrente che all'animo non dicono molto di più che se fossero dette in una lingua straniera e che, appunto per questo, non vanno dritte al cuore. Le poche idee che queste preghiere contengono sono sovente soffocate dalla sovrabbondanza delle parole e dall'eccessivo misticismo del linguaggio.
La principale qualità della preghiera è la chiarezza. La preghiera dev'essere semplice e concisa, senza inutili giri di parole né sfoggio di aggettivi che altro non sono che veri e propri fronzoli. Ogni parola deve avere il suo intrinseco valore, deve risvegliare un'idea, toccare una fibra del cuore, deve insomma indurre alla riflessione. Solo a questa condizione la preghiera può raggiungere il suo scopo, altrimenti sono solo chiacchiere. Si osservi anche con che aria distratta e con quanta leggerezza le preghiere vengono per lo più proferite. Si vedono le labbra che si muovono ma, dall'espressione del volto e dal suono stesso della voce, si intuisce che è un atto meccanico, puramente esteriore di fronte al quale l'anima resta indifferente.
Le preghiere che fanno parte di questa raccolta sono divise in cinque categorie: 1º Preghiere generali; 2º Preghiere per se stessi; 3º Preghiere per i vivi; 4º Preghiere per i morti; 5º Preghiere speciali per i malati e gli ossessi.
Al fine di richiamare in particolar modo l'attenzione sul contenuto di ogni preghiera e di farne meglio comprendere il suo significato, esse sono tutte precedute da un'istruzione, una specie di esposizione dei motivi, sotto il titolo di prefazione.
1 — Preghiere generiche
Preghiera domenicale
Ciononostante, è a causa della sua stessa brevità che il significato profondo, racchiuso nelle poche parole di cui è composta, sfugge alla maggior parte degli uomini. Questo perché generalmente viene recitata senza riflettere sul significato di ciascuna delle sue frasi. Viene pronunciata come una formula la cui efficacia è proporzionale al numero di volte che è ripetuta, che è quasi sempre uno dei numeri cabalistici tre, sette o nove, tratti dall'antica credenza superstiziosa sul potere dei numeri e in uso nelle pratiche magiche.
Per surrogare le esitazioni che la concisione di questa preghiera genera nella mente, con il consiglio e l'assistenza dei buoni Spiriti, a ogni proposizione è stato aggiunto un commento che ne sviluppa il significato e ne mostra le applicazioni. Secondo le circostanze e il tempo disponibile, si può dunque dire la Preghiera domenicale semplice o ampliata.
Crediamo in Voi, Signore, perché tutto ci rivela la Vostra potenza e la Vostra bontà. L'armonia dell'universo testimonia una saggezza, una prudenza e una preveggenza che oltrepassano tutte le facoltà umane. Il nome di un Essere sovranamente grande e saggio è inscritto in tutte le opere della creazione, dal filo d'erba e il più piccolo insetto, fino agli astri che si muovono nello spazio. Ovunque noi vediamo la prova di una sollecitudine paterna. È cieco chi non Vi riconosce nelle Vostre opere, presuntuoso chi non Vi glorifica, ingrato chi non Vi rende grazie.
II. Venga il Tuo Regno!
Signore, Voi avete dato agli uomini leggi piene di saggezza e che farebbero la loro felicità se essi le osservassero. Con queste leggi, essi potrebbero stabilire fra loro la pace e la giustizia e aiutarsi reciprocamente, anziché nuocersi come fanno. I forti sosterrebbero i deboli invece di opprimerli. Essi eviterebbero i mali che generano abusi ed eccessi di ogni genere. Tutte le miserie di questa Terra sono provocate dalla violazione delle Vostre leggi, perché non c'è una sola infrazione che non abbia le sue fatali conseguenze.
Voi avete dato all'animale l'istinto, che gli indica i limiti delle sue necessità e a cui si conforma automaticamente. Ma all'uomo, oltre all'istinto, avete dato l'intelligenza e la ragione e anche la libertà di osservare o di infrangere quelle leggi che lo riguardano personalmente, ossia la libertà di scegliere fra il bene e il male, affinché abbia il merito e la responsabilità delle sue azioni.
Per nessuno può essere ammessa l'ignoranza delle vostre leggi perché, nella Vostra previdenza paterna, avete voluto che queste leggi fossero impresse nella coscienza di ognuno, senza distinzione di culto o di razza. Le viola chi Vi disconosce.
Giorno verrà in cui, secondo la Vostra promessa, tutti le praticheranno. Allora l'incredulità sarà scomparsa, tutti Vi riconosceranno come il sovrano Padrone di tutte le cose, e il regno delle Vostre leggi sarà il Vostro regno sulla Terra.
Degnatevi, Signore, di affrettare il suo avvento, dando agli uomini la luce necessaria per condurli sul cammino della verità.
III. Sia fatta la Tua volontà così in Cielo come in Terra!
Se la sottomissione è un dovere dei figli rispetto al padre, dell'inferiore rispetto al superiore, quanto sarà più grande quella della creatura rispetto al suo Creatore! Fare la Vostra volontà, Signore, vuol dire osservare le Vostre leggi e sottomettersi senza lamentarsi ai decreti divini. L'uomo si sottometterà quando comprenderà che siete Voi la fonte di tutta la saggezza, e che senza di Voi nulla si può. Allora l'uomo farà la Vostra volontà sulla Terra, come gli eletti in Cielo.
IV. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Dateci il nutrimento per il mantenimento delle forze fisiche e dateci anche il nutrimento spirituale per lo sviluppo del nostro Spirito.
L'animale il suo cibo lo trova, ma l'uomo lo ottiene dalla sua attività e dalle risorse della sua intelligenza, perché Voi lo avete creato libero.
Voi gli avete detto: «Tu trarrai il tuo nutrimento dalla terra, con il sudore della tua fronte». Perciò gli avete fatto obbligo del lavoro, affinché esercitasse la sua intelligenza attraverso la ricerca dei mezzi per poter provvedere alle proprie necessità e al suo benessere, chi con il lavoro materiale, chi con il lavoro intellettuale. Senza il lavoro, egli sarebbe rimasto sempre allo stesso livello né avrebbe potuto aspirare alla felicità degli Spiriti superiori.
Voi assistete l'uomo di buona volontà che si affida a Voi per il necessario, ma non quello che si crogiola nell'ozio volendo ottenere tutto senza fatica, né quello che cerca il superfluo (vedere cap. XXV di quest'opera).
Tanti sono quelli che soccombono per le loro stesse colpe, per la loro incuria, la loro imprevidenza o la loro ambizione e per non aver voluto accontentarsi di ciò che gli avete dato! Costoro sono gli artefici della loro stessa sfortuna e non hanno il diritto di lamentarsi, perché vengono puniti secondo i loro peccati. Ma anche costoro non sono da Voi abbandonati, perché Voi siete infinitamente misericordioso e tendete loro una mano per soccorrerli quando, come il figliol prodigo, ritornano sinceramente a Voi (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
Prima di lamentarci della nostra sorte, domandiamoci se non è opera nostra; a ogni disgrazia che ci succede, domandiamoci se non sarebbe dipeso da noi evitarla. Ma diciamoci anche che Dio ci ha dato l'intelligenza per superare gli ostacoli e che dipende da noi farne buon uso.
Poiché la legge del lavoro è la condizione dell'uomo sulla Terra, dateci, Signore, il coraggio e la forza di compierlo. Dateci anche la prudenza, l'accortezza e la moderazione, affinché non ne perdiamo il frutto.
Dateci dunque, Signore, il nostro pane quotidiano, ossia i mezzi per acquistare con il lavoro il necessario per vivere, poiché nessuno ha il diritto di reclamare il superfluo.
Se non ci sarà possibile lavorare, confidiamo nella Vostra divina Provvidenza.
Se, malgrado i nostri sforzi, sarà nei Vostri disegni sottoporci alle più dure privazioni, noi le accetteremo come una giusta espiazione degli errori che abbiamo potuto commettere in questa vita o in altre vite precedenti, perché Voi siete giusto. Noi sappiamo che non esistono pene immeritate, e che Voi non castigate mai senza una causa.
Preservateci, mio Dio, dal nutrire invidia verso coloro che possiedono quello che noi non possediamo o verso coloro che hanno il superfluo, mentre noi non abbiamo neppure il necessario. Perdonate loro se dimenticano la legge di carità e d'amore verso il prossimo che Voi avete loro insegnato (vedere cap. XVI, n. 8 di quest'opera).
Allontanate anche dal nostro spirito il pensiero di negare la Vostra giustizia, allorché vediamo la prosperità del malvagio e l'infelicità che prostra a volte l'uomo dabbene. Noi sappiamo ora, grazie ai nuovi lumi che a Voi è piaciuto offrici, che la Vostra giustizia sempre si attua e che nessuno può sfuggirle. Sappiamo anche che la prosperità materiale del malvagio è effimera, come effimera è la sua esistenza fisica, e che gli procurerà terribili disgrazie, mentre la felicità riservata a chi soffre con rassegnazione sarà eterna (vedere cap. V, nn. 7, 9, 12, 18 di quest'opera).
V. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Perdona le nostre offese, come noi le perdoniamo a chi ci offende.
Ogni nostra inosservanza alle Vostre leggi, Signore, è un'offesa nei Vostri confronti, e un debito che con Voi contraiamo e che prima o poi dovremo saldare. Noi ne affidiamo la remissione alla Vostra infinita misericordia, con la promessa di impegnarci a non contrarne degli altri.
Voi avete fatto espressamente per noi una legge sulla carità. Ma la carità non consiste solamente nell'assistere il proprio simile nel bisogno, essa sta anche nel dimenticare e nel perdonare le offese. Con quale diritto reclameremmo la Vostra indulgenza, se noi stessi ne difettassimo nei confronti di quelli di cui ci lamentiamo?
Dateci, o mio Dio, la forza di soffocare nel nostro animo qualsiasi risentimento, odio o rancore. Fate che la morte non ci sorprenda con un desiderio di vendetta nell'animo. Se Voi vorrete toglierci oggi stesso da questo mondo, concedeteci di presentarci a Voi puri da ogni animosità, sull'esempio di Cristo le cui ultime parole furono di perdono per i Suoi aguzzini (vedere cap. X di quest'opera).
Le persecuzioni che i malvagi ci fanno patire fanno parte delle nostre prove terrene, e noi dobbiamo accettarle senza lamentele, come tutte le altre prove. Non dobbiamo maledire coloro che con la loro malvagità ci indicano il cammino della felicità eterna. Non avete Voi forse detto, per bocca di Gesù: «Felici quelli che soffrono per la giustizia!»? Benediciamo dunque la mano che ci colpisce e ci umilia, perché le piaghe del corpo fortificano la nostra anima, e noi saremo risollevati dalla nostra condizione di umiliazione (vedere cap. XII, n. 4 di quest'opera).
Benedetto sia il Vostro nome, Signore, per averci insegnato che la nostra sorte non è irrevocabilmente fissata dopo la morte, che noi troveremo in altre esistenze il modo di riscattare e riparare i nostri errori passati e di compiere in una nuova vita ciò che non abbiamo potuto fare in questa per il nostro avanzamento (vedere cap. IV; V, n. 5 di quest'opera).
Attraverso ciò si spiegano tutte le apparenti incongruenze della vita. Si tratta della luce gettata sul nostro passato e sul nostro futuro, il segno luminoso della Vostra sovrana giustizia e della Vostra bontà infinita.
VI. Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male [1]
Dateci, Signore, la forza di resistere alle suggestioni di cattivi Spiriti che tentassero di fuorviarci dalla via del bene, ispirandoci cattivi pensieri.
Ma noi stessi siamo Spiriti imperfetti, incarnati su questa Terra per espiare le nostre colpe e per migliorarci. La causa prima del male è in noi, e i cattivi Spiriti non fanno che approfittare delle nostre inclinazioni viziose, nelle quali ci trattengono per tentarci.
Ogni imperfezione è una porta aperta all'influenza degli Spiriti malvagi, mentre essi sono impotenti e rinunciano a qualsiasi tentativo nei confronti degli esseri perfetti. Tutto ciò che noi potremo fare per allontanarli è inutile, se non ci opporremo a loro con una volontà incrollabile nel bene e una rinuncia assoluta al male. È dunque verso noi stessi che dobbiamo dirigere i nostri sforzi. Solo così i cattivi Spiriti si allontaneranno naturalmente, perché è il male che li attira, mentre il bene li respinge (vedere in questo stesso cap. "Preghiera per gli ossessi" al n. 81).
Signore, sosteneteci nella nostra debolezza. Ispirateci, attraverso la voce dei nostri angeli custodi e dei buoni Spiriti, la volontà di correggerci delle nostre imperfezioni, al fine di chiudere agli Spiriti impuri l'accesso alle nostre anime (vedere in questo stesso cap. n. 11).
Il male non è assolutamente opera Vostra, Signore, perché dalla sorgente di ogni bene non può affatto sgorgare alcunché di malvagio. Siamo noi stessi che creiamo il male infrangendo le Vostre leggi e facendo cattivo uso della libertà che Voi ci avete dato. Quando gli uomini osserveranno le Vostre leggi, il male scomparirà dalla Terra, come è già scomparso nei mondi più avanzati.
Il male non è una fatale necessità per nessuno. Esso può sembrare irresistibile solo a chi vi si abbandoni con compiacimento. Se noi abbiamo la volontà di fare il male, possiamo avere anche quella di fare il bene. Per questo, o mio Dio, domandiamo la Vostra assistenza e quella dei buoni Spiriti, per resistere alle tentazioni.
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VII. Così sia.
Vogliate, Signore, che i nostri desideri si compiano! Noi però ci inchiniamo dinanzi alla Vostra saggezza infinita. Per tutte le cose che non ci è dato comprendere, sia fatta la Vostra santa volontà e non la nostra, perché Voi volete solo il nostro bene e sapete meglio di noi ciò che ci è utile.
Vi rivolgiamo questa preghiera, o mio Dio, per noi stessi. Ve la rivolgiamo anche per tutte le anime sofferenti, incarnate o disincarnate, per i nostri amici e i nostri nemici, per tutti quelli che implorano la nostra assistenza, e in particolare per X...
Imploriamo per tutti la Vostra misericordia e la Vostra benedizione.
Nota - Si può citare qui ciò per cui si ringrazia Dio e ciò che si domanda per se stessi e per altri (vedere qui di seguito le preghiere nn. 26 e 27).
Riunioni spiritiste
Con queste parole Gesù ha voluto mostrare l'effetto dell'unione e della fraternità. Non è il numero più o meno grande ad attrarLo perché invece di due o tre persone Egli avrebbe potuto dire dieci o venti. Ad attrarLo è il sentimento di carità che anima le une verso le altre. Quindi, per questo, basta che ce ne siano due. Ma, se queste due persone pregano ognuna per proprio conto, pur rivolgendosi a Gesù; se non c'è fra loro comunione di pensiero; se non sono mosse da un sentimento di mutua benevolenza; se addirittura si guardano in modo ostile, con odio, invidia e gelosia; se le correnti fluidiche dei loro pensieri si respingono, anziché attrarsi in un comune slancio di simpatia, allora esse non sono per niente riunite in nome di Gesù. Gesù è solo il pretesto della riunione e non il vero movente (vedere cap. XXVII, n. 9 di quest'opera).
Ciò non implica assolutamente che Gesù sia sordo alla voce di una sola persona. Se Egli non ha affatto detto: «Andrò da chiunque mi chiami», è perché Egli esige prima di tutto l'amore del prossimo, che si può dimostrare meglio quando si è in tanti, piuttosto che isolatamente, e che esclude ogni sentimento di carattere personale. Ne consegue che se, in un'assemblea numerosa, solamente due o tre persone sono unite nel cuore da un sentimento veramente caritatevole, mentre le altre si isolano e si concentrano in pensieri egoistici e mondani, Egli sarà con le prime due o tre e non con le altre. Non è dunque nella simultaneità delle parole, dei canti o degli atti esteriori che consiste la riunione in nome di Gesù, ma nella comunione di pensieri secondo lo spirito di carità personificato da Gesù (vedere cap. X, nn. 7 e 8; cap. XXVII, nn. 2, 3, 4 di quest'opera).
Tale deve essere il carattere delle riunioni spiritiste serie, di quelle in cui si vuole sinceramente il concorso dei buoni Spiriti.
Allontanate, Signore, anche gli Spiriti malevoli, incarnati o disincarnati, che potrebbero tentare di gettare fra noi la discordia e di distoglierci dalla carità e dall'amore per il prossimo. Se qualcuno tentasse di introdursi qui, fate che non trovi accoglimento nel cuore di nessuno di noi.
Buoni Spiriti, che vi degnate di venire a istruirci, rendeteci docili ai vostri consigli. Allontanate da noi qualsiasi pensiero d'egoismo, orgoglio, invidia e gelosia. Ispirateci l'indulgenza e la benevolenza verso i nostri simili presenti o assenti, amici o nemici. Infine fate sì che, attraverso i sentimenti da cui saremo animati, noi possiamo riconoscere la Vostra salutare influenza.
Donate ai medium, cui darete l'incarico di trasmetterci i Vostri insegnamenti, la coscienza della santità della missione che è stata loro affidata e della gravità dell'atto che essi stanno per compiere, affinché agiscano con il fervore e il raccoglimento necessari.
Se nell'assemblea si trovano persone attirate da altro intendimento che non sia il bene, aprite loro gli occhi alla luce e perdonateli, come noi li perdoneremmo se venissero con intenzioni malevole.
Noi preghiamo in particolare lo Spirito di X..., nostra guida spirituale, di assisterci e di vegliare su di noi.
Desideriamo pure che queste istruzioni siano di vantaggio per gli Spiriti sofferenti e per quelli ignoranti o viziosi, che hanno potuto assistere a questa riunione e sui quali noi invochiamo la misericordia di Dio.
Per i medium
Per conoscere le cose del mondo visibile e scoprire i segreti della natura materiale Dio ha dato all'uomo la vista organica, i sensi e strumenti speciali. Con il telescopio egli spinge il suo sguardo nelle profondità dello spazio e con il microscopio scopre il mondo dell'infinitamente piccolo. Per penetrare nel mondo invisibile, Dio gli ha dato la medianità.
I medium sono gli interpreti incaricati di trasmettere agli uomini gli insegnamenti degli Spiriti o, per meglio dire, sono gli organi materiali attraverso i quali gli Spiriti si esprimono per rendersi intelligibili agli uomini. La loro missione è sacra, perché ha lo scopo di schiudere gli orizzonti della vita eterna.
Gli Spiriti vengono a istruire gli uomini sui loro destini futuri, al fine di condurli sulla via del bene e non certo per risparmiar loro il lavoro materiale che devono compiere su questa Terra per migliorarsi e non per favorire la loro ambizione e la loro cupidigia. Ecco ciò che i medium devono ben comprendere per evitare di fare un cattivo uso della loro facoltà. Coloro che comprendono la gravità del mandato di cui sono investiti lo svolgono religiosamente. La loro stessa coscienza li condannerebbe, come rei di atto sacrilego, qualora usassero, con finalità di divertimento o distrazione per sé e per gli altri, una facoltà che è stata loro concessa con scopi ben più seri e che li mette in contatto con gli esseri d'oltretomba.
Come interpreti dell'insegnamento degli Spiriti, i medium devono svolgere un ruolo importante nella trasformazione morale che è in atto. I servizi che essi possono rendere sono commisurati al buon indirizzo che essi danno alla loro facoltà. Quelli infatti che si trovano su una strada errata sono più nocivi che utili alla causa dello Spiritismo. Con le cattive impressioni che producono, essi ritardano più di una conversione. È per questo che sarà loro domandato conto dell'uso che avranno fatto di una facoltà concessa per il bene dei loro simili.
Il medium che voglia conservare l'assistenza dei buoni Spiriti deve lavorare per il suo stesso miglioramento. Chi vuole aumentare e sviluppare la sua facoltà dovrà lui stesso crescere moralmente e astenersi da tutto ciò che tendesse a distoglierlo dal suo fine provvidenziale.
Se i buoni Spiriti si servono a volte di strumenti imperfetti, è per dare ai medium buoni consigli e tentare di ricondurli al bene. Ma se trovano dei cuori insensibili, per cui i loro avvertimenti non vengono ascoltati, si ritirano. E i cattivi avranno allora campo libero (vedere cap. XXIV, nn. 11 e 12 di quest'opera).
L'esperienza dimostra che, in quelli che non mettono a profitto i consigli che ricevono dai buoni Spiriti, le comunicazioni, dopo aver avuto un breve splendore, regrediscono a poco a poco, e i medium finiscono per cadere nell'errore, nel vaniloquio e nel ridicolo, segni incontestabili dell'allontanamento dei buoni Spiriti.
Ottenere l'assistenza dei buoni Spiriti, allontanare gli Spiriti leggeri e bugiardi, tale dev'essere l'obiettivo degli sforzi costanti di tutti i medium seri. Senza ciò la medianità è una facoltà sterile, che può persino diventare un danno per chi la possiede, perché può degenerare in una pericolosa ossessione.
Il medium che comprende il suo dovere, invece di inorgoglirsi per una facoltà che non è di sua proprietà, dal momento che gli può venir tolta, attribuisce a Dio quanto di buono riesce a realizzare. Se le sue comunicazioni meritano degli elogi, non se ne fa un vanto, perché sa che esse non dipendono dai suoi meriti personali, e ringrazia Dio di aver permesso che i buoni Spiriti venissero a manifestarsi a lui. Se le sue comunicazioni danno luogo a critiche, non si offende perché sa che quelle comunicazioni non sono opera del suo Spirito. Ammette di non essere stato un buono strumento e di non possedere tutte le qualità necessarie per opporsi alle interferenze dei cattivi Spiriti. È per questo che cerca di acquisire tali qualità e domanda, con la preghiera, la forza che gli manca.
Se fossi tentato di ingannare chicchessia o di vantarmi per la facoltà che Vi è piaciuto accordarmi, Vi prego di togliermela piuttosto di permettere che essa venga fuorviata dal suo scopo provvidenziale, che è il bene di tutti e il mio stesso avanzamento morale.
2 — Preghiere per se stesso
Agli Angeli Custodi e agli Spiriti protettori
Il suo nome importa poco, perché potrebbe averne uno non conosciuto sulla Terra. Noi lo invochiamo allora come il nostro Angelo Custode, come il nostro Angelo buono, ma possiamo invocarlo anche con il nome di un qualsiasi Spirito superiore per il quale nutriamo una simpatia speciale.
Oltre al nostro Angelo Custode, che è sempre uno Spirito superiore, abbiamo degli Spiriti Protettori che, per quanto siano meno elevati, non sono per questo meno buoni e meno benevoli. Essi sono o dei parenti o degli amici o delle persone che non abbiamo neppure conosciuto in questa esistenza. Ci assistono con i loro consigli e sovente, con il loro intervento, nelle azioni della nostra vita.
Gli Spiriti simpatici sono quelli che si legano a noi per una certa affinità di gusti e di tendenze. Possono essere buoni o cattivi, secondo la natura delle inclinazioni che li attira verso di noi.
Gli Spiriti seduttori si sforzano di distoglierci dalla via del bene, suggerendoci cattivi pensieri. Approfittano di tutte le nostre debolezze come di altrettante porte aperte, che consentono loro l'accesso alla nostra anima. Tra questi ci sono quelli che si accaniscono contro di noi come contro una preda, ma si allontanano appena riconoscono la loro impotenza a lottare contro la nostra volontà.
Dio ci ha dato una guida principale e superiore nel nostro Angelo Custode e delle guide secondarie nei nostri Spiriti Protettori e Familiari. Ma sarebbe un errore credere che noi abbiamo obbligatoriamente un cattivo angelo accanto a noi per controbilanciare le buone influenze. I cattivi Spiriti vengono di loro volontà, qualora trovino buona presa su di noi a causa della nostra debolezza o della nostra negligenza nel seguire le ispirazioni dei buoni Spiriti. Siamo dunque noi che li attiriamo. Ne consegue che non si viene mai privati dell'assistenza dei buoni Spiriti e che dipende da noi scartare i cattivi. A causa delle sue imperfezioni l'uomo è lui stesso la causa prima delle miserie che sopporta e, nella maggior parte dei casi, è lui stesso il suo cattivo Spirito (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
La preghiera agli Angeli Custodi e agli Spiriti Protettori deve avere come scopo quello di sollecitare la loro intercessione presso Dio e di domandar loro la forza, per resistere ai cattivi suggerimenti, e la loro assistenza nelle necessità della vita.
Soprattutto tu, X..., mio Angelo Custode, che vegli in particolare su di me, e voi tutti, Spiriti Protettori che vi interessate a me, fate che mi renda degno della Vostra benevolenza. Voi conoscete le mie necessità. Siano esse soddisfatte secondo la volontà di Dio.
E tu, mio Angelo Custode, non abbandonarmi, perché io ho bisogno di tutta la tua protezione per sopportare con fede e amore le prove che a Dio piacerà inviarmi.
Per allontanare i cattivi Spiriti
Spiriti maligni che ispirate agli uomini cattivi pensieri, Spiriti subdoli e falsi che li ingannate, Spiriti malandrini che vi fate gioco della loro credulità, io vi respingo con tutte le forze del mio animo e chiudo l'udito alle vostre suggestioni. Ma invoco su di voi la misericordia di Dio.
Buoni Spiriti che vi degnate di assistermi, datemi la forza di resistere all'influenza dei cattivi Spiriti e la luce necessaria per non essere vittima della loro falsità. Preservatemi dall'orgoglio e dalla presunzione. Allontanate dal mio cuore la gelosia, l'odio, la malevolenza e tutti i sentimenti contrari alla carità, che sono altrettante porte aperte allo Spirito del male.
Per chiedere di correggersi da un difetto
Preservatemi dall'orgoglio, che potrebbe impedirmi di accorgermi dei difetti, e dai cattivi Spiriti che potrebbero indurmi a persistervi.
Fra i miei difetti riconosco di essere particolarmente incline a... E se io non resisto a questa forza, è a causa dell'abitudine che ho contratto di cedervi.
Voi, poiché siete giusto, non mi avete creato colpevole, ma con uguale attitudine sia al bene sia al male. Se ho seguito la via errata è a causa del mio libero arbitrio. Ma se io ho la libertà di fare il male, ho anche quella di fare il bene e, di conseguenza, quella di mutare rotta.
I miei difetti attuali sono un residuo delle imperfezioni che ho conservato dalle mie precedenti esistenze. Essi sono dovuti al mio peccato originale, di cui però posso liberarmi per mezzo della mia volontà e con l'assistenza dei buoni Spiriti.
Buoni Spiriti che mi proteggete e soprattutto tu, mio Angelo Custode, datemi la forza di resistere ai cattivi consigli e di uscire vittorioso dalla lotta.
I difetti sono barriere che ci separano da Dio, e ogni difetto dominato è un passo fatto sulla via del progresso che deve avvicinarmi a Lui.
Il Signore, nella Sua infinita misericordia, si è degnato di concedermi l'attuale esistenza perché io la usassi per il mio avanzamento. Buoni Spiriti, aiutatemi a metterla a profitto, affinché non sia per me perduta e affinché, quando piacerà a Dio togliermela, io ne esca migliore di quando vi sono entrato (vedere cap. V, n. 5; cap. XVII, n. 3 di quest'opera).
Per chiedere di resistere a una tentazione
Quando un cattivo pensiero sorge in noi, possiamo dunque immaginare uno Spirito malevolo che ci sollecita ad agire male e al quale tutti siamo liberi di cedere o di resistere, proprio come se si trattasse della sollecitazione di un vivente. Allo stesso tempo dobbiamo volgere il pensiero al nostro Angelo Custode, o Spirito Protettore, che dal canto suo combatte in noi le cattive influenze e attende ansioso la decisione che stiamo per prendere. Il nostro esitare nel commettere il male è la voce del buono Spirito che si fa intendere attraverso la coscienza.
Si riconosce che un pensiero è cattivo quando si allontana dalla carità, che sta alla base di ogni vera morale; quando ha per principio l'orgoglio, la vanità o l'egoismo; quando la sua messa in atto può causare un qualsiasi danno agli altri; quando infine ci sollecita a fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi (vedere cap. XXVIII, n. 15; cap. XV, n. 10 di quest'opera).
Atto di ringraziamento per una vittoria ottenuta su una tentazione
E ringrazio te, mio Angelo Custode, per l'assistenza che mi hai dato. Possa il mio rispetto per i tuoi consigli farmi meritare di nuovo la tua protezione!
Per chiedere un consiglio
1º. La cosa che esito a fare può portare un qualsiasi danno a qualcuno?
2º. Può essere utile a qualcuno?
3º. Se qualcuno facesse ciò nei miei riguardi, ne sarei contento?
Se la cosa riguarda solo noi stessi, è permesso mettere sulla bilancia la somma dei vantaggi e degli svantaggi personali che ne possono derivare.
Se riguarda anche gli altri e, se facendo del bene a uno si può far del male a un altro, bisogna ugualmente soppesare vantaggi e svantaggi prima di decidere sul da farsi.
Infine, anche per la cosa migliore, bisogna considerare se sia più o meno opportuno attuarla, prendendo in considerazione le varie circostanze in cui bisogna agire, perché una cosa buona in se stessa può dare dei cattivi risultati in mani inesperte e se non è condotta con prudenza e ponderazione. Prima di intraprendere qualsiasi cosa conviene esaminare le proprie forze e i mezzi di cui si dispone per la sua attuazione.
In ogni caso, si può sempre chiedere l'assistenza dei propri Spiriti Protettori, ricordandosi di questa massima: «Nel dubbio, astieniti» (vedere cap. XXVIII, n. 38 di quest'opera).
Nelle afflizioni della vita
Comunque sia, mio Dio, sia fatta la Vostra volontà. Se i miei desideri non verranno esauditi, significa che è nei Vostri disegni provarmi e io mi sottoporrò a essi senza lamentarmi. Fate che io non mi scoraggi, e che né la mia fede né la mia rassegnazione ne siano scosse.
(Formulare la propria richiesta)
Atto di ringraziamento per un favore ottenuto
Ogni sera, elevando la nostra anima a Dio, dobbiamo ricordare a noi stessi i favori che Egli ci ha accordato durante la giornata e ringraziarLo. È soprattutto nel momento stesso in cui sperimentiamo i benefici della Sua bontà e della Sua protezione che, con un moto spontaneo, dobbiamo testimoniarGli la nostra gratitudine. Per questo può bastare un pensiero riconoscente per il beneficio ricevuto, senza necessità di interrompere il proprio lavoro.
I favori di Dio non consistono solamente in benefici materiali. Dobbiamo anche ringraziarLo per le buone idee e per le ispirazioni felici che ci vengono suggerite. Mentre l'orgoglioso se ne fa un merito, il miscredente le attribuisce al caso e chi ha fede ne rende grazie a Dio e ai buoni Spiriti. Per questo, le lunghe frasi sono inutili: «Grazie, mio Dio, dei buoni pensieri che mi vengono ispirati», dice più di tante parole. Lo slancio spontaneo che ci fa attribuire a Dio ciò che di buono ci succede, testimonia una consuetudine alla riconoscenza e all'umiltà, la qual cosa ci accorda la simpatia dei buoni Spiriti (vedere cap. XXVII, nn. 7 e 8 di quest'opera).
Buoni Spiriti che siete stati gli esecutori della volontà di Dio e soprattutto tu, mio Angelo Custode, io vi ringrazio. Allontanate da me il pensiero di inorgoglirmi e di usare ciò che ho ricevuto in modo non finalizzato al bene.
Vi ringrazio in particolare per...
Atto di sottomissione e di rassegnazione
In ciò che ci affligge, in generale, vediamo solo il male presente e non le successive favorevoli conseguenze che ne possono derivare. Il bene è sovente la conseguenza di un male passeggero, come la guarigione di un malato è il risultato dei mezzi dolorosi che sono stati impiegati per ottenerla. In tutti i casi, dobbiamo sottometterci alla volontà di Dio, sopportare le tribolazioni della vita con coraggio se vogliamo che se ne tenga conto, e che queste parole di Cristo possano applicarsi anche a noi: «Felici quelli che soffrono» (vedere cap. V, n. 18 di quest'opera).
Buoni Spiriti che mi proteggete, datemi la forza di sopportare questa sofferenza senza lamentarmi, fate che ciò sia per me un avvertimento salutare, che accresca la mia esperienza, che combatta in me l'orgoglio, l'ambizione, la sciocca vanità e l'egoismo e che contribuisca così al mio avanzamento.
Sono tormentato da una sete ardente. Fate scaturire acqua viva dalla sorgente, e io ne sarò dissetato. Non si apra la mia bocca se non per cantare le Vostre lodi e giammai per lamentarmi delle afflizioni della vita. Io sono debole, Signore, ma il Vostro amore mi sosterrà.
O Eterno! Voi solo siete grande, Voi solo siete il fine e lo scopo della mia vita. Il Vostro nome sia benedetto, se mi colpirete, perché Voi siete il padrone e io il servitore infedele. Abbasserò la mia fronte senza lamentarmi, perché Voi solo siete grande, Voi solo siete la meta.
In un pericolo imminente
Qualora si esaminassero natura e conseguenze del pericolo, si vedrebbe che, per lo più, queste conseguenze, se giunte a compimento, sarebbero state la punizione per un errore commesso o per un dovere trascurato.
Atto di ringraziamento per essere sfuggiti a un pericolo
Mio Angelo Custode, sostienimi nella decisione che devo prendere per riparare ai miei torti e per fare tutto il bene che sarà nelle mie possibilità, così da arrivare nel mondo degli Spiriti, quando a Dio piacerà chiamarmi, con il minor carico possibile di imperfezioni.
Al momento di addormentarsi
Ma succede, come nel caso del prigioniero perverso, che lo Spirito non sempre metta a profitto questo momento di libertà per il suo avanzamento. Se mantiene i suoi cattivi istinti, invece di cercare la compagnia dei buoni Spiriti, cercherà quella di coloro che gli assomigliano e andrà in quei luoghi dove possa dare libero corso alle sue cattive inclinazioni.
Colui che ha compreso questa verità, si libri in alto con il pensiero, nel momento in cui sente il sonno avvicinarsi. Faccia appello ai consigli dei buoni Spiriti e a quanti la cui memoria gli è cara, affinché vengano a unirsi a lui nel breve intervallo che gli è accordato. E al risveglio si sentirà più forte contro il male, più coraggioso contro le avversità.
Prevedendo prossima la morte
Credo che il mio corpo sia solo l'involucro deperibile della mia anima e che, quando esso avrà cessato di vivere, io mi risveglierò nel mondo degli Spiriti.
Dio Onnipotente, io sento spezzarsi i legami che uniscono la mia anima al mio corpo e presto dovrò rendere conto dell'impiego che ho fatto della vita che lascio.
Subirò le conseguenze del bene e del male che ho compiuto. Là, non ci saranno più illusioni né saranno possibili i sotterfugi. Tutto il mio passato scorrerà davanti a me, e io sarò giudicato secondo le mie opere.
Non porterò niente dei beni terreni. Onori, ricchezze, soddisfazioni della vanità e dell'orgoglio, tutto ciò che attiene al corpo alla fine resterà su questa Terra. Neppure la minima particella mi seguirà, e niente di tutto ciò mi sarà di sostegno nel mondo degli Spiriti. Porterò con me solo ciò che attiene all'anima, ossia le buone e le cattive qualità, che verranno pesate sulla bilancia di una rigorosa giustizia. E sarò giudicato con una severità tanto maggiore quanto, grazie alla mia posizione sulla Terra, più numerose saranno state per me le occasioni di fare quel bene che non ho fatto (vedere cap. XVI, n. 9 di quest'opera).
Dio misericordioso, che il mio pentimento arrivi fino a Voi! DegnateVi di stendere su di me la Vostra indulgenza.
Se Vi piacerà prolungare la mia esistenza, che io impieghi il resto del tempo a riparare, per quanto è nelle mie possibilità, il male che ho fatto. Se la mia ora è suonata senza ritorno, porterò dentro di me il pensiero consolante che mi sarà permesso riscattarmi con nuove prove, per meritarmi un giorno la felicità degli eletti.
Se non mi è dato fruire immediatamente di questa felicità pura, accordata solo al giusto per eccellenza, so che lo sperare non mi è vietato per sempre, e che prima o poi, a seconda degli sforzi che farò, arriverò alla meta.
So che i buoni Spiriti e il mio Angelo Custode sono vicini a me, pronti a ricevermi. Fra poco io li vedrò come ora essi vedono me. So che ritroverò quelli che ho amato sulla Terra, se l'avrò meritato. E so che quelli che qui lascio verranno a ricongiungersi a me per essere tutti e per sempre riuniti, e so che nel frattempo io posso venire a trovarli.
So anche che ritroverò quelli che ho offeso. Possano essi perdonarmi per quanto possono avere da rimproverarmi: il mio orgoglio, la mia insensibilità, la mia ingiustizia. E possa io non coprirmi di vergogna in loro presenza!
Perdonerò quelli che mi hanno fatto o voluto fare del male sulla Terra; non porto nessun risentimento nei loro confronti e prego Dio di perdonarli.
Signore, datemi la forza di lasciare senza rimpianti le gioie materiali di questo mondo che nulla sono a confronto delle gioie pure del mondo in cui sto per entrare. Là, per il giusto, non ci sono più né tormenti né sofferenze né miserie. Solo il colpevole soffre, ma gli rimane la speranza.
Buoni Spiriti, e tu mio Angelo Custode, fate che io non fallisca in questo momento supremo. Fate brillare davanti ai miei occhi la luce divina, al fine di rianimare la mia fede se essa venisse a mancare.
Nota — Vedere al par. 5 di questo cap.: "Preghiere per i malati e gli ossessi".
3 — Preghiere per gli altri
Per qualcuno che è nelle afflizioni
Buoni Spiriti, in nome di Dio Onnipotente, vi supplico di assisterlo nell'afflizione. Se, nel suo interesse, non può venirgli risparmiata, fategli comprendere che essa è necessaria per il suo avanzamento. Infondetegli quella fiducia in Dio e nel futuro, che gliela renderanno meno amara. Dategli anche la forza di non soccombere alla. disperazione, cosa che gli farebbe perdere i benefici della prova e renderebbe la sua posizione futura ancora più penosa. Indirizzate il mio pensiero verso di lui in modo da aiutarlo a mantenere il suo coraggio.
Atto di ringraziamento per un beneficio accordato ad altri
Buoni Spiriti, fate che egli veda in ciò un effetto della bontà di Dio. Se il bene che riceve è una prova, ispirategli il pensiero cli farne un buon uso. Che non diventi questo beneficio un'occasione per vantarsene, affinché non si ritorca contro di lui in danno futuro.
Tu, mio Angelo buono che mi proteggi e desideri la mia felicità, allontana da me ogni sentimento di invidia e di gelosia.
Per i nostri nemici e per coloro che ci vogliono male
Allontanate da me, mio Dio, l'idea di maledirlo e qualsiasi tentazione di malanimo contro di lui. Fate che io non provi la minima soddisfazione per il male che potrebbe capitargli, né alcun rammarico per il bene che potrebbe essergli accordato, e ciò al fine di non macchiare il mio animo con pensieri indegni di un Cristiano.
Possa la bontà Vostra, Signore, estendersi su di lui e ricondurlo a sentimenti migliori verso di me!
Buoni Spiriti, ispiratemi l'oblio del male e il ricordo del bene, affinché né l'odio né il rancore né il desiderio di ripagarlo con il male penetrino nel mio cuore, poiché l'odio e la vendetta appartengono solo ai cattivi Spiriti incarnati e disincarnati! Che io sia sempre pronto, al contrario, a tendergli una mano fraterna, a rendergli bene per male e ad aiutarlo, se ciò è nelle mie possibilità!
Io desidero, per provare la sincerità delle mie parole, che mi sia offerta l'occasione di essergli utile. Ma soprattutto, mio Dio, preservatemi dal farlo per orgoglio od ostentazione, imponendogli una generosità umiliante. Questo annullerebbe il merito del mio atto, perché in questo caso meriterei che mi venissero applicate queste parole di Cristo: «Haigià ricevuto la tua ricompensa» (vedere cap. XIII, n. 1 e segg. di quest'opera).
Atto di ringraziamento per un beneficio accordato a un nostro nemico
Buoni Spiriti che mi proteggete, non permettete che io concepisca per questo alcun risentimento. Allontanate da me l'invidia e la gelosia che rendono gretti. Ispiratemi, invece, la generosità che eleva. L'umiliazione nasce dal male e non dal bene, e noi sappiamo che prima o poi giustizia sarà resa a ognuno, secondo le proprie opere.
Per i nemici dello Spiritismo
E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il colpo nella geenna. (Matteo 10:28)
Lo Spiritismo è un modo di pensare, una credenza. Fosse anche una religione, perché non dovrebbe avere la libertà di dirsi spiritista, come ce l'hanno quelle cattolica, ebrea o protestante, il seguace della tale o talaltra dottrina filosofica, del tale o talaltro sistema economico? Questa credenza può essere falsa o vera. Se è falsa cadrà da se stessa, perché l'errore non può prevalere sulla verità, quando si fa luce nelle intelligenze; se è vera, non sarà la persecuzione a renderla falsa.
La persecuzione è il battesimo di tutte le idee nuove, grandi e giuste. Cresce con la grandezza e l'importanza dell'idea stessa. Il furore e la collera degli avversari dell'idea sono proporzionali ai timori che essa può loro ispirare. È per questa ragione che il Cristianesimo è stato perseguitato nell'antichità e che lo Spiritismo lo è oggi. Con la differenza, tuttavia, che il Cristianesimo lo fu dai Pagani, mentre lo Spiritismo lo è dai Cristiani. Il tempo delle persecuzioni sanguinose è passato, è vero, ma se non si uccide fisicamente, si tortura l'anima. La attaccano persino nei suoi sentimenti più intimi, nei suoi affetti più cari. Si dividono le famiglie, incitando la madre contro la figlia, la moglie contro il marito. Né manca l'aggressione fisica, attaccando il corpo nelle sue necessità materiali, col sottrarre alle persone il proprio guadagno, per ridurle alla fame (vedere cap. XXIII, n. 9 e segg. di quest'opera).
Spiritisti, non affliggetevi per i colpi che dovrete sopportare, perché ciò dimostra che siete nella verità, se non lo foste vi lascerebbero tranquilli, e non sareste colpiti. È una prova per la vostra fede, perché è dal vostro coraggio, dalla vostra rassegnazione, dalla vostra perseveranza che Dio vi riconoscerà fra i Suoi fedeli servitori, di cui Egli sta facendo oggi il censimento, per dare a ognuno la parte che gli spetta secondo le proprie opere.
Sull'esempio dei primi Cristiani, siate dunque fieri di portare la vostra croce. Credete nella parola di Cristo, che ha detto: «Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il Regno dei Cieli. E non temete coloro che uccidono il colpo, ma non possono uccidere l'anima». Egli ha anche detto:«Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano». Dimostrate che voi siete i veri discepoli e che la vostra dottrina è buona, facendo ciò che Egli ha detto e ciò che Lui stesso ha fatto.
La persecuzione avrà un tempo limitato. Attendete dunque pazientemente l'aurora, perché già la stella del mattino si mostra all'orizzonte (vedere cap. XXIV, n. 13 e segg. di quest'opera).
Sul Suo esempio, mio Dio, invochiamo la Vostra misericordia su coloro che disconoscono i Vostri divini precetti, i soli che possono realmente assicurare la pace in questo mondo e nell'altro. Come Cristo, Vi diciamo: «Perdonateli, Padre nostro, perché non sanno quello che fanno».
Dateci la forza di sopportare con pazienza e rassegnazione, come prove per la nostra fede e la nostra umiltà, il loro dileggio, le loro ingiurie, le loro calunnie e le loro persecuzioni. Allontanate da noi qualsiasi pensiero di rivalsa, perché l'ora della Vostra giustizia suonerà per tutti, e noi l'aspettiamo sottomettendoci alla Vostra santa volontà.
Preghiera per un neonato
È un pegno che ci viene affidato e di cui dovremo un giorno rendere conto. Se appartiene alla nuova generazione dei buoni Spiriti che devono popolare la Terra, grazie, o mio Dio, di questo favore! Se è un'anima imperfetta, è nostro dovere aiutarlo a progredire sulla via del bene con i nostri consigli e il nostro buon esempio. Se cade nel male per colpa nostra, ne risponderemo davanti a Voi, perché noi non avremo compiuto la nostra missione nei suoi confronti.
Signore, sosteneteci nel nostro compito e dateci la forza e la volontà di adempierlo. Se questo bambino deve essere un'occasione di prova per noi, sia fatta la Vostra volontà.
Buoni Spiriti che siete venuti a presiedere alla sua nascita e che dovete accompagnarlo nella vita, non abbandonatelo. Allontanate da lui i cattivi Spiriti che tenteranno di indurlo al male. Dategli la forza di resistere alle loro tentazioni e il coraggio di subire con pazienza e rassegnazione le prove che l'attendono sulla Terra (vedere cap. XIV, n. 9 di quest'opera).
Signore, gettate il Vostro sguardo paterno sulla famiglia alla quale avete affidato questa anima. Possa essa comprendere l'importanza della sua missione e far germogliare in questo bambino le buone sementi fino al giorno in cui egli potrà, attraverso le sue aspirazioni, elevarsi da solo verso di Voi.
Degnatevi, o mio Dio, di esaudire questa umile preghiera in nome e per i meriti di Colui che disse: «lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro».
Per un agonizzante
Buoni Spiriti che l'avete accompagnata sulla Terra, non abbandonatela in questo momento supremo. Datele la forza di affrontare le ultime sofferenze che deve sopportare su questa Terra per il suo avanzamento futuro. Ispiratela affinché consacri al pentimento delle sue colpe gli ultimi lampi d'intelligenza che le restano, o quelli che potrebbero tornarle momentaneamente.
Fate che il mio pensiero possa agire in maniera da renderle meno penoso il processo della separazione, e che essa porti con sé, nel momento di lasciare la Terra, le consolazioni della speranza.
4 — Preghiere per coloro che non sono più sulla Terra
Per qualcuno che è appena deceduto
Le preghiere che partono dal cuore risuonano intorno allo Spirito, le cui idee sono ancora confuse, come voci amiche che vengano a svegliarlo dal sonno (vedere cap. XXVII, n. 10 di quest'opera).
Buoni Spiriti che siete venuti a riceverlo, e soprattutto tu, che sei il suo Angelo Custode, assistitelo, per aiutarlo a spogliarsi della materia. Dategli la luce e la coscienza di se stesso, al fine di toglierlo dai perturbamenti che accompagnano il passaggio dalla vita fisica a quella spirituale. Ispirategli il pentimento degli errori che ha potuto commettere, e la speranza che gli sarà permesso di ripararvi per affrettare il suo avanzamento verso la beata vita eterna.
X..., sei appena rientrato nel mondo degli Spiriti e, malgrado ciò, sei presente qui con noi; ci vedi e ci senti, perché fra te e noi c'è solo il corpo deperibile che hai appena lasciato e che presto sarà ridotto in polvere.
Hai lasciato il grossolano involucro, soggetto alle vicissitudini e alla morte, e hai conservato solo l'involucro etereo, imperituro e inaccessibile alle sofferenze. Se non vivi più in quanto corpo, tu vivi la vita degli Spiriti, e questa vita è esente da quelle miserie che affliggono l'umanità.
Non hai più il velo che nasconde ai nostri occhi lo splendore della vita futura. Tu puoi ormai contemplare nuove meraviglie, mentre noi siamo ancora immersi nelle tenebre.
Tu vai a percorrere lo spazio e a visitare i mondi in tutta libertà, mentre noi arranchiamo penosamente sulla Terra dove ci trattiene il nostro corpo materiale simile, per noi, a un pesante fardello.
L'orizzonte dell'infinito si va dispiegando davanti ai tuoi occhi, e in presenza di tanta grandezza tu comprendi la vacuità dei nostri desideri terreni, delle nostre ambizioni mondane e delle gioie futili che fanno la delizia degli uomini.
La morte non è che una separazione di pochi istanti fra gli uomini. Dal luogo d'esilio dove ancora ci trattiene la volontà di Dio, così come i doveri che ancora dobbiamo assolvere su questa Terra, noi ti seguiremo con il pensiero fino al momento in cui ci sarà permesso di ricongiungerci a te, come tu ti sei ricongiunto a coloro che ti hanno preceduto.
Se noi non possiamo seguirti, tu invece puoi seguirci. Vieni dunque fra coloro che ti amano e che tu hai amato; sostienili nelle prove della vita; veglia Su quelli che ti sono cari; proteggili secondo le tue possibilità e addolcisci i loro rimpianti con il pensiero che ora tu sei più felice, e con la consolante certezza che un giorno tutti si ricongiungeranno a te in un mondo migliore.
Nel mondo in cui ti trovi, tutti i risentimenti terreni devono spegnersi. Possa tu, per la tua felicità futura, essere ormai a loro inaccessibile! Perdona dunque coloro che hanno potuto commettere dei torti nei tuoi confronti, come ti perdonano coloro che possono averne ricevuti da te.
Nota — Si possono aggiungere a questa preghiera, che si adatta a tutti, parole speciali, secondo le circostanze particolari di famiglia o di relazione e secondo la posizione sociale del defunto.
Quando si tratta di un bambino sappiamo, secondo lo Spiritismo, che non ci troviamo di fronte a uno Spirito di recente creazione, ma a uno Spirito che ha già vissuto altre vite e che può essere già molto progredito. Se la sua ultima esistenza è stata breve, è perché aveva bisogno solo di un supplemento di prova, o doveva essere una prova per i suoi genitori (vedere cap. V, n. 21 di quest'opera).
Signore, per quanto indegni possiamo essere, abbiamo l'ardire di implorare la Vostra misericordiosa indulgenza a favore di questo nostro fratello che voi avete appena richiamato dall'esilio. Fate che il suo ritorno sia quello del figliol prodigo. Dimenticate, mio Dio, gli errori che ha potuto commettere per ricordarvi solo del bene che ha potuto fare. La Vostra giustizia è immutabile, ben lo sappiamo, ma immenso è il Vostro amore. Noi Vi supplichiamo di mitigare la Vostra giustizia alla fonte di bontà che da Voi discende.
Che la luce si faccia per te, fratello mio, che hai appena lasciato la Terra! Che i buoni Spiriti del Signore discendano su di te, ti circondino e ti aiutino a scuotere le tue catene terrene! Comprendi e osserva la grandezza del nostro Maestro. Sottomettiti, senza lamentarti, alla Sua giustizia, ma non disperare mai della Sua misericordia. Fratello! Che un serio ritorno al tuo passato ti apra le porte dell'avvenire, facendoti comprendere gli errori che lasci dietro di te, e il lavoro che ti rimane da fare per ripararli! Che Dio ti perdoni, e che i Suoi buoni Spiriti ti sostengano e ti incoraggino! Pregheranno per te i tuoi fratelli della Terra, che a te domandano di pregare per loro.
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Per le persone che abbiamo amato
Come può un uomo di cuore restare insensibile a questo pensiero? Come può l'idea di un annientamento assoluto non raggelarlo per lo sgomento e non fargli per lo meno desiderare che non sia così? Se, fino a questo momento, la sua ragione non è bastata a togliergli i dubbi, ecco che lo Spiritismo viene a dissipare ogni incertezza sull'avvenire, con le prove tangibili che esso dà circa la sopravvivenza dell'anima e l'esistenza degli esseri d'oltretomba. Ovunque, pertanto, queste prove sono accolte con gioia. La fiducia rinasce, perché ormai l'uomo sa che la vita terrena è solo un breve passaggio che conduce a una vita migliore. Sa che le sue azioni su questa Terra non sono state inutili per lui e che gli affetti più santi non vengono spezzati senza speranza (vedere cap. 1V, n. 18; cap. V, n. 21 di quest'opera).
E tu, che mi eri caro in questo mondo, ascolta la mia voce, che ti chiama per darti un nuovo pegno del mio affetto. Dio ha permesso che, tra noi due, tu fossi liberato per primo: non potrei lamentarmene senza con ciò essere egoista, perché questo equivarrebbe a desiderare, da parte mia, che continuassero per te le pene e le sofferenze della vita. Attendo dunque con rassegnazione il momento della nostra riunione in quel mondo più felice nel quale tu sei approdato prima di me.
So che la nostra separazione è solo momentanea e che, per quanto lunga essa possa sembrarmi, la sua durata si dissolve a confronto dell'eternità di gioia che Dio promette ai Suoi eletti. Che la Sua bontà mi preservi dal fare una qualsiasi cosa Che possa ritardare questo desiderato istante, risparmiandomi così il dolore di non ritrovarti nell'uscire dalla mia cattività terrena.
Oh, com'è dolce e consolante la certezza che fra di noi c'è solo un velo materiale che ti nasconde alla mia vista, e che tu puoi essere qui, al mio fianco, e vedermi e udirmi come una volta, e ancor meglio di una volta! Possa tu non dimenticarti di me, come io non mi dimentico di te! Che i nostri pensieri non cessino di incrociarsi e che il tuo mi segua e mi sostenga sempre.
Che la pace del Signore sia con te.
Per le anime sofferenti che domandano preghiere
Buoni Spiriti, che vi impegnate solo nel bene, intercedete insieme a me in loro favore. Fate brillare nei loro occhi un raggio di speranza e fate che la divina luce li illumini riguardo alle imperfezioni che li tengono lontani dalla dimora dei beati. Aprite il loro cuore al pentimento e al desiderio di purificarsi per affrettare il loro avanzamento. Fate loro comprendere che, con i propri sforzi, possono abbreviare il tempo delle loro prove.
Che Dio, nella Sua bontà, dia loro la forza di perseverare nelle buone risoluzioni!
Possano queste parole benevole alleviare le loro pene, mostrando loro che sulla Terra ci sono esseri che sanno compatirli e che desiderano solo la loro felicità!
Vi preghiamo anche, Padre misericordioso, per quei nostri fratelli che non hanno avuto la forza di sopportare le loro prove terrene. Voi ci avete dato un fardello da portare, Signore, e noi dobbiamo soltanto deporlo ai Vostri piedi. Ma la nostra debolezza è grande, e qualche volta lungo il cammino ci viene a mancare il coraggio. Abbiate pietà di questi servitori indolenti che hanno abbandonato il lavoro prima del tempo. Che la Vostra giustizia li risparmi e permetta ai Vostri buoni Spiriti di portar loro sollievo, consolazione e speranza nell'avvenire! La prospettiva del perdono è fortificante per l'anima! Mostratela, Signore, ai colpevoli che disperano. Sorretti da questa speranza, essi attingeranno forze nella intensità stessa dei loro errori e delle loro sofferenze, così da riscattare il loro passato e prepararsi a conquistare l'avvenire.
Per un nemico deceduto
Che la Vostra misericordia, mio Dio, si irradi su di lui e allontani da me il pensiero di rallegrarmi per la sua morte. Se ho commesso dei torti nei suoi confronti, ch'egli possa perdonarmeli, come io dimentico quelli che lui ha commesso verso di me.
Per un criminale
Togliete dai suoi occhi la benda che gli nasconde la gravità delle sue colpe. Possa il suo pentimento meritare la Vostra grazia e alleviare le sofferenze della sua anima! Possano anche le nostre preghiere e l'intercessione dei buoni Spiriti portargli speranza e consolazione, ispirargli il desiderio di riparare alle sue cattive azioni in una nuova esistenza e dargli la forza di non soccombere nelle nuove lotte che dovrà affrontare!
Signore, abbiate pietà di lui!
Per un suicida
Buoni Spiriti, la cui missione è quella di assistere gli infelici, prendetelo sotto la vostra protezione e ispirategli il rimorso per la sua colpa. Che la vostra assistenza gli dia la forza di sopportare con maggiore rassegnazione le nuove prove che dovrà subire per ripararla. Allontanate da lui i cattivi Spiriti che potrebbero condurlo di nuovo verso il male e prolungargli così le sue sofferenze, facendogli perdere il frutto delle sue prove future.
A te, la cui infelicità è l'oggetto delle nostre preghiere, possa la nostra pietà addolcirne l'amarezza e far nascere nel tuo cuore la speranza di un avvenire migliore! Questo avvenire è nelle tue stesse mani. Abbi fiducia nella bontà di Dio, le cui braccia sono sempre aperte a tutti i pentiti, e rimangono chiuse solo per i cuori insensibili.
Per gli Spiriti pentiti
Buoni Spiriti, dei quali egli ha disconosciuto la voce, ora vuole ascoltarla. Permettetegli di intravedere la felicità degli eletti del Signore, affinché persista nel desiderio di purificarsi per raggiungerla. Sostenetelo nelle sue buone risoluzioni e dategli la forza di resistere ai suoi cattivi istinti.
Spirito di X..., ci felicitiamo per il tuo cambiamento e ringraziamo i buoni Spiriti che ti hanno aiutato!
Se un tempo ti sei compiaciuto nel commettere il male, è perché non sapevi come è dolce il piacere di fare il bene e anche perché ti sentivi troppo in basso per sperare di raggiungerlo. Ma, dal momento in cui ti sei messo sulla buona strada, una nuova luce si è diffusa per te. Hai cominciato a godere di una felicità sconosciuta, e la speranza è entrata nel tuo cuore. È che Dio ascolta sempre la preghiera del peccatore pentito e non manda mai via nessuno di coloro che Lo cercano.
Per tornare completamente nella grazia del Signore, impegnati d'ora in poi non solamente a non commettere più il male, ma a fare il bene e soprattutto a riparare il male fatto. Allora avrai soddisfatto la giustizia divina, e ogni buona azione cancellerà una delle tue colpe passate.
Il primo passo è fatto. Ora, più avanzerai e più il cammino ti sembrerà facile e gradevole. Persevera dunque e un giorno avrai la gloria di essere annoverato fra i buoni Spiriti e gli Spiriti beati.
Per gli Spiriti insensibili
Fra gli spiriti perversi, si distinguono due categorie: quella di coloro che sono decisamente cattivi e quella degli ipocriti. I primi sono molto più facilmente riconducibili al bene dei secondi. Essi sono per lo più di natura bruta e volgare, come se ne trovano fra gli uomini che fanno il male più per istinto che per calcolo, e non cercano di apparire migliori di quanto in realtà siano. Ma latente esiste in loro un germe che si deve far germogliare, cosa che si ottiene quasi sempre con la perseveranza, la fermezza unita alla benevolenza, i consigli, i ragionamenti e la preghiera. Nelle comunicazioni medianiche, la difficoltà che essi hanno nello scrivere il nome di Dio è indice di una paura istintiva, di una recriminazione della coscienza che li accusa di indegnità. Chi è in questa situazione si trova sulla soglia della conversione e si può sperare tutto da lui: basta trovarne il punto vulnerabile del cuore.
Gli Spiriti ipocriti sono quasi sempre molto intelligenti, ma non hanno nel cuore nessuna corda sensibile: nulla li tocca. Essi simulano tutti i buoni sentimenti per catturare la fiducia e sono felici quando trovano delle vittime che li accettano come Spiriti santi e che essi possono dominare a loro piacimento. Il nome di Dio, lungi dall'ispirare in loro il minimo timore, serve da maschera per coprire la loro turpitudine. Nel mondo invisibile, come in quello visibile, gli ipocriti sono gli esseri più dannosi, perché agiscono nell'ombra, cosicché di loro non si dubita. Hanno solo le apparenze della fede, ma non della fede sincera.
Buoni Spiriti, aiutateci a fargli comprendere che inducendo gli uomini al male, ossessionandoli e tormentandoli, egli prolunga le sue stesse sofferenze. Fate che l'esempio della felicità di cui voi godete sia per lui un incoraggiamento.
Spirito che ancora ti compiaci del male, hai appena udito la preghiera che noi abbiamo a te elevato; essa vuole dimostrarti che desideriamo farti del bene, qualunque male tu abbia fatto.
Tu sei infelice, perché è impossibile essere felici facendo del male. Perché dunque rimanere nella pena quando dipende da te uscirne? Guarda i buoni Spiriti che ti circondano. Vedi come sono felici? Non sarebbe molto meglio per te gioire della stessa felicità?
Tu dirai che ciò ti è impossibile. Ma niente è impossibile a colui che vuole, perché Dio ti ha dato, come a tutte le sue creature, la libertà di scegliere fra il bene e il male, ossia fra la felicità e l'infelicità, e nessuno è condannato a fare il male. Se tu hai la volontà di farlo, hai anche quella di fare il bene e di essere felice.
Volgi il tuo sguardo a Dio. Elevati per un solo istante con il pensiero a Lui, e un raggio della Sua divina luce verrà a illuminarti. Di' con noi queste semplici parole: Mio Dio, mi pento, perdonatemi. Prova a pentirti e a fare il bene in luogo del male e vedrai che presto la Sua misericordia scenderà su di te e che un benessere sconosciuto verrà a sostituire le angosce che hanno indurito il tuo cuore. Una volta che avrai fatto un passo sulla buona strada, il resto del cammino ti sembrerà facile. Comprenderai allora quanto tempo hai sottratto, per tua stessa colpa, alla tua felicità. Ma un avvenire radioso e pieno di speranza si aprirà davanti a te e ti farà dimenticare il tuo miserabile passato, pieno di tribolazioni e tormenti morali che saranno per te l'inferno se dovessero durare eternamente. Verrà giorno in cui questi tormenti saranno tali che vorrai farli cessare a qualsiasi prezzo. Ma più aspetterai più ciò sarà difficile.
Non credere di rimanere sempre nello stato in cui ti trovi: ciò non è possibile. Hai di fronte a te due prospettive: una di soffrire molto più di quanto non ti succeda oggi; l'altra di essere felice come i buoni Spiriti che ti circondano. La prima è inevitabile se persisti nella tua ostinazione. Un semplice sforzo della tua volontà è sufficiente per toglierti dal male in cui ti trovi. Affrettati dunque, perché ogni giorno di ritardo è un giorno di felicità che hai perduto.
Buoni Spiriti, fate che queste parole trovino accesso in quest'anima ancora arretrata, affinché esse l'aiutino ad avvicinarsi a Dio. Noi vi preghiamo in nome di Gesù Cristo, che ha avuto un così grande potere sugli Spiriti cattivi.
5 — Preghiere per i malati e gli ossessi
Per i malati
Se Dio non avesse voluto che, in certi casi, le nostre sofferenze fisiche fossero superate o alleviate, non avrebbe messo a nostra disposizione dei mezzi per curarci. La Sua previdente sollecitudine a questo riguardo, in accordo con il nostro istinto di conservazione, sta a indicare che è nostro dovere ricercarli e applicarli.
Accanto alla comune medicina elaborata dalla scienza, il magnetismo ci ha fatto conoscere la potenza dell'azione fluidica. In seguito lo Spiritismo è venuto a rivelarci un'altra forza nella medianità guaritrice e l'influenza della preghiera (vedere nel capitolo XXVI e di seguito, al n. 81, le note sulla Medianità guaritrice).
Fate, o mio Dio, che questa malattia sia per me un benefico avvertimento e mi faccia riflettere su me stesso. Io l'accetto come un'espiazione del passato e come una prova per la mia fede e la mia sottomissione alla Vostra santa volontà (vedere la preghiera n. 40).
Buoni Spiriti, ministri dell'Onnipotente, assecondate, vi prego, il mio desiderio di confortarlo. Orientate il mio pensiero affinché possa vel sai e un balsamo salutare sul suo corpo e la consolazione nella sua anima.
Ispirategli la pazienza e la sottomissione alla volontà di Dio. Dategli la forza di sopportare i suoi dolori con rassegnazione cristiana, affinché non perda il frutto di questa prova (vedere la preghiera n. 57).
Per gli ossessi
I cattivi Spiriti pullulano intorno alla Terra, a causa dell'inferiorità morale dei suoi abitanti. Le loro azioni malefiche fanno parte dei flagelli ai quali l'umanità è esposta in questo mondo. L'ossessione, come le malattie e tutte le tribolazioni della vita, deve dunque essere considerata una prova o un'espiazione, e come tale venire accettata.
Allo stesso modo che le malattie sono la conseguenza delle imperfezioni fisiche, che rendono il corpo accessibile alle perniciose influenze esterne, così l'ossessione è sempre la conseguenza di un'imperfezione morale che offre libero accesso a uno Spirito cattivo. A una causa fisica si deve opporre una forza fisica, a una causa morale si deve opporre una forza morale. Per preservarsi dalle malattie, si fortifica il corpo; per garantirsi dall'ossessione, bisogna fortificare l'anima. Da questo deriva per l'ossesso la necessità di lavorare al suo stesso miglioramento, cosa che basta, nella maggioranza dei casi, per sbarazzarsi dell'ossessore senza dover ricorrere all'intervento di estranei. Questo ricorso diventa necessario quando l'ossessione degenera in soggiogazione e possessione, perché il paziente perde a volte la sua volontà e il suo libero arbitrio.
L'ossessione è quasi sempre l'azione vendicativa esercitata da uno Spirito e per lo più ha la sua origine nei rapporti che l'ossesso ha avuto con lui in un'esistenza precedente (vedere cap. X, n. 6; cap. XII, nn. 5 e 6 di quest'opera).
Nei casi di ossessione grave, l'ossesso è come avvolto e impregnato dì un fluido pernicioso che neutralizza l'azione dei fluidi salutari allontanandoli. È di questo fluido, dunque, che bisogna sbarazzarsi, poiché un cattivo fluido non può essere espulso da un altro cattivo fluido. Attraverso un'azione identica a quella del medium guaritore nei casi di malattia, bisogna espellere il fluido cattivo con l'aiuto di un fluido migliore, che produca in qualche modo l'effetto di um reagente. Questa è quella che possiamo denominare azione meccanica, che comunque non è sufficiente. Infatti, si deve, anche e soprattutto, agire sull'essere intelligente al quale si deve avere il diritto di parlare con autorità. E questa autorità è data solo dalla superiorità morale. Quanto più essa sarà grande, tanto maggiore sarà l'autorità.
E non è ancora tutto: per assicurare l'affrancamento, bisogna indurre lo Spirito malvagio a rinunciare ai suoi perversi disegni. Bisogna far nascere in lui il pentimento e il desiderio di bene, attraverso istruzioni abilmente indirizzate, con l'aiuto di evocazioni particolari, fatte in considerazione della sua educazione morale. Allora si può avere la doppia soddisfazione di liberare un incarnato e di convertire uno Spirito imperfetto.
Il compito diventa più facile quando l'ossesso, comprendendo la sua situazione, offre il concorso della sua volontà e della sua preghiera. Non è così quando l'ossesso, sedotto dallo Spirito ingannatore, si fa illusioni circa le qualità di colui che lo domina, si compiace dell'errore in cui quest'ultimo lo sprofonda e, lungi dall'assecondare, rifiuta qualsiasi assistenza. È il caso della fascinazione sempre infinitamente più ribelle della più violenta suggestione (vedere Il Libro dei Medium, cap. XXIII).
In tutti i casi di ossessione, la preghiera è il più potente aiuto per agire contro lo Spirito ossessore.
Ma io so anche, o mio Dio, che sono le mie imperfezioni a rendermi accessibile alle influenze degli Spiriti imperfetti. Donatemi la luce necessaria per riconoscerli e liberatemi soprattutto del mio orgoglio, che mi rende cieco riguardo ai miei difetti.
Come grande dev'essere la mia indegnità, se un essere malefico può martirizzarmi!
Fate, o mio Dio, che questo colpo inferto alla mia vacuità mi serva di lezione per l'avvenire; che mi fortifichi nella risoluzione che io prendo di purificarmi con la pratica del bene, della carità e dell'umiltà, al fine di opporre d'ora in poi una barriera alle cattive influenze.
Signore, datemi la forza di sopportare questa prova con pazienza e rassegnazione! Io comprendo che, come tutte le altre prove, essa deve contribuire al mio miglioramento, se io non ne vanificherò il frutto lamentandomi. Essa mi offre l'opportunità di mostrare la mia sottomissione e di esercitare la carità verso un fratello sfortunato, perdonandogli il male che mi fa (vedere cap. XII, nn. 5 e 6; cap. XXVIII nn. 15 e segg., e 46, 47 di quest'opera).
Buoni Spiriti che mi assistite, e tu, Angelo Custode di X..., prestatemi il vostro soccorso; aiutatemi a liberarlo del fluido impuro da cui è avvolto.
In nome di Dio Onnipotente, io scongiuro lo Spirito malefico che lo tormenta di ritirarsi.
Spirito che ti compiaci di tormentare X.... ascoltami, perché io ti parlo in nome di Dio.
Se tu volessi riflettere, comprenderesti che il male non può avere la meglio sul bene e che tu non puoi essere più forte di Dio e dei buoni Spiriti.
Essi avrebbero potuto preservare X... da qualsiasi assalto da parte tua. Se non l'hanno fatto, vuol dire che egli doveva subire una prova. Ma quando questa prova sarà finita, Dio e i buoni Spiriti ti priveranno di qualsiasi influenza su di lui. Il male che gli avrai fatto, anziché nuocergli, sarà servito al suo avanzamento, ed egli ne sarà più felice. Così la tua malvagità sarà stata una pura perdita per te e ti si ritorcerà contro.
Dio, che è onnipotente, e gli Spiriti superiori Suoi delegati, che sono più potenti di te, potranno dunque mettere termine a questa ossessione quando lo vorranno, e la tua tenacia si sbriciolerà di fronte a questa autorità superiore. Ma, per il fatto che Dio è buono vuole perfino lasciare il merito di distruggere questa tua malvagità alla tua stessa volontà. È una concessione quella che Egli ti accorda; se non ne approfitti, ne subirai spiacevoli conseguenze. Grandi castighi e crudeli sofferenze ti attendono. Sarai obbligato a implorare la pietà e le preghiere delle tue vittime, che già ti perdonano e pregano per te — cosa che è un grande merito agli occhi di Dio — e affretterà la loro liberazione.
Rifletti dunque finché hai ancora tempo, perché la giustizia di Dio peserà su di te come su tutti gli Spiriti ribelli. Pensa che il male che fai in questo momento avrà forzatamente un termine, mentre, se tu insisti nella tua crudeltà, le tue sofferenze aumenteranno senza fine.
Quando tu eri sulla Terra, non trovavi sciocco sacrificare un grande bene per una piccola soddisfazione del momento? Lo stesso avviene ora che sei Spirito. Che te ne viene da ciò che fai? Il triste piacere di tormentare qualcuno non ti impedisce di essere infelice, qualunque cosa tu possa dirne, e ti renderà più infelice ancora.
A confronto di ciò, guarda che cosa perdi. Guarda i buoni Spiriti che ti circondano e osserva se la loro sorte non è preferibile alla tua. La felicità di cui essi godono sarà con te condivisa quando lo vorrai. Che cosa ci vuole per questo? Implora Dio e fa il bene invece del male. So che non puoi cambiare tutto d'un colpo, ma Dio non domanda l'impossibile. Ciò che Egli vuole è la buona volontà. Prova dunque, e noi ti aiuteremo. Fa che presto noi possiamo dire per te la preghiera per gli Spiriti pentiti (n. 73), e non annoverarti più fra gli Spiriti cattivi, in attesa che tu possa essere annoverato fra quelli buoni (vedere anche n. 75, "La preghiera per gli Spiriti insensibili").
Osservazione — La cura delle ossessioni gravi richiede grande pazienza, perseveranza e dedizione. Essa esige anche tatto e abilità, per portare al bene Spiriti sovente molto perversi, induriti e astuti, dal momento che ci sono Spiriti ribelli all'ultimo stadio. Nella maggior parte dei casi, bisogna orientarsi secondo le circostanze. Ma, qualunque sia il carattere dello Spirito, un fatto è certo: non si ottiene niente con le costrizioni e le minacce; tutta l'influenza sta nell'autorevolezza morale. Un'altra verità, confermata sia dall'esperienza sia dalla logica, è la completa inefficacia di esorcismi, formule, parole sacramentali, amuleti, talismani, pratiche esteriori o segni materiali di qualunque tipo.
L'ossessione molto prolungata può dar luogo a disordini patologici e richiede a volte un trattamento simultaneo o consecutivo sia magnetico, sia medico, per riequilibrare l'organismo. Eliminata la causa, rimangono da combattere gli effetti (vedere Il libro dei Medium, cap. XXIII, "Dell'ossessione". Si veda anche Rivista Spiritista, febbraio e marzo 1864, aprile 1865: "Exemples de cures d'obsessions")